giovedì 31 gennaio 2013

Aber - anno II - ventottesima settimana

Un'inaspettata visione comune...
 
Anche se di solito non mi interesso dei discorsi dei grandi magnati dell'economia (o almeno di una certa ristretta lobby di potenti) in questo caso vorrei proporvi un articolo uscito su Repubblica.it che sintetizza una discussione tenutasi durante il World Economic Forum di Davos. Questo perchè mi ha sorpreso ritrovare in questo dibattito molte delle idee a riguardo delle ONG che avevamo in parte già avuto modo di condividere con i nostri post. Credo che se le stesse osservazioni possono essere fatte sia da chi ha un punto di vista più calato nel sociale sia da chi è più strettamente legato all'ambito economico, queste debbano essere tenute ancor più in considerazione. 
"A Davos scricchiola il mito delle ONG"
Davos - E' in corso a Davos il World Economic Forum n°43. Quest'anno i temi forti sono l'instabilità dei mercati internazionali, la disoccupazione,l'irresponsabilità della finanza ma anche le crisi in Mali, Siria e nord Africa. Ad animare i lavori del meeting come d'abitudine i capi di Stato e di governo, i burocrati delle Nazioni Unite e i manager delle multinazionali più influenti. In questa edizione c'è spazio anche per un panel sul futuro delle ONG. Ad animare la discussione alcuni rappresentati dalla comunità dell'impact investment, amministratori dei grosse fondazioni, ONG e rappresentanti di istituzioni governative.
Le ONG? Diventato grandi burocrazie. La principale discussione del panel"NGOs: New Models for the 21st Century" è stata incentrata sul fatto che le Organizzazioni Non Governative oggigiorno non sembrano più davvero concentrate nella risoluzione dei problemi sociali, sembrano diventate grandi burocrazie che hanno soffocato la loro missione iniziale. Inizia a farsi largo la teoria che le piccole ONG e le imprese sociali possano essere più efficienti nel trovare soluzioni efficaci contro la povertà anche perché meno interessate e obbligate a raccogliere fondi per finanziare i crescenti costi fissi delle ONG di grandi dimensioni.
Gli interrogativi principali. Gli interrogativi sono importanti e le critiche alle ONG arrivano da tutti gli interlocutori, ecco alcuni spunti proposti durante il panel:
1) - Perché non sfidare le ONG a lavorare verso una exit strategy? Bisogna smettere di finanziare interventi infrastrutturali e service delivery (servizio di consegna).

2) -
Come scegliere una ONG di cui fidarsi? Oggi chi vince nel fundraising(la raccoltas fondi) non è chi fa meglio il proprio lavoro, ma chi fa la comunicazione migliore. Attenzione - è stato detto - a non perdersi nella burocrazia, forse serve riprendere il senso e il gusto della solidarietà ormai devastato dall'ossessione dell'accountability (la responsabilità nei confronti dei donatori). Ma si è poco attenti alla responsabilità verso i beneficiari.

3) -
Esiste ancora un valore aggiunto internazionale delle ONG? O si tratta solo di portare soldi dei donatori da nord a sud? Nell'ultimo decennio i media hanno acceso i riflettori sui danni provocati da aziende e governi in giro per il mondo, per ora le ONG sono sempre state rappresentate come i good guys, ma questo tempo sta per finire, oggi i media iniziano ad indagare su come le ONG spendono le risorse dei donatori

4) - E che dire del ricambio generazionale? Il panorama internazionale delle ONG è devastante, le stesse facce da decenni a capo delle leading organisations.

5) - Insomma sembra che le mega ONG non siano più di moda, neanche tra il gotha della finanza e dell'impresa multinazionale. Troppo focalizzate a raccogliere fondi e meno efficaci nel trovare soluzioni sostenibili nelle aree problematiche del pianeta? Ma quali saranno i nuovi modelli emergenti per risolvere le sfide sociali e ambientali di domani?
Anche a Davos, dunque, molti spunti e nessuna soluzione.
 

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