martedì 31 dicembre 2013

Aber - anno III - tredicesima settimana

Buon Anno!

Quello che stiamo festeggiando è, probabilmente, il nostro ultimo capodanno ugandese...sempre che nel 2014 la gente di qua non decida di festeggiarlo a ferragosto! Ora vi spiego da dove nasce questa possibilità... Quest'anno, per esempio, da queste parti abbiamo festeggiato la fine dell'anno il 27 Dicembre!
Già, è proprio così! Possiamo dire che secondo il calendario ugandese (o quanto meno secondo quello dell'ospedale di Aber)...l'ultimo giorno del 2013 è stato il 27 Dicembre! Durante una delle più partecipate e sentite riunioni dell'anno che, tradizionalmente, è quella per organizzare il veglione di San Silvestro, quest'anno si è deciso di festeggiarlo il 27 Dicembre! Ma come è possibile? Puoi decidere di anticipare o posticipare la festa per un compleanno o per un evento privato, ma non un capodanno! Questo è veramente triste! Le motivazioni che hanno portato a questa scelta sono, se possibile, ancora più assurde. Il 31 quest'anno cade di martedì ed essendo in mezzo alla settimana non si può fare una festa fino a tarda notte...meglio anticiparla al venerdì precedente (il 27 appunto!). Peccato non aver considerato tre questioni: la prima è che comunque il primo Gennaio è festa e quindi ci sarebbe stato comunque modo di riprendersi dalle sbornie con cui si è usi in tutto il mondo congedarsi dall'anno giunto al termine ed accogliere quello nuovo. La seconda è che siamo in un ospedale e che quindi la maggior parte del personale è impegnato comunque anzi, forse di più, il sabato mattina (perché lavorativo) che in un giorno di Public Holiday come il primo dell'anno!
La terza: la gente era ubriaca il 28 e lo sarà il 1° perché sicuramente stasera andrà (giustamente) a festeggiare da un'altra parte per unirsi alle celebrazioni del resto del mondo! Vabbé, a volte sono veramente curiosi questi ugandesi...comunque la festa è andata bene! Soliti discorsi, solita torta con tanto di razzi al posto delle candeline e dopo cena tanta musica fino al mattino successivo (anche se per noi il tutto è finito alle 8 quando ci siamo ritirati in buon ordine!). Un'altra novità di quest'anno erano le porzioni di cibo già pronte e confezionate al posto del tradizionale self-service...dal lato organizzativo sicuramente più comodo, ma per altri aspetti certamente un po' troppo consumistico (produzione di rifiuti molto maggiore e scarti maggiori perchè alcune cose non piacevano e quindi venivano buttate)...come sempre gli insegnamenti che passano più facilmente sono quelli negativi! Ma non voglio assillarvi anche in questi giorni di festa con questioni e critiche pesanti...pensiamo a festeggiare...in fondo capodanno capita una volta all'anno...anche se il giorno può non essere per tutti lo stesso!


Buon 2014...augurandovi 1000 nuove sfide e 1000 nuove proposte a cui rispondere 1000 nuovi coraggiosi sì! Come, ancora una volta durante questo tempo di Natale, Maria ci ha ricordato di fare! Per non dormire, per non desistere, per non rinchiudersi in sé stessi!

martedì 24 dicembre 2013

Aber - anno III - dodicesima settimana

Buon Natale

Natale è una presenza viva che libera.
Giovanni nella terza domenica di avvento (nel rito romano) parla dal carcere e vuole sapere se è Gesù colui che dobbiamo aspettare. Così Gesù gli manda a dire ciò che accade, Gesù manda i discepoli a riportargli i segni che vedono. Io credo che la presenza di Gesù si possa vedere da molti segni intorno a noi e, nello stesso tempo, che anche noi siamo chiamati ad essere segno della sua presenza. Tra i segni che Gesù dice di riportare a Giovanni, uno in particolare mi stupisce: “ai poveri è predicata la Buona Novella”. Questo segno è inserito in una lista di miracoli (i ciechi vedono, gli storpi camminano, i sordi sentono, i lebbrosi guariscono, i morti resuscitano). E' forse questo un segno di tale portata? È così grandioso da essere paragonato ad un miracolo? È così rivoluzionario da dimostrare la presenza di Dio tra noi?
A volte dal carcere dei nostri egoismi in cui siamo rinchiusi abbiamo bisogno di vedere questa presenza. A volte siamo noi a dover essere presenza per gli altri.
Sempre in queste domeniche riflettevo che Gesù durante la consacrazione è pane che diventa corpo: ossia è ciò che è evidente, ciò che si può toccare e vedere, è presenza nelle azioni compiamo. Poi Gesù è anche vino che diventa sangue, ossia è ciò che è dentro, è ciò che non si vede ma che da forza al corpo.
Gesù è presenza interiore, è spirito che da forza e consolazione.
Allora in questo terzo Natale africano chiedo di sentire sempre la presenza viva di Gesù intorno a me, così importante per avere la pace e la serenità del cuore; chiedo di poter crescere nelle azioni che compio e nelle motivazioni che stanno dietro queste azioni per poter essere presenza viva per gli altri...ogni giorno e non solo il 25 Dicembre.
E a proposito di presenze vive e importanti...grazie per la vostra costante presenza che sentiamo veramente vicino e che ci sta accompagnando e sostenendo in questa nostra esperienza.
Buon Natale!   

mercoledì 18 dicembre 2013

Aber - anno III - undicesima settimana

Mzungu friends
Settimana scorsa è stata allietata dalla presenza di 3 mzungu: Alessandro, Stefania e Emma. Alessandro fa parte di ISF (Informatici Senza Frontiere). ISF collabora spesso con il CUAMM per quanto riguarda la parte informatica dei progetti. Ale era già stato qui un paio di mesi fa ma ora è tornato accompagnato da Stefania ed Emma. Proprio la presenza di Emma è stato un diversivo molto apprezzato da Francesco e Samuel. Emma infatti ha 3 anni e mezzo ed è quindi stata una perfetta compagna di giochi per i due teppisti. Passati giusto i 10 secondi di imbarazzo da entrambe le parti, si sono rotti gli indugi e hanno avuto inizio i giochi. E’ stato bello vedere come il Franci e il Samu facevano gli onori di casa cercando di accogliere a loro modo la nuova amica. In 10 minuti la povera Emma si è ritrovata ricoperta di giocattoli, ma devo dire che anche lei se l’è cavata bene nel tenere a bada “il mignolo col prof.” (come li aveva soprannominati la Michela).  Sono stati 5/6 giorni molto intensi, era un continuo: “Quando viene Emma?”, “dov’è Emma?”, “va già a casa Emma?”. Era proprio bello vederli giocare insieme e sicuramente il poter stare con bambini mzungu arricchisce ulteriormente l’esperienza già ricca che il Franci e il Samu stanno facendo qui. Da una parte infatti hanno la possibilità di trascorrere molto tempo con i bimbi di qua che parlano un’altra lingua e hanno abitudini diverse sviluppando così capacità di adattamento ( e a volte di autodifesa!) che saranno utili in futuro; dall’altra, quando hanno la possibilità di stare con coetanei con cui poter parlare e discutere, certamente hanno l’occasione di imparare a gestire alcune dinamiche di gioco e/o conflitto in maniera diversa. Grazie Emma per averci fatto divertire e aver giocato con noi.

