mercoledì 24 luglio 2013

Aber - anno II - cinquantatreesima settimana

Budongo Forest

In questo Luglio un po’ particolare non per il troppo caldo, non per il troppo freddo, non per le troppe piogge, non per la troppa siccità ma semplicemente perché Maria Grazia e i dottori “munu” di Aber hanno avuto addirittura due week end interi senza guardie, siamo riusciti ad organizzare una gita o, forse, sarebbe meglio dire “la Mari-gita”. Era tempo che la Pizzi continuava a “menarla” con ‘sta Budongo Forest… “dobbiamo andarci”, “deve essere bellissima”, “anche la Lonely ne parla benissimo” etc, etc, etc. e così domenica ci siamo andati. Essendo una Mari-gita non poteva essere costosa (ndr il braccino corto della Mari è abbastanza rinomato!) e così ha fatto mille telefonate finché ha trovato qualcuno che le dicesse che era possibile entrare nella Budongo Forest senza pagare l’ingresso al parco delle Murchison. Al momento della partenza eravamo quindi quasi certi che circumnavigando il parco delle cascate ed entrando in pratica dal versante del Congo saremmo riusciti a pagare solo l’ingresso per la foresta. Finalmente sabato sera è tutto pronto e si va a dormire un po’ presto dato che la sveglia è fissata alle 6. Durante la notte e per tutta la prima parte della mattina è da registrare un tentativo in extremis di Zeus che per cercare di far cambiare idea alla Pizzi decide di scatenare un nubifragio su tutto il nord/est Uganda…ma naturalmente non c’è nulla da fare…si deve partire (persino i nostri vicini e compagni di viaggio scout – noti per la loro spregiudicatezza -  hanno avuto un attimo di ripensamento ma si son visti liquidare via da un veloce “no, no si va comunque, la pioggia smetterà presto” della Mari). La scarsità delle strade ugandesi è ormai nota a tutti voi e vi lascio quindi immaginare quali potessero essere le condizioni di stradine non asfaltate che conducono ad una foresta pluviale! E quando, in un breve momento di rilassatezza tra una slittata e una controsterzata per tenere la macchina sulla strada, mi sono permesso di dire “Mari, sei sicura che ne valga la pena?” la risposta è stata la più classica che potevo ricevere “ecco, una volta che organizzo una cosa io! E poi tu dici che stiamo sempre in casa e non facciamo mai niente!”…vabbè, me la sono andata proprio a cercare! Comunque dopo 3 ore e mezza arriviamo in un College in cui insegnano a conoscere ed amare le piante e gli animali della foresta e ci rechiamo in questo ufficio semiaperto per chiedere informazioni. Alla vista di inaspettati visitatori l’officer fa finta di sapere cosa fare e telefona ad una fantomatica guida che dovrebbe venire a prenderci dopo circa una mezz’oretta. Aspettiamo fiduciosi. Nel frattempo decido di andare a parcheggiare un po’ meglio. Mentre mi avvio in direzione della macchina incrocio un signore distinto che mi saluta cordialmente. Al mio ritorno dal parcheggio lo vedo ancora lì insieme alla Mari che mi si fa incontro e stupefatta mi dice “Non è possibile, dice di conoscerti!”. A quel punto non posso far altro che fingere di conoscerlo anch’io, salutarlo calorosamente e scusarmi per non averlo riconosciuto prima…ma chiaramente non ho idea di chi sia. Per fortuna si dichiara esplicitamente lui presentandosi agli altri come il fratello di uno dei più cari amici di Marco, l’arcinoto Martin. A quel punto mi si apre un mondo di collegamenti e mi ricordo non solo che lo conosco ma che l’ho anche aiutato a vendere dei meravigliosi cesti che alcuni di voi in Italia avete nelle vostre case e che sta tutt’ora lavorando per me costruendomi un mweso (gioco in legno africano). Naturalmente non esito a sfruttare la mia conoscenza e gli dico che stiamo aspettando una guida per visitare la foresta ma nessuno si è ancora palesato. Cesar (questo il nome del fratello di Martin) fa due telefonate e immediatamente arriva un tizio che sale in macchina con noi e ci porta a casa di una guida esperta che sarebbe stata sicuramente lieta di accompagnarci facendoci per di più uno sconto di 10$ vista la nostra raccomandazione! Dal quel momento possiamo quindi goderci le meraviglie della natura ugandese…scimmie rosse, scimmie azzurre, mogani enormi, alberi secolari, farfalle coloratissime, uccelli di centinaia di specie diverse e per finire…una famiglia di scimpanzé! Finita questa entusiasmante camminata sul Royal Mile (questo il nome del tratto di foresta che abbiamo percorso) torniamo al college per pagare l’entrata che non avevamo ancora pagato, fare un pic-nic e, naturalmente, una foto-ricordo per non dimenticare più Cesar, il nostro prezioso contatto per Budongo!
Verso le 4:30pm decidiamo di rimetterci in cammino verso casa ma, per fortuna, appena prima di partire io e l’altro autista diamo un’occhiata alla cartina… “ma…passando di qui la strada è tutta asfaltata fino ad Aber!” Ebbene sì, alla Pizzi era sfuggita questa possibilità…forse perché essendo 10 km più lunga di quella disgraziata strada della mattina avremmo consumato un po’ più di benzina…non considerando però che abbiamo impiegato un’ora in meno a tornare e senza devastare la macchina e le nostre schiene!
Diciamo che alla Mari mancano ancora alcuni skills per diventare una guida turistica esperta (soprattutto l’orientamento, la topografia di base e la conoscenza di persone in ogni parte del mondo) ma devo ammettere che dopo questa gita si è meritata a pieno titolo il ruolo di Vice/Piccio. 

