mercoledì 30 ottobre 2013

Aber - anno III - quarta settimana

Mari witch doctor

Quando una paziente viene ricoverata nel mio reparto ormai posso indovinare cosa c'è scritto sulla cartella prima ancora di aprirla.
Lamenta mal di testa, epigastralgia e malessere generalizzato.
Chi l'ha ricoverata di solito ha diagnosticato malaria o ulcera peptica o qualche volta brucellosi.
In genere trovo il tutto piuttosto fumoso e quindi decido di ricominciare da capo.
Mi faccio aiutare da un'infermiera per la traduzione (anche se ormai riesco a capire quasi tutto anche in Lango!) e inizio quella che dovrebbe essere una anamnesi, cioè la raccolta della storia clinica.
“Cosa c'è che non va?”
Letteralmente: “Sento la testa, poi il torace lo stomaco e la schiena”
“????”
Col tempo ho imparato che se un Lango “sente” la testa è perché gli fa male.
Quindi interpreto: “Mi fa male la testa e il dolore si irradia al torace allo stomaco e alla schiena”.
Anche così questo non richiama sintomi di alcuna malattia, casomai i segni di un incantesimo, un maleficio o una stregoneria...
Provo con domande più specifiche:
“Hai la febbre?”
“A volte sulla testa e nel torace”
...andiamo bene...vado con il terzo grado...Vomito? Diarrea? Tosse? Convulsioni? Bruciore a urinare? Preso farmaci?
“Un po' di tosse e dolore acuto qui” indicando la base del polmone destro.
Ci siamo!
Ausculto.
Polmonite!
Anche questa volta ce l'ho fatta...ho scoperto l'arcano!
Non sono sempre così fortunata.
Dopo oltre due anni l'altro giorno mi capita di visitare un msungo, un missionario europeo.
Ecco cosa mi racconta.
“Da 5 o 6 giorni non sto bene. Ho la febbre, sudo e mi stanco facilmente. Ho già preso il trattamento per la malaria, ma non ho avuto miglioramento. Ieri poi ho iniziato a tossire e faccio un po' fatica a respirare”
“La febbre è alta?”
“E' arrivata a 39”
“Si è alta. Direi che hai la polmonite”.
Ausculto. Confermo.
Ma questa volta è troppo facile!
Dopo più di due anni fra i Lango ancora faccio fatica ad inquadrare nella semeiotica della medicina occidentale i loro dolori migranti, le loro febbri localizzate, le loro pance rumorose, i gonfiori e le tumefazioni che fanno ammalare tutto il corpo.
Per non parlare degli spiriti, dei demoni e degli incantesimi.
Anche nel descrivere ed interpretare il dolore, il disagio, c'è un abisso fra noi spesso così grande che chissà quante volte ho trattato malattie inesistenti o persone avevano bisogno solo di una parola di conforto o di affrontare una situazione problematica. O forse avevano davvero bisogno che tutta la comunità pregasse per loro o che il demonio venisse scacciato.
Forse per fare il medico qui sto diventando anche io un po' strega, o come dicono i miei figli...un fatina...

mercoledì 23 ottobre 2013

Aber - anno III - terza settimana

World Mission Day
Conseguenza di quanto si vede nella foto è il mio scarso ricordo dell'accaduto durante la domenica missionaria mondiale! Che ci volete fare...missione è anche questo: condividere le usanze di un posto! (Quella nella tanica è birra locale! sostanza non meglio specificata!). Per tale ragione ho pensato di lasciare la parola al Vescovo di Lira o, meglio, di riportare la Sua lettera per questa giornata speciale:

20 Ottobre 2013 – Giornata Missionaria Mondiale
                                                                            Festa dei Beati martiri Gildo Irwa e Davide Okello

Carissimi,
sono tante le cose che vorrei condividere con voi in questa mia lettera in occasione della Giornata Missionaria Mondiale. Nel turbinio di fatti ed avvenimenti degli ultimi mesi, tento di segnalare alcuni momenti e situazioni particolarmente importanti per il mio cammino personale e per la vita della diocesi. 