Cogliamo l’occasione di questo post per salutare Bruno e Giovanni che proprio questa mattina sono ripartiti per tornare in Italia. Con Bruno abbiamo condiviso un anno e mezzo della nostra esperienza…a volte trovandoci in disaccordo su alcune posizioni ma la maggior parte delle volte riuscendo a collaborare o semplicemente a sostenerci a vicenda.  Grazie Bruno. Con Giovanni è stato invece un periodo più breve ma decisamente intenso. Forse per la vicinanza fisica (è stato infatti insolito ospite maschile nella “casa delle ragazze”) , forse per la sua propensione a stare coi bambini (infatti è neonatologo) abbiamo avuto la possibilità di trascorrere tanto tempo insieme e, spesso, di sbolognargli proprio le pesti. Grazie Giovanni.

giovedì 12 dicembre 2013

Aber - anno III - decima settimana

Strade d’Uganda

Sabato scorso abbiamo avuto un incontro come commissione giustizia e pace in cui abbiamo invitato per un confronto gli LC1. I Local Counselors 1 sono gli amministratori locali a livello di villaggio. Nella cappella di Atapara ci sono 9 villaggi con altrettanti LC1. Il tema dell’incontro era “le strade”. Come forse già condividevo in passato mi aveva sorpreso la scelta della gente di scegliere le strade come priorità assoluta di cui discutere e come problema maggiore a cui dare una risposta. Prima ancora del problema legato alla sanità o di quello legato all'istruzione, le persone sentono come urgenza quella di riparare le strade. Effettivamente è comprensibile dato che anche se hai il miglior ospedale del mondo o Cambridge University ma non li puoi raggiungere, te ne fai ben poco. Inoltre il numero elevatissimo di incidenti è una piaga che affligge l’intera popolazione e sono spesso dovuti, oltre che alle condizioni indicibili dei veicoli, anche alla situazione delle strade che, soprattutto nella stagione delle piogge, è talmente critica da lasciare isolati interi villaggi.  La gestione generale delle strade, qui in Uganda, è affidata alla URNA (Ugandan Roads National Authority). A livello locale però la competenza è delegata ad autorità di livello sempre inferiore fino ad arrivare ai villaggi in cui è LC1 e la gente comune a doversene prendere cura. La rete stradale si articola cioè in arterie (o capillari vista la dimensione!) di diverso ordine e grado. Purtroppo però quando ci sono più responsabili coinvolti non si capisce mai bene di chi è la colpa e diventa molto facile rimbalzarsi la patata bollente non arrivando mai ad una conclusione e ad una soluzione del problema. Tutto questo fa ricadere il problema sull'anello più debole della catena e su chi è costretto a convivere con il problema quotidianamente e che, per forza di cose, deve trovare una soluzione non potendo aspettare che i grandi capi prendano decisioni concrete (questo avviene solo nel periodo delle elezioni). Un’altra possibilità è che ci sia qualche evento che coinvolga delle persone altolocate. Sia un matrimonio o un funerale che si tiene nel villaggio di origine del politico di turno, la strada per gli ospiti deve essere in ordine e così, magicamente, si trovano i fondi per inviare una ruspa per appiattire e livellare il fondo stradale.  
Nella normalità però la manutenzione non è molto curata (e questo purtroppo è un problema gestionale molto diffuso anche in ospedale, in asilo e ovunque) e quindi, la condizione delle strade peggiora ad ogni pioggia.
Inoltre la situazione è anche avvallata da qualcuno che ha pensato di farla diventare un business e che non ha quindi nessun interesse nel cambiarla e migliorarla: le attività nate intorno a questa inaspettata risorsa sono quelle di “carroattrezzi umani” e di “fabbricanti di ponti levatoi”. La prima è più saltuaria, la seconda sistematica. Se per caso ti capita di impantanarti lungo una strada che sembra deserta, all'improvviso ti ritroverai circondato da omaccioni con ormai una comprovata esperienza nella rimozione di mezzi dal fango. Soprattutto se il malcapitato è un muzungu (per definizione un ricco) vedrai fare a gara per chi arriva prima e per chi si sporca di più in modo da poter poi avanzare una richiesta per una mancia maggiore. Nel secondo caso invece, non appena si forma una buca insormontabile per un qualunque mezzo di trasporto non attrezzato per la navigazione, si costituisce un’impresa edile che monta e smonta ponti in legno in men che non si dica! Il trucco sta proprio lì: si lascia la buca aperta finché non si vede arrivare una macchina da lontano, si accorre con tutto il necessario per improvvisare un ponte sopra il cratere in questione, si chiede il pedaggio. Se ti capita di fare avanti e indietro dallo stesso punto, il pagamento è doppio!

Per tutti questi motivi la situazione non è facile da risolvere e la gente continua ad avere disagi notevoli per gli spostamenti. La nostra riunione non ambiva certo alla risoluzione immediata della questione però iniziare un confronto e un dialogo che porti la gente a prendere coscienza di quello che è anche un loro diritto, è certamente un inizio. Lo step successivo sarà coinvolgere qualcuno più in alto (LC3, UNRA) per capire meglio chi deve fare cosa e con quali fondi. Insomma l’ideale sarebbe arrivare a trattare il problema delle strade non come uno spot elettorale o come un interesse del singolo ma piuttosto come prassi che porti ad una regolare manutenzione e gestione considerando quelle che sono le reali risorse e i mezzi a disposizione.

domenica 8 dicembre 2013

Aber - anno III - nove settimane e mezzo

Graduation: il video
Questo special post solo per condividere con voi il video della Graduation dell'asilo. Scusate il ritardo!
Potete scaricarlo clickando su: QUI

giovedì 5 dicembre 2013

Aber - anno III - nona settimana

Graduation

Qui in Uganda, fine Novembre è periodo di graduations…essendo la fine dell’anno scolastico, tutte le scuole si organizzano per festeggiare degnamente gli studenti che stanno per terminare un determinato corso di studi. Indipendentemente dal genere e dal grado, tutte le scuole danno particolare importanza a questo momento almeno per tre motivi:
  1. 1   Per festeggiare i neo diplomati
  2. 2   Per far vedere e sentire la “qualità” della scuola (la festa più pomposa è anche garanzia del miglior livello accademico)
  3. 3   Semplicemente perché è una festa e in quanto tale deve essere esagerata!

Così, come già accennavo in un precedente blog, anche noi ci siamo trovati coinvolti nella preparazione e nella realizzazione della festa per la graduation dell’asilo del Franci. Ormai sapete che per gli Ugandesi il futuro, anche il più prossimo, non esiste o, quanto meno, non gli si da peso. Eppure l’head teacher aveva messo questa festa come ordine del giorno di una riunione tenutasi più di tre mesi fa. Questo episodio mi aveva già messo in allerta. Poi, nel periodo successivo, i segnali della sproporzione che la questione stava assumendo si sono fatti sempre più chiari: si parlava di una banda che avrebbe dovuto fare una sfilata per più di 3 km, si ipotizzava un budget per la festa di 2 milioni di scellini (lo stipendio di un insegnante dell’asilo è di 100000 scellini al mese e spesso fanno fatica a pagarli), si ventilava di invitare l’ LC5 (è come se noi invitassimo ad una nostra festa di fine anno il presidente della regione!). Nella mia persistente ingenuità di mzungu pensavo che alla prima riunione dei genitori, il tutto sarebbe stato ridimensionato (soprattutto per il costo previsto) e invece no. Tutti hanno accolto con grande entusiasmo il programma della festa.
Per quanto ci riguarda, siamo stati fortunati perche’ tutto sommato il carico di lavoro che ci e’ toccato non e’ stato esagerato. Ero incaricato del video coverage, delle torte (degnamente coadiuvato dalla Mari) e della realizzazione grafica dei certificati.
Non voglio aggiungere altro…credo che le immagini e i suoni che troverete nel video possano farvi calare molto bene nell’atmosfera che si respirava più di quanto possa fare io con molte parole.

PS: sfortunatamente, per la lentezza di internet e per la nostra attuale permanenza a Kampala, non siamo riusciti a caricare in tempo il filmato. Sara’ comunque a breve disponibile.

giovedì 28 novembre 2013

Aber - anno III - ottava settimana

Ipse dixit

Sicuramente a molti di voi è capitato di ascoltare bambini di 3 o 4 anni che iniziano a trasformare in frasi e periodi i loro pensieri. In genere ne possono uscire degli sketch piuttosto divertenti!
Anche il Fra e il Samu iniziano a fare le loro prime sperimentazioni linguistiche arricchite dal fatto di avere qualche piccola peculiarità culturale...
Ne riportiamo alcune, quelle che ci ricordiamo...

