giovedì 28 febbraio 2013

Aber - anno II - trentaduesima settimana

La festa africana...una cosa seria!

Incredibile! Non finirò mai di stupirmi (e un po' di arrabbiarmi) dei mille controsensi di questo paese...ormai abbiamo partecipato a diverse feste da quando siamo arrivati: feste di capodanno, feste di compleanno, feste per cresime/comunioni, feste per graduations, feste per salutare un catechista partente, feste di matrimonio, etc.
Quello che stupisce è che la festa, per qualunque occasione essa sia, è la cosa organizzata meglio in assoluto in Africa. Non importa se l'organizzazione dell'ospedale lascia a desiderare, fa niente se l'asilo è gestito alla carlona, pazienza se la commissione giustizia e pace non riesce a decollare perché non ci sono i soldi per fare una telefonata e informare i membri della riunione...l'importante è che i momenti di festa (in cui si appare pubblicamente come istituzione o come famiglia/clan) siano organizzati al meglio e secondo uno schema rigidissimo. Prima di addentrarci in un tipico programma di festa, lasciatemi dire che la rabbia nasce dal vedere che, quando la gente di qua vuole, sa organizzarsi e anche molto bene. Chiaro, pianificare una festa è altro rispetto a gestire un ospedale, ma dovrebbe far riflettere soprattutto la volontà di fare le cose che, nel caso dell'organizzazione di una celebrazione è altissima mentre nel caso di un servizio è spesso assente.
Comunque, per spiegarci meglio facciamo qualche esempio:
Innanzitutto la preparazione logistica e alimentare della festa...spesso sono fatte all'aperto e quindi bisogna pensare a portare le panche, i tavoli, le “tensostrutture” per fare un po' d'ombra, la musica e il sistema microfonico per i discorsi; per la preparazione del cibo poi bisogna procurare la legna per cucinare, gli ingredienti per il classico menù da festa e le immancabili sode. Tutte queste questioni che anche da noi richiedono un certo impegno e la collaborazione di tutti, qui sono ancora più complicate. Per esempio le panche le hanno solo le parrocchie e quindi bisogna cercare un truck con cui spostarle su sentieri che si perdono nel bush; per cucinare non basta accendere il gas ma bisogna andar a far legna nei giorni prima; per l'acqua non basta girare un rubinetto ma bisogna andare al pozzo e riempire molte jerikan (taniche). Non c'è problema! per tutto questo basta formare delle commissioni che si occupano delle varie questioni.
Poi il programma della festa...non importa che sia un'inaugurazione di un orfanotrofio o un compleanno tra pochi parenti e amici...la festa deve sempre avere un programma dettagliato nei minimi particolari. Immancabili sono: la preghiera, le introductions (presentazione di tutti i partecipanti), i discorsi di tutte le autorità e dei guest of honor, il mangiare, le reverenze nei confronti del/dei festeggiati.
A questo punto lasciatemi fare gli auguri al Samu, la Mari e l'Atim (nostra amica che sta trascorrendo un periodo con noi) che hanno festeggiato i loro compleanni in quest'ultima settimana e lasciate che vi descriva brevemente quanto avvenuto in quella che voleva essere un semplice, banale festicciola tra pochi intimi per i due anni del Samu. Dato che il papà e i nonni dovevano recarsi ad Aber per altre ragioni...gli proponiamo di venire il 21 così che avremmo festeggiato insieme. Il nonno e il papà erano già nei dintorni dal giorno prima, attendavamo la nonna. Verso le 16 si palesano la nonna, la zia, due vicine di casa di Otwal (?!) e svariati bimbi. Poco più tardi ecco arrivare alcuni personaggi dello staff dell'ospedale a cui era giunta voce che “sarebbe successo qualcosa verso le 16 a casa dei munu” e da ultimo bussano alla porta un paziente della chirurgia e il suo attendant a cui per sbaglio il papà del Samu aveva detto che avremmo festeggiato! Non ce ne capacitiamo, ma ormai sono lì!
All'inizio c'è un po' di imbarazzo perché manca un traduttore dato che la nostra conoscenza del lango è ancora molto precaria e i parenti del Samu non parlano inglese. Chiediamo alla Joyce di mediare perché non si può rimandare oltre il momento delle presentazioni altrimenti si sfalsa il programma. Ci si presenta un po' tutti (paziente della chirurgia e attendant compresi) e poi si passa finalmente alla torta per stemperare un po' il clima. Ma, prima di mangiare è rigorosa la preghiera da parte del padrone di casa...mi tocca! Improvviso due parole di ringraziamento sperando che possano bastare ma verrà poi fuori che si aspettavano molto di più, alcuni speravano addirittura in una Messa (!). Si mangia la torta e subito dopo la Hellen (housekeeper della Elena fedelissima alle tradizioni) va dalla Mari e gli chiede: “Adesso cosa prevede il programma?” la risposta della Mari, nota per il suo odio verso le celebrazioni, è lapidaria: “Niente!”. Nella nostra illusione infatti il momento della consegna dei regali ad un bimbo di due anni poteva avvenire in modo del tutto informale, invece no! Il festeggiato si deve sedere al centro e ancora una volta bisogna pregare e, a turno, fare i soliti discorsi! Poi ce la processione per la consegna dei doni. C'è chi porta tre galline, chi della canna da zucchero, chi delle banane, chi 2000 scellini svelando in questo caso (e qui non sto scherzando) una grande generosità. Poi si può procedere e la festa va avanti finché ancora una volta il capofamiglia fa...indovinate un po'? Un discorso di chiusura dando la possibilità ai partecipanti di congedarsi! In questo caso, devo comunque dire che, al di là di tutto, mi ha fatto piacere ringraziare soprattutto i nonni che si erano sobbarcati un viaggio non indifferente per poter essere presenti alla festa.
Ci tenevo a condividere queste riflessioni su alcuni momenti della quotidianità della vita africana perché penso che soprattutto attraverso i segreti e le usanze di questa società si possano comprendere un po' meglio le sue mancanze e le sue ricchezze, le sue povertà ma anche le sue grosse potenzialità.