A questo punto starete dicendo: vabbè, ha parlato tanto di come è andata la gita ma ci ha parlato un po’ poco della foresta e degli animali che hanno visto…tranquilli per quello vi rimando alle foto che certamente meglio delle parole possono condurvi in un tour virtuale che vi farà visitare la Budongo Forest o, se preferite, la “Pizzi Forest”! (Per le foto, oltre che per la bella compagnia, si ringraziano  Michela, Erica ed Emanuele…nostri compagni di gita)

martedì 16 luglio 2013

Aber - anno II - cinquantaduesima settimana

1 anno di Aber

Ebbene sì, esattamente 365 giorni fa tornavamo ad Aber dopo aver trascorso un po' di vacanza in Italia. E' la prima volta che rimaniamo per un periodo continuativo così lungo qui in Africa senza avere stacchi. Sicuramente ora un po' di stanchezza inizia a farsi sentire e abbiamo voglia di un po' di vacanze. Per fortuna però, durante questo anno, le cose belle sono state tante ma soprattutto...non siamo quasi mai stati da soli. E così per “celebrare questo anniversario” vi proponiamo due album di “Piccio-foto”. In “1 anno di Aber” troverete due foto per ogni mese trascorso qui che ci aiuteranno a ricordare le mille avventure vissute, mentre in “munu ad Aber” - a mo' anche di ringraziamento – vogliamo festeggiare questa ricorrenza con gli amici che hanno trascorso un periodo insieme a noi “fisicamente”...ci sarebbe piaciuto includere in questa rassegna anche tutte le persone che ci hanno accompagnato con il pensiero ma sareste stati troppi! Grazie comunque, ancora una volta, a tutti voi!