Fra: “Sono il Lupo Mangiafrutta”
Samu: “Che frutta vuoi?”
Fra: “Mela”
Samu: “Non c'è!”
Fra: “Pera”
Samu: “Non c'è”
Fra: “Jaka fruit”
Samu: “C'è!!!!”

Mentre giocano con le automobiline...
Fra: “Samu, la macchina non può andare nell'acqua”
Samu: “La macchina di papà ci va nell'acqua!”

Mentre giocano con le spade laser
Marco: “Fra tu chi sei? Obi-Wan?”
Fra: “Si”
Marco: “E il Samu chi è?”
Fra: “Obi-Two!”

In uno dei tanti viaggi in auto nel profondo del bush, dopo avere viaggiato per ore letteralmente in mezzo a campi d'erba alta 3 metri, finalmente raggiungiamo un sentiero sterrato largo appena quanto l'auto.
Fra: “Wow che strada grande!!!”
...almeno sappiamo che le lunghe ore trascorse in fila sul tratto urbano dell'A4 non hanno segnato particolarmente i suoi ricordi...

A Kampala. Usciamo di sera.
Fra si guarda in giro: “Guarda mamma lì c'è una luce. E anche lì. E lì, e lì, e lì, e lì...”

Mari: “Ma siete due bestie!!!”
Fra: “Io sono un Leone!”
Mari: “E il Samu?”
Fra: “È un cockroach!” (blatta ndt.)

Anche se lo ha paragonato ad uno scarraffone il Fra pensa sempre al Samu e per dimostrargli il suo affetto gli porta ogni giorno un regalino dall'asilo. Ecco alcuni fra i presenti portati (e molto apprezzati...):
fagioli (rubati dalla cucina dell'asilo)
gessetti (rubati dall'aula...)
tappi
carta di caramella
carta di biscotti
stecchino di lecca lecca
chiodi
graffette
puntine
pezzi di matita
tubetto di dentifricio vuoto
semi
fiori secchi
cavallette (vive o morte e menomate di uno o più arti...)

...come diceva uno spot...crescere non è mai stato così divertente...

mercoledì 20 novembre 2013

Aber - anno III - settima settimana

Lavori in corso…
Dopo un mese e mezzo dal nostro ritorno in Uganda, tutto è ripreso secondo i ritmi e le modalità a cui siamo ormai abituati. Eppure si cerca sempre di rilanciarsi negli ambienti ormai noti ma anche in qualche nuova sfida, consci che, essendo il nostro ultimo anno qui ad Aber, ha poco senso accentrare progetti su di sé…ma questo è sempre stato il nostro modo di agire.
Ecco allora un piccolo aggiornamento su quelli che sono i lavori in corso attualmente e su qualche ambito che ci piacerebbe ancora approfondire prima di terminare la nostra esperienza:
  1. Ospedale: La Mari è sempre in medicina. Purtroppo la sua specializzanda preferita (non che unica!) è andata via e così è nuovamente sola con le sue battaglie quotidiane contro le malattie e contro le infermiere!
  2. St.Clare:
    1. finalmente sono partiti i lavori per cui erano stati raccolti i soldi durante l’ultimo Presepe di Venegono. Un anno è passato! Neanche avessi dovuto indire un bando di gara per l’appalto. Eppure i tempi sono questi: prima contattare e convincere i donors, poi farsi fare diversi preventivi, riportare il tutto al board dell’orfanotrofio, rifare dei preventivi secondo le modifiche richieste, etc. Ma ora ci siamo e i ragazzi sono esaltatissimi, sanno che al loro ritorno dalle vacanze (le scuole staranno chiuse in Dicembre e Gennaio) avranno un campo da calcio degno di tale nome, un campo da basket e uno da pallavolo.
    2. Abbiamo iniziato dei “clubs” ossia dei gruppi di interesse. Qui sono molto diffusi soprattutto nelle secondary schools. I ragazzi si trovano regolarmente e in modo più o meno autogestito (hanno comunque un adulto di riferimento) cercando di approfondire una certa tematica e coltivando insieme un interesse. Al St.Clare i clubs che stanno partendo sono: MDD (Music/Dance/Drama), cucina, sport, pace, preghiera, giornalismo e scout (appoggiandosi al gruppo già esistente nella scuola).
  3. JPC: per la commissione giustizia e pace, stiamo andando avanti sulle tematiche della violenza domestica e delle strade. Nello specifico avremo un incontro il 7 Dicembre con alcune autorità locali per capire esattamente come funziona la gestione delle strade (a chi spetta la pulizia, a chi spetta la manutenzione, se e per cosa arrivano dei soldi dal governo e come vengono impiegati, etc). Il 22 Dicembre ci sarà invece la messa in scena da parte delle 9 small Christian communities di una tematica relativa alla violenza domestica e secondo una modalità da loro scelta (recita, canto, poesia, etc). Inoltre abbiamo preso parte ad una formazione su un tema molto caldo da queste parti: le dispute per la proprietà dei terreni.
  4. Asilo: c’è grande fermento per il “Graduation Day” ossia il giorno in cui i bimbi della top class riceveranno il diploma! Può sembrare una banalità ma, come sempre qui, i momenti di festa sono quelli per cui si spendono più energie e più soldi! Sicuramente avrò occasione di riportarvi ciò che accadrà. Vi anticipo solo che ci sarà la banda e che, naturalmente, io sono stato incastrato come fotografo ufficiale e come cuoco per le torte!
  5. Aboke: sabato si concluderà questo primo anno di corso sulla missionarietà con le ragazze della scuola di Aboke. Riprenderemo a Febbraio con la riapertura delle scuole. Direi che è stato molto interessante.
  6. Inter-Campus: è andato via via definendosi il gruppo di allenatori coinvolti, le modalità e le tempistiche degli allenamenti…in attesa del ritorno degli allenatori dell’Inter (Marzo) cerchiamo di tenere vivo l’entusiasmo per questo progetto e fare del nostro meglio per dare la possibilità ai ragazzi di coltivare questa passione.
  7. Microcredito: finalmente sono riuscito ad individuare un gruppo di giovani da appoggiare con un piccolo contributo per far decollare (almeno si spera) un progetto che possa poi auto-sostenersi e generare un piccolo introito per i ragazzi coinvolti e per la comunità in cui sono inseriti.
  8. Small Christian Communities: ci piacerebbe entrare un po’ di più in una di queste comunità per capirne un po’ meglio la struttura e le finalità.
  9. Burocrazia! Sicuramente la parte più preoccupante! Abbiamo iniziato il lungo iter per l’ottenimento di diversi documenti (rinnovo passaporto Francesco, rinnovo visto  Francesco, ottenimento visiti per Tanzania – dove ci piacerebbe trascorrere un po’ di vacanza – adozione Samu, ottenimento visto pre-adottivo per il Samu). In confronto le 12 fatiche di Asterix saranno uno scherzo.