mercoledì 20 febbraio 2013

Aber - anno II - trentunesima settimana

Voto...un dovere per i diritti di tutti!

Settimana scorsa, con circa dieci giorni di anticipo sulla data ufficiale delle elezioni, abbiamo votato. E' stata un'esperienza strana, per certi versi grottesca, per altri ricca di significato.
Iniziamo dalle sensazioni positive: quando dicevamo alla gente che avremmo votato per le elezioni in Italia pur stando a 5000km di distanza la loro reazione era di stupore e di invidia per il governo di un Paese che da la possibilità ai suoi “aventi diritto” di votare pur essendo lontani, per una democrazia così ben strutturata e che tiene in considerazione tutti i suoi cittadini. Il loro termine di paragone non è certo un governo esemplare ma, sarà forse perché siamo lontani dall'Italia e viviamo in un paese come l'Uganda che ci permette di apprezzare quelle libertà e quei diritti che noi ancora abbiamo (...almeno per adesso!), o forse perché da qui se ne comprende ancora di più l'importanza e ci si rende conto di quanto sia importante lottare per essi, però, almeno in parte, crediamo che abbiano ragione.
Dall'altra parte è stata però un'esperienza che possiamo definire, con un eufemismo, non proprio lineare e trasparente! In pratica funziona così: l'ambasciata invia a tutti i cittadini italiani residenti all'estero (iscritti cioè all'AIRE) una busta all'indirizzo che a loro risulta essere l'attuale residenza. Sperando che un ufficio pubblico italiano come l'ambasciata sia aggiornato sui dati e confidando nell'efficienza della posta ugandese (in pratica aveva più possibilità di avverarsi la profezia dei Maya!) le schede elettorali dovrebbero arrivare all'ufficio postale presso cui hai una P.O.Box. Così ci rechiamo a Lira e quando arriviamo in posta ci consegnano, senza chiederci nessun documento di riconoscimento, le nostre buste. Già qui si potrebbero fare delle obiezioni ma la cosa più bella è che ci danno anche la busta di Caterina (rientrata in Italia ad Ottobre scorso!). Ora, quelle buste avrebbe potuto ritirarle chiunque...la suora dell'ospedale che in buona fede poteva consegnarcele come il malintenzionato che volendo favorire un partito poteva aprirle, votare e rispedirle al posto nostro. Noi correttamente, abbiamo restituito la busta di Caterina chiedendo di rinviarla in ambasciata e abbiamo ritirato le nostre. Aprendole abbiamo scoperto di appartenere alla “Circoscrizione estero – ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide”...ANTARTIDE?!?!? allora esiste veramente! anche se, leggendo da wikipedia... Il continente non è abitato permanentemente da alcuna popolazione umana; nonostante ciò si contano, durante l'anno, tra le 1 000 e le 5 000 persone che risiedono nelle varie stazioni di ricerca scientifica sparse in tutto l'Antartide. Nel continente vivono solo piante e animali che si sono adattati al clima rigido, tra cui pinguini, foche, muschi, licheni, e molti tipi di alghe"...chissà, magari qualche pinguino o qualche foca fanno parte degli “aventi diritto”! Peraltro, probabilmente, avrebbero fatto meglio di me visto che sono riuscito incredibilmente a sbagliare pur avendo un numero limitatissimo di possibilità! Già, infatti c'erano solo quattro liste con due candidati per ognuna visto che, tutti insieme, questi quattro continenti eleggeranno un solo deputato e un solo senatore.
La votazione è avvenuta in uno strano seggio...la nostra RAV 4...tranquilli, ha i vetri oscurati quindi la segretezza del voto è garantita!
Comunque sia, bene o male, abbiamo votato e abbiamo inserito le nostre schede in una busta bianca preaffrancata (almeno quello!) anonima e indirizzata all'ambasciata. Se il tutto arriverà negli uffici di Kampala entro il 22 Febbraio allora il nostro diritto/dovere sarà andato a buon fine!Speriamo bene!
Tornando seri però, credo che sia veramente importante il voto di tutti e di ciascuno. Forse i nostri nonni la comprendevano meglio questa importanza perché avevano vissuto periodi molto bui. Noi, nuove generazioni, a volte non riflettiamo abbastanza su un diritto che abbiamo o una libertà che, chi ci ha preceduto, ci permette di vivere nella quotidianità. Qui non è così. Come più volte detto non c'è il diritto allo studio garantito per tutti, non c'è la libertà (soprattutto per la donna) di vivere la propria vita; non c'è il diritto alle cure mediche, non c'è la libertà di pensiero, non c'è la forza per lottare contro la corruzione, non c'è il coraggio di alzare la testa per il bene di tutti. Forse ci sono sulla carta, ma nella realtà sono troppi i vincoli culturali, le paure del ritorno di un recente, orribile, passato e i condizionamenti sociali per parlare di reale esistenza di diritti e libertà. NON DIAMO PER SCONTATE ED ETERNE queste cose, non assecondiamo chi, in politica, non sa far altro che battute per far sembrare che tutto vada bene e che l'Italia è un paese “al sicuro” da certi problemi. Facciamo la nostra parte, piccola o grande che sia, per difendere ciò che ancora abbiamo.
Ci potranno restituire qualche briciola come, per esempio, i soldi di una tassa già pagata ma se si prendono la pagnotta dei diritti e delle libertà poi sarà molto difficile farsela restituire!