Lo scenario di fondo in cui inquadrarli ѐ quello di un’Uganda che pochi giorni fa ha compiuto 51 anni di indipendenza. Un paese ancora giovane, caratterizzato da segni di indubbio progresso ma anche da grandi problemi e contraddizioni che rischiano di ritardare e comprometterne lo sviluppo. Mentre il governo annuncia con orgoglio un tasso di crescita economica del 5,8 % nell’ultimo anno, al tempo stesso si rimangia la promessa fatta l’anno scorso agli insegnanti di aumentare del 20% il loro salario. Concretamente, su un salario mensile equivalente a circa 94 euro si tratterebbe di trovare ed aggiungere altri 18 o 19 euro. Ma nel bilancio governativo non ci sono più soldi per l’istruzione. Conseguenza: il terzo trimestre ѐ iniziato con un grande sciopero degli insegnanti, ora rientrato dopo la nuova promessa di un aumento del 25% per l’anno prossimo. Vedremo. Sta di fatto che gli insegnanti sono mal pagati ed un sondaggio rivela che, avendone la possibilità, l’84% dei maestri elementari nelle scuole governative pensa di lasciare l’insegnamento nei prossimi due anni. A farne le spese saranno naturalmente i bambini. Su una popolazione di circa 33-34 milioni di abitanti, i bambini sono 11,5 milioni. Di questi, 2 milioni fra i 5 e 17 anni hanno già perso la corsa, cioè non vanno o hanno smesso di andare a scuola, alimentando le file del lavoro minorile. Non ѐ che in altri settori le cose vadano meglio. Oltre il 40% del personale sanitario negli ospedali e dispensari governativi risulta spesso “assente dal lavoro”. Ragione: salario insufficiente, spesso pagato con mesi di ritardo. E così medici e infermieri cercano di arrangiarsi per mantenere la famiglia.