mercoledì 13 novembre 2013

Aber - anno III - sesta settimana

Un sogno che diventa realtà…

Come ormai saprete, il nostro stile di missione è molto semplice…nessun grande progetto, nessuna volontà di costruire edifici, nessuna velleità di salvare l’Africa. Come sempre diciamo: semplicemente ascoltare e condividere.
In linea con questo stile si pone l’iniziativa che ho proposto: una banale gita al parco delle Murchison’s falls.
Proprio ascoltando i ragazzi (ma anche la stragrande maggioranza della gente adulta) ho scoperto che pochissimi ugandesi sono entrati in uno dei parchi più grandi d’Africa che si trova a solo 10km da qui. Io, che vivo qui da 2 anni, ci sono stato 5 o 6 volte, ma loro mai. Mai visto un elefante, mai vista una giraffa, mai visto un ippopotamo.
Nel momento in cui ho proposto l’iniziativa alle sister, la risposta è stata la più scontata: “Se paghi tu va bene!”. Normale, direte voi, è una spesa extra che le sister (e i donors) non si possono permettere…in parte è vero, in parte, considerando che il biglietto per un ragazzo ugandese costa 2500 scellini (circa 0,8 €) a me vien da dire che forse oltre ai soldi manca la volontà.
Inizialmente si volevano coinvolgere solo i ragazzi che hanno finito gli esami della P7 (ultimo anno di primary school) ma poi si è pensato di far partecipare alla gita anche i ragazzi più piccoli e, in particolare, chi si era distinto per risultati o per impegno. Alla fine, in totale eravamo 30 ragazzi/e, 3 educatori (io e le due volontarie tedesche), il driver e Sr Rita.
Beh, è stata una giornata fantastica o, forse, è proprio il caso di dire memorabile.  Questi ragazzi (ma anche io) non la scorderanno mai.
Ora, non so cosa cambierà nella loro vita…non è grazie a questa gita che cambierà il loro destino, non è per questa bella giornata insieme che diventeranno bravi ragazzi, non è certo l’aver visto una giraffa che risolverà i loro problemi. Eppure io sono convinto che sommando tante piccole iniziative come queste, i ragazzi si rendono conto che alcuni sogni non sono poi così irrealizzabili e che, con l’impegno e l’entusiasmo (e questo sì credo che questa gita l’abbia portato) a volte possono anche diventare realtà.
Sta proprio qui l’importanza della bellezza, dell’osservare una cosa bella, del vivere dei momenti belli perché:
"In un mondo senza bellezza... anche il bene ha perduto la sua forza d' attrazione" (Von Balthasar)

Potete scaricare il video-racconto della giornata cliccando QUI 

martedì 5 novembre 2013

Aber - anno III - quinta settimana

Dwe orwate kede ceng

Domenica scorsa abbiamo avuto la fortuna di assistere alla “Dwe orwate kede ceng”! Letteralmente: “la luna si incontra col sole”!, scientificamente “eclissi totale di sole”. In realtà per vederla totale saremmo dovuti andare a Packwach, ma abbiamo preferito vederla qui,  insieme con i ragazzi del St. Clare. Fin dai giorni precedenti c’era un certo entusiasmo e una forte curiosità. Da parte mia,  mi ero interessato sui tempi di inizio dell’eclissi, sulla durata, sulle modalità e i sui suggerimenti per fotografarla; la Mari aveva invece l’ingrato compito di recuperare circa 60 lastre dal reparto di medicina. Così la mattina si è recata furtivamente (ma neanche tanto visto che erano lì ad occupare spazio inutilmente) in ospedale e ha recuperato la refurtiva. Appena tornata ci siamo messi all’opera ritagliando parti di polmoni, gambe rotte o addomi sofferenti così da recuperarne le parti più scure da usare come filtri per osservare il romantico incontro tra i due astri! In preda all’esaltazione più totale abbiamo anche provato a costruire un rudimentale foro stenopeico …in realtà con scarsi risultati. L’inizio era previsto per le 16:08 locali, così verso le 15 e 30 siamo andati in orfanotrofio e ci siamo appostati con tutta la nostra strumentazione. Tutto pronto… ore 16:06 l’unica nuvola presente in tutto il cielo si avvicina minacciosamente al sole e lo copre! Accidenti! Per fortuna è di passaggio e alle 16:09, ha già tolto il disturbo appena in tempo per lasciarci godere tutto lo spettacolo. Contatto! La luna inizia ad oscurare il sole e per circa due ore il piccolo satellite della terra ha la meglio sulla grande stella luminosa sottraendogli la scena come protagonista!

Se volete potete ripercorrere tutto l’accaduto guardando le foto del nuovo album “eclissi” che trovate nelle “Piccio-foto” (per alcune, forse le più belle, si ringrazia Maria).

Approfittiamo di questo post per ricapitolare brevemente le presenze “munu” ad Aber soprattutto in quella che è ormai nota come “la casa delle ragazze”. Al nostro ritorno dall’Italia, Erika era già ripartita e al suo posto, insieme a Michela, abbiamo trovato Sara (nuova specializzanda di chirurgia dell’ospedale di Padova che rimarrà per 6 mesi) e Maria (studentessa di Cooperazione internazionale di Firenze che starà con noi per 2 mesi). Proprio domani – 6 Novembre – Michela ripartirà lasciando un vuoto nel reparto di medicina ma, soprattutto, un vuoto nel nostro stomaco visto i prelibati pranzetti con cui ci ha allietato durante la sua permanenza! Inoltre, se il Franci e/o il Samu diventeranno ballerini di tango sapremo di chi è il merito (o la colpa?!). Ancora una volta grazie alle nostre preziose vicine del passato, del presente e del futuro per le condivisioni e per i babysitteraggi forniti gratuitamente alle due pesti!

mercoledì 30 ottobre 2013

Aber - anno III - quarta settimana

Mari witch doctor

Quando una paziente viene ricoverata nel mio reparto ormai posso indovinare cosa c'è scritto sulla cartella prima ancora di aprirla.
Lamenta mal di testa, epigastralgia e malessere generalizzato.
Chi l'ha ricoverata di solito ha diagnosticato malaria o ulcera peptica o qualche volta brucellosi.
In genere trovo il tutto piuttosto fumoso e quindi decido di ricominciare da capo.
Mi faccio aiutare da un'infermiera per la traduzione (anche se ormai riesco a capire quasi tutto anche in Lango!) e inizio quella che dovrebbe essere una anamnesi, cioè la raccolta della storia clinica.
“Cosa c'è che non va?”
Letteralmente: “Sento la testa, poi il torace lo stomaco e la schiena”
“????”
Col tempo ho imparato che se un Lango “sente” la testa è perché gli fa male.
Quindi interpreto: “Mi fa male la testa e il dolore si irradia al torace allo stomaco e alla schiena”.
Anche così questo non richiama sintomi di alcuna malattia, casomai i segni di un incantesimo, un maleficio o una stregoneria...
Provo con domande più specifiche:
“Hai la febbre?”
“A volte sulla testa e nel torace”
...andiamo bene...vado con il terzo grado...Vomito? Diarrea? Tosse? Convulsioni? Bruciore a urinare? Preso farmaci?
“Un po' di tosse e dolore acuto qui” indicando la base del polmone destro.
Ci siamo!
Ausculto.
Polmonite!
Anche questa volta ce l'ho fatta...ho scoperto l'arcano!
Non sono sempre così fortunata.
Dopo oltre due anni l'altro giorno mi capita di visitare un msungo, un missionario europeo.
Ecco cosa mi racconta.
“Da 5 o 6 giorni non sto bene. Ho la febbre, sudo e mi stanco facilmente. Ho già preso il trattamento per la malaria, ma non ho avuto miglioramento. Ieri poi ho iniziato a tossire e faccio un po' fatica a respirare”
“La febbre è alta?”
“E' arrivata a 39”
“Si è alta. Direi che hai la polmonite”.
Ausculto. Confermo.
Ma questa volta è troppo facile!
Dopo più di due anni fra i Lango ancora faccio fatica ad inquadrare nella semeiotica della medicina occidentale i loro dolori migranti, le loro febbri localizzate, le loro pance rumorose, i gonfiori e le tumefazioni che fanno ammalare tutto il corpo.
Per non parlare degli spiriti, dei demoni e degli incantesimi.
Anche nel descrivere ed interpretare il dolore, il disagio, c'è un abisso fra noi spesso così grande che chissà quante volte ho trattato malattie inesistenti o persone avevano bisogno solo di una parola di conforto o di affrontare una situazione problematica. O forse avevano davvero bisogno che tutta la comunità pregasse per loro o che il demonio venisse scacciato.
Forse per fare il medico qui sto diventando anche io un po' strega, o come dicono i miei figli...un fatina...

mercoledì 23 ottobre 2013

Aber - anno III - terza settimana

World Mission Day
Conseguenza di quanto si vede nella foto è il mio scarso ricordo dell'accaduto durante la domenica missionaria mondiale! Che ci volete fare...missione è anche questo: condividere le usanze di un posto! (Quella nella tanica è birra locale! sostanza non meglio specificata!). Per tale ragione ho pensato di lasciare la parola al Vescovo di Lira o, meglio, di riportare la Sua lettera per questa giornata speciale:

20 Ottobre 2013 – Giornata Missionaria Mondiale
                                                                            Festa dei Beati martiri Gildo Irwa e Davide Okello

Carissimi,
sono tante le cose che vorrei condividere con voi in questa mia lettera in occasione della Giornata Missionaria Mondiale. Nel turbinio di fatti ed avvenimenti degli ultimi mesi, tento di segnalare alcuni momenti e situazioni particolarmente importanti per il mio cammino personale e per la vita della diocesi. 