mercoledì 10 luglio 2013

Aber - anno II - cinquantunesima settimana

P.O.Box generation VS .com generation

Domenica scorsa sono andato al Visitation Day della Saint Mary Magdalene Secondary School. Come molti di voi ormai sapranno avendo letto altri post, qui in Uganda le scuole possono essere “day” o “boarding”. Nelle prime gli studenti vanno ogni mattina a scuola e al termine delle lezioni tornano a casa, nelle seconde invece vivono lì per tutto il term (il trimestre). Le secondary school sono quasi esclusivamente boarding. Così, per consentire a parenti e ad amici di incontrare i loro cari ragazzi impegnati a scuola, solitamente vengono organizzati questi visitation day in cui la scuola è aperta ai visitatori. Dato che durante le ultime vacanze alcune ragazze del St.Clare mi avevano invitato ad andare a trovarle, domenica scorsa sono stato loro ospite nella loro scuola. Come dicevo, in teoria dovrebbero andare i guardians a trovarli (essendo le ragazze del St.Clare per lo più orfane) e, nell’occasione, parlare anche con i professori. Purtroppo però, per i soliti motivi economici, chi segue più da vicino i ragazzi (i guardians appunto) non ha i soldi per il trasporto e così la stragrande maggioranza delle volte non c’è nessuno che va a trovarli. Le suore da parte loro dicono che non vanno per responsabilizzare i guardians (condivisibile) e perché anche per loro è un costo (scandaloso dato che proprio stamattina stavano scartando una televisione a schermo piatto con tanto di decoder e parabola). L’accoglienza è stata molto calorosa, le ragazze erano entusiaste e si è risvegliato in loro l’orgoglio di essere studenti di quella scuola. Mi hanno fatto visitare gli spazi e gli edifici e poi ci siamo seduti a chiacchierare del più e del meno. Successivamente sono anche andato a colloquio con i professori. La mia idea era quella di andare con qualche ragazzo grande del St.Clare ma purtroppo le suore me lo hanno impedito perché il contatto femmine-maschi è sempre visto con grande sospetto. L’unico a cui hanno permesso di venire è Roger, un ragazzo che è entrato in seminario l’anno scorso e che quindi, forse, non viene ritenuto “a rischio”. Come forse si intuisce da queste righe, non è un periodo facilissimo con le suore, ci sono spesso motivi di discussione e i punti di vista sono differenti su molte proposte. Così mentre andavamo a Lira ho chiesto a Roger quale fosse il sentire comune dei ragazzi dell’orfanotrofio nel confronto delle suore. La risposta è stata: “Sometimes there is a gap between the P.O.Box generation and the .com generation”. Sullo scontro generazionale si è scritto tanto e sicuramente è una delle sfide più grosse in ambito educativo, ma queste definizioni mi hanno colpito e mi hanno fatto pensare. Se da noi dopo la generazione che aveva la casella all’ufficio postale c’è stata quella con la casella di posta all’indirizzo di casa, poi la generazione del telefono fisso, successivamente la generazione della televisione, poi la generazione del cellulare e, in fine, quella di internet. Qui il salto è stato diretto dalla P.O.Box alla .com qui c’è ancora la convivenza di chi non ha i servizi essenziali come l’acqua e la corrente e chi ha il IPad. A parte i discorsi sui diritti e di giustizia ed equità sociale su cui abbiamo altre volte riflettuto, penso che tutto questo abbia un riscontro anche in ambito educativo creando distanze enormi tra i giovani e gli adulti e le conseguenti difficoltà relazionali. In questo ambito penso che l’ “educazione con bastonate” generation venga a scontrarsi con la fin eccessiva “libertà ai giovani” generation che comunque è arrivata fin qui tramite i video, la musica e internet. Da noi si sono succedute diverse ideologie dalle più proibizioniste alle più liberali, poi sono arrivati alcuni pedagoghi come la Montessori o altri che hanno suggerito diversi strumenti e, malgrado tutti questi tentativi, la relazione intergenerazionale rimane sempre molto complessa. Qui, l’unico strumento educativo che è mai esistito erano le Small Christian Community in cui c’era l’occasione di tramandare oralmente i valori e l’educazione dagli adulti ai giovani, ma la guerra si è portata via anche questo. Oggi le scuole sono le uniche agenzie educative ma, come ben noto, il numero medio di studenti per classe si aggira intorno ai 100 e potete quindi immaginarvi quale possa essere il rapporto tra insegnati e studenti. Ora, lungi da me il voler in qualche modo scusare le suore per alcuni loro comportamenti però, forse, qualche attenuante potrebbero anche averla.

giovedì 4 luglio 2013

Aber - anno II - cinquantesima settimana

Piccio: Eroe o Pierino?
 