Lango Convocation. Oltre ai problemi di carattere economico, il paese deve fare i conti con le ferite profonde e non ancora rimarginate che provengono dalle divisioni, violenza e guerre che ne hanno segnato la storia. Il male fatto e subito ha lasciato la sua traccia nel cuore della gente. C’ѐ bisogno di un cambiamento profondo, di una vera conversione. Una radicale inversione di rotta personale e sociale, un cammino di pentimento e riconciliazione, unico fondamento per una pace vera e duratura. Per questo, dopo mesi di preparazione, come Forum dei Leaders Religiosi in Lango abbiamo lanciato e celebrato a Lira dal 23 al 26 Settembre la Lango Convocation. Una iniziativa ecumenica che ci ha visto lavorare, riflettere e soprattutto pregare insieme: cattolici, anglicani, pentecostali e gruppi di altre denominazioni, rappresentanti di tutte le età, categorie e professioni, leaders tradizionali, politici, amministratori a vari livelli, parlamentari, professionisti e uomini d’affari, contadini, insegnanti, uomini e donne, giovani e anziani. Tutti uniti dal mattino al tardo pomeriggio, digiunando, ascoltando e meditando la Parola di Dio, e soprattutto pregando insieme. L’idea di fondo ѐ stata il riconoscimento che in vari tempi ed occasioni nel corso della storia dell’Uganda ognuno di noi personalmente, ogni gruppo etnico o religioso, ogni partito politico ha commesso degli sbagli e ha fatto del male ad altre persone, a membri di altri clan, tribù, denominazioni religiose o partiti politici, ma che ognuno ѐ stato a sua volta vittima di ingiustizie da parte di altre persone e gruppi. Abbiamo quindi tutti bisogno di chiedere perdono a Dio e a tutti coloro che abbiamo offeso, come pure abbiamo il dovere in quanto credenti di perdonare a nostra volta chi ci ha fatto del male. Riconoscendo che riconciliazione e perdono reciproco sono l’unica strada per una vera pace e unità fra tutti gli ugandesi. Per questo abbiamo invitato rappresentanti dei due gruppi di clan che attualmente stanno lottando fra di loro per il potere fra i Lango, come pure i rappresentanti delle altre tribù (Acholi, Karamojong, Alur, Logbara, Madi, Kakwa, Baganda, Banyoro, ecc.) con cui ci sono state tensioni e conflitti. Naturalmente, non tutti hanno visto di buon occhio la nostra iniziativa. C’ѐ chi ha tentato di politicizzarla, presentandola come una presa di posizione a favore di un gruppo contro i suoi avversari. Siamo stati attaccati, sui giornali e alla radio. Assieme al vescovo anglicano e a quello pentecostale siamo stati ospiti di varie stazioni radio, chiarendo che si trattava di un’iniziativa puramente religiosa. C’era chi si opponeva decisamente al fatto che i Langi dovessero chiedere scusa ad altre tribù, nel timore di venire etichettati come gli unici o principali responsabili dei massacri ed ingiustizie perpetrati in Uganda. Non tutti erano pronti al riconoscimento e perdono reciproco dei torti fatti e subiti nei rapporti fra protestanti e cattolici. Non ѐ stato facile, ma ne ѐ valsa la pena. Evidentemente, questi tre giorni non hanno risolto tutte le tensioni ed i problemi. Ma sono stati un passo nella direzione giusta, un cammino che deve continuare. Certamente qualcosa ѐ già successo. Sono stato testimone di episodi commoventi, di gesti che solo la grazia di Dio ha potuto ispirare e dare la forza di compiere. Ho visto gente la cui famiglia era stata massacrata da Idi Amin più di trent’anni fa abbracciare uno dei figli del dittatore, Jafar, mussulmano, perdonando l’uccisione dei propri cari. Ho ascoltato con crescente commozione il racconto di una donna Lango che viveva a Kampala ai tempi del presidente Obote, quando i Langi venivano accusati dei saccheggi e massacri compiuti nella zona di Lwero fra i Baganda: “Giunta all’ospedale di Mulago per partorire il mio secondo figlio, l’ostetrica prende le mie generalità e mi chiede a quale tribù appartengo. Saputo che sono Lango, mi guarda con ostilità e, nonostante fossi già in preda alle doglie, lascia che mi arrangi a salire e sistemarmi sul lettino ginecologico. Dopo il parto, vedendo che si trattava di un maschio, mi rinfaccia: ‘Sei venuta qui a mettere al mondo un altro ladro e assassino?’ Gli taglia il cordone ombelicale e, dopo una medicazione sommaria, sparisce. Abbandonato, senza ulteriore attenzione medica, il bambino perde sangue, si infetta e muore. L’indomani, prima di mandarmi a casa, la stessa ostetrica mi inserisce in corpo una tale quantità di garze, cotone e quant’altro da bloccare le mie funzioni fisiologiche tanto che solo dopo vari giorni, per grazia di Dio, sono riuscita ad espellere il materiale evitando il peggio”. Ciò che più mi ha toccato il cuore ѐ stato vedere questa donna inginocchiarsi in lacrime di fronte ai rappresentanti della gente di Lwero assicurandoli che perdonava il torto subito, e chiedendo lei stessa perdono per aver conservato rancore nei confronti della loro tribù per oltre trent’anni…. In un’atmosfera di preghiera, molti altri hanno perdonato e chiesto perdono per le ferite subite o inflitte in passato. E’ stata una vera esperienza di guarigione e di liberazione dal male. Personalmente sono stato edificato ed ho imparato molto dalla fede delle persone semplici, dei laici. E ciò mi ha aiutato a vivere meglio le difficoltà e tensioni emerse in questi ultimi mesi all’interno della diocesi.