Lo scenario di fondo in cui inquadrarli ѐ quello di un’Uganda che pochi giorni fa ha compiuto 51 anni di indipendenza. Un paese ancora giovane, caratterizzato da segni di indubbio progresso ma anche da grandi problemi e contraddizioni che rischiano di ritardare e comprometterne lo sviluppo. Mentre il governo annuncia con orgoglio un tasso di crescita economica del 5,8 % nell’ultimo anno, al tempo stesso si rimangia la promessa fatta l’anno scorso agli insegnanti di aumentare del 20% il loro salario. Concretamente, su un salario mensile equivalente a circa 94 euro si tratterebbe di trovare ed aggiungere altri 18 o 19 euro. Ma nel bilancio governativo non ci sono più soldi per l’istruzione. Conseguenza: il terzo trimestre ѐ iniziato con un grande sciopero degli insegnanti, ora rientrato dopo la nuova promessa di un aumento del 25% per l’anno prossimo. Vedremo. Sta di fatto che gli insegnanti sono mal pagati ed un sondaggio rivela che, avendone la possibilità, l’84% dei maestri elementari nelle scuole governative pensa di lasciare l’insegnamento nei prossimi due anni. A farne le spese saranno naturalmente i bambini. Su una popolazione di circa 33-34 milioni di abitanti, i bambini sono 11,5 milioni. Di questi, 2 milioni fra i 5 e 17 anni hanno già perso la corsa, cioè non vanno o hanno smesso di andare a scuola, alimentando le file del lavoro minorile. Non ѐ che in altri settori le cose vadano meglio. Oltre il 40% del personale sanitario negli ospedali e dispensari governativi risulta spesso “assente dal lavoro”. Ragione: salario insufficiente, spesso pagato con mesi di ritardo. E così medici e infermieri cercano di arrangiarsi per mantenere la famiglia.

Lango Convocation. Oltre ai problemi di carattere economico, il paese deve fare i conti con le ferite profonde e non ancora rimarginate che provengono dalle divisioni, violenza e guerre che ne hanno segnato la storia. Il male fatto e subito ha lasciato la sua traccia nel cuore della gente. C’ѐ bisogno di un cambiamento profondo, di una vera conversione. Una radicale inversione di rotta personale e sociale, un cammino di pentimento e riconciliazione, unico fondamento per una pace vera e duratura. Per questo, dopo mesi di preparazione, come Forum dei Leaders Religiosi in Lango abbiamo lanciato e celebrato a Lira dal 23 al 26 Settembre la Lango Convocation. Una iniziativa ecumenica che ci ha visto lavorare, riflettere e soprattutto pregare insieme: cattolici, anglicani, pentecostali e gruppi di altre denominazioni, rappresentanti di tutte le età, categorie e professioni, leaders tradizionali, politici, amministratori a vari livelli, parlamentari, professionisti e uomini d’affari, contadini, insegnanti, uomini e donne, giovani e anziani. Tutti uniti dal mattino al tardo pomeriggio, digiunando, ascoltando e meditando la Parola di Dio, e soprattutto pregando insieme. L’idea di fondo ѐ stata il riconoscimento che in vari tempi ed occasioni nel corso della storia dell’Uganda ognuno di noi personalmente, ogni gruppo etnico o religioso, ogni partito politico ha commesso degli sbagli e ha fatto del male ad altre persone, a membri di altri clan, tribù, denominazioni religiose o partiti politici, ma che ognuno ѐ stato a sua volta vittima di ingiustizie da parte di altre persone e gruppi. Abbiamo quindi tutti bisogno di chiedere perdono a Dio e a tutti coloro che abbiamo offeso, come pure abbiamo il dovere in quanto credenti di perdonare a nostra volta chi ci ha fatto del male. Riconoscendo che riconciliazione e perdono reciproco sono l’unica strada per una vera pace e unità fra tutti gli ugandesi. Per questo abbiamo invitato rappresentanti dei due gruppi di clan che attualmente stanno lottando fra di loro per il potere fra i Lango, come pure i rappresentanti delle altre tribù (Acholi, Karamojong, Alur, Logbara, Madi, Kakwa, Baganda, Banyoro, ecc.) con cui ci sono state tensioni e conflitti. Naturalmente, non tutti hanno visto di buon occhio la nostra iniziativa. C’ѐ chi ha tentato di politicizzarla, presentandola come una presa di posizione a favore di un gruppo contro i suoi avversari. Siamo stati attaccati, sui giornali e alla radio. Assieme al vescovo anglicano e a quello pentecostale siamo stati ospiti di varie stazioni radio, chiarendo che si trattava di un’iniziativa puramente religiosa. C’era chi si opponeva decisamente al fatto che i Langi dovessero chiedere scusa ad altre tribù, nel timore di venire etichettati come gli unici o principali responsabili dei massacri ed ingiustizie perpetrati in Uganda. Non tutti erano pronti al riconoscimento e perdono reciproco dei torti fatti e subiti nei rapporti fra protestanti e cattolici. Non ѐ stato facile, ma ne ѐ valsa la pena. Evidentemente, questi tre giorni non hanno risolto tutte le tensioni ed i problemi. Ma sono stati un passo nella direzione giusta, un cammino che deve continuare. Certamente qualcosa ѐ già successo. Sono stato testimone di episodi commoventi, di gesti che solo la grazia di Dio ha potuto ispirare e dare la forza di compiere. Ho visto gente la cui famiglia era stata massacrata da Idi Amin più di trent’anni fa abbracciare uno dei figli del dittatore, Jafar, mussulmano, perdonando l’uccisione dei propri cari. Ho ascoltato con crescente commozione il racconto di una donna Lango che viveva a Kampala ai tempi del presidente Obote, quando i Langi venivano accusati dei saccheggi e massacri compiuti nella zona di Lwero fra i Baganda: “Giunta all’ospedale di Mulago per partorire il mio secondo figlio, l’ostetrica prende le mie generalità e mi chiede a quale tribù appartengo. Saputo che sono Lango, mi guarda con ostilità e, nonostante fossi già in preda alle doglie, lascia che mi arrangi a salire e sistemarmi sul lettino ginecologico. Dopo il parto, vedendo che si trattava di un maschio, mi rinfaccia: ‘Sei venuta qui a mettere al mondo un altro ladro e assassino?’ Gli taglia il cordone ombelicale e, dopo una medicazione sommaria, sparisce. Abbandonato, senza ulteriore attenzione medica, il bambino perde sangue, si infetta e muore. L’indomani, prima di mandarmi a casa, la stessa ostetrica mi inserisce in corpo una tale quantità di garze, cotone e quant’altro da bloccare le mie funzioni fisiologiche tanto che solo dopo vari giorni, per grazia di Dio, sono riuscita ad espellere il materiale evitando il peggio”. Ciò che più mi ha toccato il cuore ѐ stato vedere questa donna inginocchiarsi in lacrime di fronte ai rappresentanti della gente di Lwero assicurandoli che perdonava il torto subito, e chiedendo lei stessa perdono per aver conservato rancore nei confronti della loro tribù per oltre trent’anni…. In un’atmosfera di preghiera, molti altri hanno perdonato e chiesto perdono per le ferite subite o inflitte in passato. E’ stata una vera esperienza di guarigione e di liberazione dal male. Personalmente sono stato edificato ed ho imparato molto dalla fede delle persone semplici, dei laici. E ciò mi ha aiutato a vivere meglio le difficoltà e tensioni emerse in questi ultimi mesi all’interno della diocesi.