Parola all’”accusa” (la Mari): Non è certo un tema nuovo su questo blog quello che riguarda la peculiarità dei trasporti in Africa. Abbiamo narrato più volte quanto siano pericolosi, disagevoli e imprevedibili gli spostamenti.
Conosco solo una persona al mondo che sarebbe ancora ottimista dopo due anni di esperienza in Uganda riguardo ai trasporti, e la conoscete anche voi! E' l'eroe indiscusso di questo blog: il Piccio!
Qualche giorno fa mi dice: “I maestri di Atapara Primary School mi hanno invitato ad andare con loro domani alla festa per l’African Child Day” (vedi post di settimana scorsa).
E io: “Ah ti vogliono scroccare il passaggio!” (commento poco lusinghiero, è vero, ma mutuato da profonda conoscenza e ripetute esperienze...)
“Ma no...hanno i loro mezzi e poi dovrebbe essere proprio qui vicino. Una cosa veloce: torno per pranzo.”
Io sorrido e non commento.
Il giorno dopo a mezzogiorno mi arriva il seguente sms: “Mi sa che qui va per le lunghe: siamo arrivati tardissimo e siamo in culo ai lupi: tutto normale insomma...”
Alla sera il report degli avvenimenti così come narrati dal protagonista:
“Partenza prevista 9.30 am, partenza effettiva 11.30 am.
Distanza stimata circa 2 Km, distanza reale oltre 10Km prevalentemente nel bush.
Stima Km percorsi con la nostra auto (e la nostra benzina!!!) 0, km percorsi effettivamente con la nostra auto 25.
Persone trasportate 4andata/4 ritorno...tutte sovrappeso!
Insomma ho fatto il conto che al ritorno il carico sulla nostra macchina sfiorava i 5 quintali!”
Non vorrei ripetermi, ma sapete quanto mi piace dire “Te l'avevo detto!”
Anche questa volta: realismo 1 – ottimismo 0!
Ma sono certa che il Piccio non smetterà di pensare positivo e ad ogni richiesta di passaggio risponderà sempre: “It's fine, no problem!”...in fondo è il nostro eroe!
Parola alla “difesa”(il Piccio): sicuramente la Mari ha ragione quando mi descrive come un inguaribile ottimista che a volte sfiora l’ingenuità e che spesso eccede di buonismo. In mia difesa vorrei però proporre due visioni differenti dell’accaduto. Sembra che l’accusa fondi la sua inquisitoria in particolare sui temi del “cronico ritardo”, delle “false distanze” e della “quantità/tipologia di gente trasportata”.
Ecco, io credo per i primi due di essere vittima della legge del contrappasso! Chiunque mi conosca sa che la puntualità non è un mio punto forte e che, soprattutto quando si visita una città insieme a me o quando si cammina in montagna…nessun luogo è lontano…nel senso che mi trovo spesso a mentire più o meno volontariamente sulla distanza della meta verso cui stiamo camminando! Così in questa avventura africana credo di essere spinto a riflettere su questi miei piccoli difetti provando sulla mia pelle cosa significhino!
Per quanto riguarda invece il terzo capo di accusa, vorrei chiedere a voi lettori chi non sarebbe incuriosito e chi non morirebbe dalla voglia di sapere come va a finire una barzelletta che inizia così: “Su una macchina ci sono: un bianco, un nero, una suora, una cieca e una zoppa…” già, questa era la tipologia di passeggeri che mi si sono proposti al mio arrivo ad Atapara Primary School con la mia minuta RAV4. Ancora una volta non ho saputo dire di no a nessuno di loro e mi sono ritrovato a rispondere: “It’s fine, no problem!”
Che altro dire, più che un eroe mi sento a volte “Pierino”, protagonista di mille barzellette, ma va bene così perché credo che per questa gente, per me e per tutti…ridere aiuta a vivere meglio!
Alla prossima barzelletta…
(PS: in copertina, foto di repertorio: Piccio, autista di matrimonio, trasporta 12 persone su una macchina omologata per 4!)