Tensioni in diocesi. La mancanza di spazio mi impedisce di dilungarmi su questo punto. Indubbiamente stiamo vivendo un momento difficile. Come in ogni famiglia, anche in diocesi ci sono problemi di rapporti sia a livello di singoli che fra gruppi diversi, laici, sacerdoti; spesso il primo che ci va di mezzo ѐ il vescovo in quanto responsabile ultimo dell’andamento della Chiesa locale. Il tentativo di mettere ordine in certi settori ha incontrato resistenza ed opposizione, che si esprimono in varie forme, senza troppi riguardi per la verità ed ancor meno per la carità fraterna e comunione che dovrebbe caratterizzare la nostra comunità cristiana. Non ѐ certo una novità. La croce ѐ parte essenziale della nostra vocazione di discepoli di Cristo. San Daniele Comboni, canonizzato proprio dieci anni fa, diceva che le opere di Dio nascono e crescono ai piedi della croce. Siamo quindi sulla buona strada! Devo comunque ringraziare il Signore per le manifestazioni di solidarietà e affetto da parte di tanta gente semplice, oltre che dei miei fratelli vescovi. A voi tutti, cari amici, chiedo l’aiuto di una preghiera per me, i miei sacerdoti e i laici.
25mo anniversario della morte del primo vescovo di Lira. Venticinque anni fa, il 12 Ottobre 1988, moriva Mons. Cesare Asili, ugandese. Gli mancavano due settimane a compiere 20 anni di episcopato. Sull’immagine-ricordo, preparata per l’occasione ma distribuita solo il giorno del suo funerale, aveva scritto: “Andiamo avanti tutti insieme per costruire questa nostra diocesi come famiglia del popolo di Dio, e farne una vera casa in cui regnino l’amore di Dio e la carità fraterna. Manteniamo viva la fede in noi e diffondiamola dovunque!” Oggi, la sfida ѐ ancora la stessa. Ce lo ricorda Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale: “La fede ѐ dono prezioso di Dio”, da diffondere e testimoniare ovunque, in Italia come in Uganda. E’ la nostra missione. Auguriamoci a vicenda di fare tutti la nostra parte, donando amore, perdono, pace e amicizia a tutti i nostri compagni di viaggio. Pregate per me, e che il Signore vi benedica!

P. Giuseppe

mercoledì 16 ottobre 2013

Aber - anno III - seconda settimana

Celebrations

Durante quest’ultima settimana ci sono stati due anniversari importanti…il 10° anniversario della canonizzazione di San Daniele Comboni e il 51°anniversario dell’indipendenza ugandese dal protettorato britannico. Come ormai saprete (visti i post dei due anni passati) l’anniversario dell’indipendenza è il 9 Ottobre. Non abbiamo fatto grandi cose per celebrarla. La Mari ha iniziato subito: a mezzanotte e 1 minuto era già in ospedale (visto che era di guardia) con 5 traumi cranici da gestire, conseguenza dell’ennesimo incidente stradale causato da un driver che ha pensato bene di festeggiare l’indipendenza nazionale…mostrando la sua dipendenza dall’ alcool! Per quanto mi riguarda ho invece unito l’utile al dilettevole (come sempre privilegiando il dilettevole) portando una decina di ragazzi del St.Clare a casa nostra e cucinando insieme due torte per festeggiare durante la serata danzante che si sarebbe tenuta a partire dalle 8 di sera. E’ stata anche un’occasione per fare due chiacchiere su cosa fosse l’indipendenza, quando è avvenuta, da chi è stata ottenuta, se è proprio necessario festeggiarla ubriacandosi fino al coma etilico, etc.etc
Alla sera sicuramente la parte della giornata che ha dato più soddisfazione: una cena a base di pesce preparata dalla Michela! Farfalle panna e salmone, filetti di sogliola in umido accompagnati da pomodori e peperoni al formo ripieni di tonno! Il tutto innaffiato da un vinello bianco sud africano! Che dire…w l’indipendenza!
Per quanto riguarda invece i festeggiamenti per il 10° anniversario della canonizzazione di Comboni, è stato bello ritrovarsi con tanti altri membri della famiglia comboniana per un momento di ritiro e un pranzo in compagnia. Ci siamo trovati la mattina del 10 Ottobre a Ngetta (vicino Lira) e abbiamo fatto un momento di preghiera seguito da una riflessione che, visto il clima festoso, aveva proprio come tema “la gioia dell’essere missionario in St.Daniele Comboni”. Effettivamente non è sempre facile vivere serenamente il proprio essere missionario; il rimanere entusiasta della propria presenza quando a volte ci si sente poco voluti; il trovare motivazioni forti nei momenti di sconforto e fallimento. Se a questo aggiungete tutte le disgrazie che avevano colpito il Comboni durante i suoi viaggi africani (le numerose morti dei suoi compagni di viaggio, la sua situazione familiare che con i genitori anziani e ammalati diventava sempre più grave, le malattie che di tanto in tanto lo affliggevano) credo che ci sia più di un motivo per ammirare veramente quest’uomo soprattutto per la perseveranza nella sua scelta, per la radicalità delle sue idee e per la sua immensa fede.
Comboni sarebbe stato sicuramente contento di vedere un’ Uganda indipendente (visto quanto era convinto di dover passare dal protagonismo degli africani per ottenere una vera salvezza per l’Africa) ma probabilmente avrebbe usato le parole di un super eroe dei nostri giorni per richiamarli al loro dovere: “big power (o grandi libertà come quelle portate dall’indipendenza) brings big responsabilities!” (l’uomo ragno)
Ancora una volta…buon “Independence Day” Uganda con l’augurio e la speranza che Tu possa sempre considerare la tua indipendenza non come  un obiettivo raggiunto ma come un cammino da fare insieme!
PS: segnaliamo che in occasione dell’anniversario della canonizzazione di Comboni è stato lanciato un nuovo sito/blog internazionale sui laici missionari comboniani: www.lmcomboni.org 