Tensioni in diocesi. La mancanza di spazio mi impedisce di dilungarmi su questo punto. Indubbiamente stiamo vivendo un momento difficile. Come in ogni famiglia, anche in diocesi ci sono problemi di rapporti sia a livello di singoli che fra gruppi diversi, laici, sacerdoti; spesso il primo che ci va di mezzo ѐ il vescovo in quanto responsabile ultimo dell’andamento della Chiesa locale. Il tentativo di mettere ordine in certi settori ha incontrato resistenza ed opposizione, che si esprimono in varie forme, senza troppi riguardi per la verità ed ancor meno per la carità fraterna e comunione che dovrebbe caratterizzare la nostra comunità cristiana. Non ѐ certo una novità. La croce ѐ parte essenziale della nostra vocazione di discepoli di Cristo. San Daniele Comboni, canonizzato proprio dieci anni fa, diceva che le opere di Dio nascono e crescono ai piedi della croce. Siamo quindi sulla buona strada! Devo comunque ringraziare il Signore per le manifestazioni di solidarietà e affetto da parte di tanta gente semplice, oltre che dei miei fratelli vescovi. A voi tutti, cari amici, chiedo l’aiuto di una preghiera per me, i miei sacerdoti e i laici.
25mo anniversario della morte del primo vescovo di Lira. Venticinque anni fa, il 12 Ottobre 1988, moriva Mons. Cesare Asili, ugandese. Gli mancavano due settimane a compiere 20 anni di episcopato. Sull’immagine-ricordo, preparata per l’occasione ma distribuita solo il giorno del suo funerale, aveva scritto: “Andiamo avanti tutti insieme per costruire questa nostra diocesi come famiglia del popolo di Dio, e farne una vera casa in cui regnino l’amore di Dio e la carità fraterna. Manteniamo viva la fede in noi e diffondiamola dovunque!” Oggi, la sfida ѐ ancora la stessa. Ce lo ricorda Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale: “La fede ѐ dono prezioso di Dio”, da diffondere e testimoniare ovunque, in Italia come in Uganda. E’ la nostra missione. Auguriamoci a vicenda di fare tutti la nostra parte, donando amore, perdono, pace e amicizia a tutti i nostri compagni di viaggio. Pregate per me, e che il Signore vi benedica!

P. Giuseppe

mercoledì 16 ottobre 2013

Aber - anno III - seconda settimana

Celebrations

Durante quest’ultima settimana ci sono stati due anniversari importanti…il 10° anniversario della canonizzazione di San Daniele Comboni e il 51°anniversario dell’indipendenza ugandese dal protettorato britannico. Come ormai saprete (visti i post dei due anni passati) l’anniversario dell’indipendenza è il 9 Ottobre. Non abbiamo fatto grandi cose per celebrarla. La Mari ha iniziato subito: a mezzanotte e 1 minuto era già in ospedale (visto che era di guardia) con 5 traumi cranici da gestire, conseguenza dell’ennesimo incidente stradale causato da un driver che ha pensato bene di festeggiare l’indipendenza nazionale…mostrando la sua dipendenza dall’ alcool! Per quanto mi riguarda ho invece unito l’utile al dilettevole (come sempre privilegiando il dilettevole) portando una decina di ragazzi del St.Clare a casa nostra e cucinando insieme due torte per festeggiare durante la serata danzante che si sarebbe tenuta a partire dalle 8 di sera. E’ stata anche un’occasione per fare due chiacchiere su cosa fosse l’indipendenza, quando è avvenuta, da chi è stata ottenuta, se è proprio necessario festeggiarla ubriacandosi fino al coma etilico, etc.etc
Alla sera sicuramente la parte della giornata che ha dato più soddisfazione: una cena a base di pesce preparata dalla Michela! Farfalle panna e salmone, filetti di sogliola in umido accompagnati da pomodori e peperoni al formo ripieni di tonno! Il tutto innaffiato da un vinello bianco sud africano! Che dire…w l’indipendenza!
Per quanto riguarda invece i festeggiamenti per il 10° anniversario della canonizzazione di Comboni, è stato bello ritrovarsi con tanti altri membri della famiglia comboniana per un momento di ritiro e un pranzo in compagnia. Ci siamo trovati la mattina del 10 Ottobre a Ngetta (vicino Lira) e abbiamo fatto un momento di preghiera seguito da una riflessione che, visto il clima festoso, aveva proprio come tema “la gioia dell’essere missionario in St.Daniele Comboni”. Effettivamente non è sempre facile vivere serenamente il proprio essere missionario; il rimanere entusiasta della propria presenza quando a volte ci si sente poco voluti; il trovare motivazioni forti nei momenti di sconforto e fallimento. Se a questo aggiungete tutte le disgrazie che avevano colpito il Comboni durante i suoi viaggi africani (le numerose morti dei suoi compagni di viaggio, la sua situazione familiare che con i genitori anziani e ammalati diventava sempre più grave, le malattie che di tanto in tanto lo affliggevano) credo che ci sia più di un motivo per ammirare veramente quest’uomo soprattutto per la perseveranza nella sua scelta, per la radicalità delle sue idee e per la sua immensa fede.
Comboni sarebbe stato sicuramente contento di vedere un’ Uganda indipendente (visto quanto era convinto di dover passare dal protagonismo degli africani per ottenere una vera salvezza per l’Africa) ma probabilmente avrebbe usato le parole di un super eroe dei nostri giorni per richiamarli al loro dovere: “big power (o grandi libertà come quelle portate dall’indipendenza) brings big responsabilities!” (l’uomo ragno)
Ancora una volta…buon “Independence Day” Uganda con l’augurio e la speranza che Tu possa sempre considerare la tua indipendenza non come  un obiettivo raggiunto ma come un cammino da fare insieme!
PS: segnaliamo che in occasione dell’anniversario della canonizzazione di Comboni è stato lanciato un nuovo sito/blog internazionale sui laici missionari comboniani: www.lmcomboni.org 

mercoledì 9 ottobre 2013

Aber - anno III - prima settimana

Ciao, ciao mare…
In verità di mare ne abbiam visto ben poco, ma in compenso abbiam visto un mare di persone! Credo che  questo gioco di parole (sicuramente discutibile in quanto a simpatia) possa riassumere bene le nostre vacanze: poco relax ma tanti incontri e tanta condivisione…alla fine era proprio questo di cui avevamo bisogno: staccare la spina dalla quotidianità di Aber e abbracciare un po’ di parenti e amici! Chi di sfuggita, chi più assiduamente, chi solo di passaggio, chi con più tempo a disposizione, chi quasi per caso, chi invece in modo pianificato… ogni incontro è stato una possibilità per aggiornarsi a vicenda,  sorridere delle difficoltà che in ogni parte del mondo si incontrano, pianificare il futuro o, a volte, semplicemente condividere…una fiorentina che ha soddisfatto il nostro fabbisogno annuale di proteine e ferro!Purtroppo non siamo riusciti a vedere proprio tutti…perdonateci! l’anno prossimo avremo più tempo a disposizione!
Ci piaceva condividere in questo primo post del terzo anno una sensazione e una riflessione:
La sensazione è una sensazione piacevolissima di sentirsi parte di un gruppo. Nasce dall’assemblea nazionale dei laici comboniani a cui abbiamo avuto la possibilità di partecipare. E’ stata una “3 giorni” molto intensa ma assolutamente importante per fare una full immersion di combonianità e di comunità. Proprio di questo abbiamo sentito la mancanza in questo anno passato e soprattutto da quando Caterina è rientrata in Italia. Gli interventi dei relatori centrati sull’agire missionario di Gesù e su cosa intendeva il Comboni per missione nel suo “Piano di rigenerazione dell’Africa” ci hanno poi ridato fiducia e rinfrancato sul nostro modo di essere presenti qui ad Aber.
La riflessione riguarda invece gli stili di vita così diversi tra Italia e Africa. Tra le mille differenze ci piaceva soprattutto sottolineare quella legata al “fare”. La sensazione che abbiamo avuto è che, siccome in Italia abbiamo tantissimi mezzi (tecnologici, mezzi di trasporto, etc) il “poter fare” si trasformi in un “dover fare” mille cose con tanto di malessere se non si riesce a riempire ogni secondo della giornata. Un esempio banale è l’andare a fare la spesa… in Italia è un riempitivo per la mezz’ora libera che si ha tra un impegno e l’altro…qui ad Aber io devo dedicargli un’intera giornata perché devo fare 140 km tra andare e tornare e perché non posso andarci tutti i giorni. Come questo esempio ce ne sarebbero mille altri…negli ultimi giorni italiani siamo arrivati a fare la merenda a casa di alcuni amici, l’aperitivo al bar con altri e a scroccare la cena da altri ancora! Qui ad Aber, se vai a casa di qualcuno ci devi rimanere almeno mezza giornata per “ammortizzare” il tempo investito per raggiungerlo.  La speranza è che quando torneremo in Italia riusciremo a coniugare la fortuna italiana di avere molti mezzi con la ricchezza africana di non farsi angosciare e manipolare dalla frenesia. 

mercoledì 4 settembre 2013

Aber - anno II - cinquantanovesima settimana

Italia arriviamo…1 anno dopo

Finalmente le vacanze!!! Quest’anno sentiamo di averne particolarmente bisogno…forse perché abbiamo fatto 14 mesi filati, forse perché, entrando sempre di più nei progetti, diventano inevitabili scontri e incomprensioni che spesso rendono il lavoro non facile e stancante, forse perché è forte la voglia di portare Samuel in Italia per la prima volta, sicuramente perché c’è il desiderio di rivedere parenti e amici.

Venerdì partenza da Aber con la nostra mitica RAV4, sabato decollo da Entebbe, domenica atterraggio sul suolo italiano…ritorno in Uganda previsto per il 4 Ottobre.

Ancora una volta grazie a tutti voi che ci siete stati vicini, supportato e sopportato!

Come avevamo fatto l’anno scorso, anche quest’anno, in questo ultimo post, vorremmo salutarvi e ringraziarvi lasciandovi una piccola riflessione/preghiera frutto della nostra esperienza…non ha grosse pretese di dare risposte o spiegare i massimi sistemi ma la scrivo semplicemente perchè: "I'mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch'e' ditta dentro vo significando" …modestia a parte!

Missione è…

missione è…io sono questo (per la mia storia, la mia cultura, le mie capacità) e questo “essere io” lo voglio condividere con te;

missione è…condividere una rivelazione che mi rende felice;

missione è…quando appoggio i piedi giù dal letto tutte le mattine rinnovare i “si” che si sono detti (come marito, come papà, come educatore, come cristiano) e ripromettersi di dare il massimo;

missione è…non pretendere cambiamenti nell’altro;

missione è…non c’ho voglia ma lo faccio lo stesso;

missione è…non ho le forze ma so di poter attingere ad una riserva extra;

missione è…non ho le capacità ma faccio del mio meglio;

missione è…ho paura ma mi affido;

missione è…faccio fatica a capirti (e a capirTi) ma mi sforzo;

missione è…far continuare a vivere i profeti di ogni tempo testimoniando quanto abbiamo appreso da loro;

per tutto questo, missione è…crescere mettendo alla prova noi stessi;

per tutto questo, missione è…con tutti;

per tutto questo, missione è…ovunque;

per tutto questo, missione è…sempre.

A prestissimo con chi riusciremo a vedere di persona e un arrivederci ad Ottobre sempre su questo blog per chi, purtroppo, non riusciremo ad incontrare!

mercoledì 28 agosto 2013

Aber - anno II - cinquantottesima settimana

Il nostro viaggio ad Aber

Un viaggio desiderato già dall'anno scorso; progettato con gioia fin nei minimi particolari, perchè fosse l'occasione per vivere un'esperienza di missione insieme, come coppia.
Un viaggio sofferto, perchè ci ha letteralmente fatto soffrire la delusione provata nel vedere tutti i nostri sforzi scontrarsi contro il fallimento. Un imprevisto a pochi giorni dalla partenza, come un'epidemia di Ebola, e tutto salta, per paura, prudenza o poca informazione… e tanta confusione in testa e nel cuore!
Un viaggio che ci ha fatto crescere: abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significa prendere una decisione difficile insieme e condividerla.
Un viaggio che è iniziato quindi un anno fa sebbene siamo partiti fisicamente solo a luglio di quest’anno, quando finalmente ci siamo ritrovati in aeroporto, con le valigie piene, lo zaino in spalla e un desiderio di partire ancora più grande!
E' servito tutto il lungo viaggio in aereo, e la prima notte a Kampala per rendersi conto che finalmente eravamo arrivati. Finalmente in Africa, insieme.
Ma il nostro viaggio non era – allora, e non è nemmeno oggi - che all'inizio. Tante sono infatti le domande, le provocazioni, i pensieri e gli incontri che abbiamo raccolto e accolto in questa esperienza e che possono cambiare il nostro modo di pensare e di vivere oggi.
Un viaggio atteso ma alla fine inaspettato… non è mai stato una conferma di ciò che ci aspettavamo. Pensavamo di partire l’anno scorso, ma così non è stato; pensavamo che ci saremmo potuti spendere per la gente e a volte ci siamo sentiti del tutto inutili; pensavamo anche che sarebbe stato facile inserirsi nella chiesa africana e trovarvi stimoli forti per la nostra preghiera e invece ci sono stati momenti in cui facevamo fatica a pregare. Speravamo, ma non ci aspettavamo, di trovarci così bene nella casa che ci ha ospitato, né pensavamo di poterci sentire così accolti e parte della loro famiglia.

“Dio ti accompagna con i suoi doni, ma non è mai dove pensiamo debba essere. Ci sorprende e, invitandoci a un nuovo passo, ci strappa alla tentazione di chiuderci in un luogo (fisico o metaforico, spaziale o ideale).” (L.Moscatelli)

Ecco uno degli stimoli più belli della spiritualità missionaria, essere continuamente chiamati a camminare, a crescere, a sbattere il muso contro le proprie convinzioni fino a cadere e infine rialzarsi, pronti a compiere un nuovo passo.
In questo mese ad Aber abbiamo sperimentato la difficoltà di comprendere certi ragionamenti, certe usanze e ci siamo resi conto di come davvero al mondo non ci sia un solo modo di pensare, di pregare, non una sola lingua per comunicare né una sola espressione del volto per dire “sì” o una sola spiegazione per tutto ciò che accade. Ci siamo sperimentati diversi in mezzo ad un popolo unito dalla stessa cultura ed abbiamo sentito ogni giorno il peso dello sguardo fisso della gente sul colore della nostra pelle, sul nostro modo di muoverci e di parlare, come fossimo un’attrazione irresistibile… (non capita forse qualcosa di molto simile in italia nei confronti di un immigrato?) . La prima reazione che è sorta dal sentirsi così diversi è stata una reazione di critica su ciò che osservavamo non funzionare e su ciò che ci sembrava arretrato e insostenibile. Ma poi lo stesso occhio critico abbiamo imparato a dirigerlo anche verso noi stessi e verso quella vita quotidiana in Italia a cui siamo tanto abituati. Ci siamo accorti così di come per quanto diverse, l’Uganda e l’Italia siano ugualmente terre di missione, terre in cui alcune cose sono difficili da accettare, mondi in cui possiamo contribuire con la nostra parte a costruire qualcosa di bello, mondi che però non possiamo cambiare del tutto. È stato bello potersi confrontare liberamente con Marco e Mariagrazia riguardo al loro essere famiglia lì, ad Aber, in questi tre anni, e c’è una frase che ci sembra calzi a pennello con quello che ci hanno testimoniato: “sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Per quanto molti loro sforzi per migliorare le cose in ospedale e all’orfanotrofio potranno risultare insufficienti, per quanto alcune lotte andranno inevitabilmente perdute, la loro presenza di famiglia ad Aber ha sicuramente la capacità di lasciare un segno (e non solo in Uganda...).