mercoledì 9 ottobre 2013

Aber - anno III - prima settimana

Ciao, ciao mare…
In verità di mare ne abbiam visto ben poco, ma in compenso abbiam visto un mare di persone! Credo che  questo gioco di parole (sicuramente discutibile in quanto a simpatia) possa riassumere bene le nostre vacanze: poco relax ma tanti incontri e tanta condivisione…alla fine era proprio questo di cui avevamo bisogno: staccare la spina dalla quotidianità di Aber e abbracciare un po’ di parenti e amici! Chi di sfuggita, chi più assiduamente, chi solo di passaggio, chi con più tempo a disposizione, chi quasi per caso, chi invece in modo pianificato… ogni incontro è stato una possibilità per aggiornarsi a vicenda,  sorridere delle difficoltà che in ogni parte del mondo si incontrano, pianificare il futuro o, a volte, semplicemente condividere…una fiorentina che ha soddisfatto il nostro fabbisogno annuale di proteine e ferro!Purtroppo non siamo riusciti a vedere proprio tutti…perdonateci! l’anno prossimo avremo più tempo a disposizione!
Ci piaceva condividere in questo primo post del terzo anno una sensazione e una riflessione:
La sensazione è una sensazione piacevolissima di sentirsi parte di un gruppo. Nasce dall’assemblea nazionale dei laici comboniani a cui abbiamo avuto la possibilità di partecipare. E’ stata una “3 giorni” molto intensa ma assolutamente importante per fare una full immersion di combonianità e di comunità. Proprio di questo abbiamo sentito la mancanza in questo anno passato e soprattutto da quando Caterina è rientrata in Italia. Gli interventi dei relatori centrati sull’agire missionario di Gesù e su cosa intendeva il Comboni per missione nel suo “Piano di rigenerazione dell’Africa” ci hanno poi ridato fiducia e rinfrancato sul nostro modo di essere presenti qui ad Aber.
La riflessione riguarda invece gli stili di vita così diversi tra Italia e Africa. Tra le mille differenze ci piaceva soprattutto sottolineare quella legata al “fare”. La sensazione che abbiamo avuto è che, siccome in Italia abbiamo tantissimi mezzi (tecnologici, mezzi di trasporto, etc) il “poter fare” si trasformi in un “dover fare” mille cose con tanto di malessere se non si riesce a riempire ogni secondo della giornata. Un esempio banale è l’andare a fare la spesa… in Italia è un riempitivo per la mezz’ora libera che si ha tra un impegno e l’altro…qui ad Aber io devo dedicargli un’intera giornata perché devo fare 140 km tra andare e tornare e perché non posso andarci tutti i giorni. Come questo esempio ce ne sarebbero mille altri…negli ultimi giorni italiani siamo arrivati a fare la merenda a casa di alcuni amici, l’aperitivo al bar con altri e a scroccare la cena da altri ancora! Qui ad Aber, se vai a casa di qualcuno ci devi rimanere almeno mezza giornata per “ammortizzare” il tempo investito per raggiungerlo.  La speranza è che quando torneremo in Italia riusciremo a coniugare la fortuna italiana di avere molti mezzi con la ricchezza africana di non farsi angosciare e manipolare dalla frenesia.