Concludiamo con una bella provocazione raccolta da alcuni dei missionari che abbiamo incontrato: non dobbiamo sentirci noi la soluzione a tutto, ma dobbiamo essere capaci di fare la nostra parte con la fiducia che non siamo soli a costruire.

Per curiosare qualche foto potete cliccare qui

Gloria & Luca

giovedì 22 agosto 2013

Aber - anno II - cinquantasettesima settimana

Ospitalità

“aggiungi un posto a tavola”, “indovina chi viene a cena”, “la pedagogia del vivere con la porta aperta” questi e mille altri modi di dire o teorie sono stati usati per affrontare la tematica dell’ospitalità in diversi periodi e in diversi contesti. Già in passato avevamo sottolineato come i 9 mesi di vita nella comunità di famiglie di Cascina Castellazzo avesse ricoperto un ruolo molto importante nella formazione pre-partenza, ma in questo Agosto ce ne stiamo rendendo particolarmente conto. Agosto, essendo periodo di ferie in Italia, è chiaramente un mese di vai e vieni più intenso ma, in realtà, quella dell’ospitalità è una parte costante e fondamentale della nostra esperienza di missione.  Chiaramente le finalità delle visite della gente che passa sono le più diverse ma il nostro obiettivo ultimo rimane lo stesso: condividere la nostra esperienza cercando di favorire il più possibile l’incontro con l’Africa e, nello specifico, con Aber.
Così si sono succedute persone che avevano i più diversi tipi di rapporti con noi: amici, amici di amici, conoscenti, amici di conoscenti, conoscenti di conoscenti, guests of honor  fino ad arrivare ai perfetti sconosciuti.
C’è da dire che ogni tipo di visita lascia qualcosa. E non è un luogo comune. Sicuramente alcune sono più stancanti, altre più rilassanti ma tutte ti aiutano a riflettere ancora una volta su ciò che stai vivendo e sulle motivazioni che ti spingono a rimanere qui. Inoltre, ti danno comunque la possibilità di vedere le cose con un occhio diverso e di chi, sicuramente, è meno condizionato dalle stanchezze, dalle delusioni o, al contrario, dal coinvolgimento e da alcune presunte certezze frutto dello stare qui da un po’ di tempo.
A parte gli amici e alcuni conoscenti il cui arrivo era preventivato e desiderato, altre persone sono state invece più impreviste! Ecco allora che ti può capitare di ospitare un vescovo a dormire per una notte, oppure gli allenatori dell’Inter, o ancora dieci persone che ti telefonano la mattina informandoti del loro arrivo imminente per visitare l’ospedale e il St.Clare…vuoi non invitarle a rimanere per pranzo? O un altro gruppo che si ferma perché di passaggio per andare a Gulu…benvenuti!
Un episodio curioso è stata la visita di una coppia di Svedesi. Ero in casa quando sento bussare alla porta…vado ad aprire e c’è il cleaner dell’ospedale che invita questa coppia di ragazzi ad entrare in casa nostra e utilizzare il nostro bagno! Nel frattempo arriva Maria Grazia “ciao Mari, non entrare nel bagno in fondo che è occupato da una ragazza svedese!” “ vabbè. Già che siete qui sedetevi un attimo, prendete qualcosa da bere e facciamo due chiacchiere!”
Il flusso di persone è talmente continuo (se, oltre ai bianchi, si considerano anche i locali) che non puoi permetterti di distrarti un attimo… l’altro giorno me ne stavo seduto bello tranquillo sull’uscio di casa dando le spalle alla porta quando sento qualcuno uscire dicendo “grazie, ho finito”…era un uomo sconosciuto che usciva in accappatoio da casa mia!
Fortunatamente la porta aperta oltre a far entrare permette anche di uscire e così lasciatemi ringraziare anche chi, ospite tra le nostre mura o vicino di casa, ha alleggerito la nostra permanenza con babysitteraggi o subendosi i nostri sfoghi e le nostre stanchezze.
E allora che sia “Apwoio bino” oppure “yes you are welcome, come in, the door is open” o ancora “vieni, vieni, la porta è aperta!” la sfida dell’ospitalità è sempre attuale ma forse ne vale la pena perché “alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo” (Eb 13:2)

mercoledì 14 agosto 2013

Aber - anno II - cinquantaseiesima settimana


Piccio-almanacco
La Mari dice spesso che a me piace fare il momento almanacco...effettivamente è così! A volte per ricordare alcuni periodi difficili ormai trascorsi, altre volte per celebrare avvenimenti o ricorrenze che hanno segnato alcuni momenti della vita. Non potevo naturalmente esimermi dal farlo per la nostra avventura africana.
Fra pochi giorni ricorrerà l'anniversario del nostro arrivo ad Aber...il secondo anniversario per l'esattezza! Già, due anni di Africa.
Oltre a tutte le sensazioni già condivise durante questo periodo, mi colpivano due riflessioni:
  • è la casa in cui, da sposati, abbiamo vissuto più a lungo;
  • il Franci ha vissuto più tempo in Africa che in Italia!
Per quanto riguarda la prima, il nostro girovagare in questi 7 anni di matrimonio ci ha portati a non sostare mai per più di due anni nella stessa casa: 6 mesi nella prima casa di Parma, quasi 2 anni nella seconda (con l'intermezzo di 3 mesi a Liverpool), quasi due anni a Rho, 9 mesi a Cambiago. Non per niente la bomboniera del nostro matrimonio era una tartaruga...casa sempre sulle spalle e camminare! Scherzi a parte si potrebbero fare molte riflessioni su cosa significhi “casa” estendendo il significato oltre le quattro mura dell'edificio-casa. “Casa è dove posso stare in pace” per dirla con le parole di Lorenzo, ma allora cosa vuol dire trovar pace? vuol dire compiere la propria strada? Vuol dire sentirsi al sicuro? Vuol dire essere vicino agli affetti? Vuol dire camminare insieme ad un gruppo di persone? Forse l'ottimo sarebbe riuscire a sintetizzare tutti questi tentativi di risposta in un solo posto...ma può risultare difficile e così bisogna privilegiare l'uno o l'altro aspetto a seconda dei momenti. La seconda riflessione porterebbe farci addentrare in considerazioni sull'argomento immigrazione/diritto di cittadinanza e quant'altro ma risulterebbero forse un po' pesanti così mi limito a condividere delle sensazioni: è strano pensare che il Franci sia cresciuto più qui in Uganda che in Italia. Quando siamo arrivati non aveva ancora due anni e adesso ne sta per compiere quattro. Naturalmente, da genitore, capita spesso di chiedersi se per lui (e ora anche per il Samu) rimanere qui sia la scelta giusta, ma anche in questo caso non mi so dare una risposta sicura. Fa specie sentirgli dire che il suo frutto preferito è il Jaka fruit e non la fragola o la mela (chissà che ridere quando andrà all'asilo in Italia e gli faranno la stessa domanda?), stupisce sentirgli dire che noi siamo gli unici grigi (già non bianchi e neri, ma sfumature di grigio!); meraviglia pensare che ha visto più elefanti, giraffe e coccodrilli che cani e gatti.
Non so, come sempre gli almanacchi non risolvono problemi e non danno risposte a domande. Semplicemente suscitano emozioni...ma forse è proprio da queste che bisogna lasciarsi trasportare per capire cosa è giusto fare e dove andare.