mercoledì 13 febbraio 2013

Aber - anno II - trentesima settimana

il giro di boa...

Ebbene sì, siamo arrivati a metà della nostra esperienza. Un anno e mezzo alle nostre spalle, un anno e mezzo ancora davanti a noi. Il tempo presente che a volte fa ancora fatica a passare, e il tempo passato che è già volato: ormai siamo giunti alla virata di metà regata; il lato di bolina è passato, davanti a noi il lato di poppa. Il lato di bolina è il più tecnico, quello in cui bisogna capire bene come direzionare le vele per sfruttare il vento. Tutti sanno la teoria, sembra facile, basta mettere la vela il più perpendicolare possibile al vento...ma poi nella pratica, non sempre ci si riesce. E quindi arrivano le difficoltà, non si riesce a seguire la rotta ipotizzata, a volte sembra quasi di fermarsi perché non si riesce più a sentire il vento che ci spinge. A volte si rischia di strappare le vele...e li sarebbe la fine. A volte ancora si pensa come sarebbe più facile invertire...si avrebbe il vento in poppa subito e la navigazione sarebbe più tranquilla. Ma la boa di virata è ancora là, lontana. Poi improvvisamente arriva...anche la virata è un momento delicato...bisogna cazzare la randa (...e ho detto tutto!). Poi il lato di poppa: sembra il più facile e il più veloce da percorrere: il vento nelle vele, il traguardo la in fondo. Eppure anche questo nasconde le sue insidie...la maggior parte dei ribaltamenti delle imbarcazioni avviene proprio in questo lato di regata. Forse si sottovaluta la cosa, forse ci si sente ormai sicuri e arrivati, forse non si ha più voglia di fare grandi manovre...mi siedo comodo e aspetto che il vento mi porti. Così facendo purtroppo spesso si perde tutto quanto si è fatto nel lato di bolina, tutto quanto si è costruito con fatica.
E poi c'è sempre l'incognita del mare in cui si sta navigando che, per quanto esperti marinai ci si possa sentire, non lo conosciamo mai abbastanza.
In realtà non sono un appassionato di vela (anzi ci capisco abbastanza poco). E' dai tempi di Luna Rossa (ricordate?) che non seguo più una gara...però da geologo (e soprattutto da cristiano) sono certo che quando si è in mare il vento c'è sempre. A volte più debole, a volte più forte, ma c'è sempre.
Questo è il nostro compito: cercare il vento! perché è il vento, è lo spirito che soffia che ci fa andare e bisogna sempre ricercarne il più possibile.
...e ricordate (come mi suggeriva una persona che è in un momento non facile della sua regata) che:”Non c'è vento propizio per il marinaio che non ha ancora scelto la rotta”...quindi l'importante è avere il coraggio di scegliere poi il vento inizia a soffiare.
E allora...buona navigazione a tutti voi equipaggi che siete impegnati nei vostri mari, in qualunque punto della regata vi troviate
con affetto...ciurma Piccio!

martedì 5 febbraio 2013

Aber - anno II - ventinovesima settimana

Oratorio estivo...all'ugandese!
 
Venerdì scorso sono stato invitato a partecipare alla festa conclusiva di quello che possiamo definire un oratorio estivo all'ugandese.
Le diversità con i nostri Gr.Est non mancano ma sicuramente lo spirito e l'entusiasmo che si respiravano mi hanno fatto tornare indietro (con un filo di malinconia) alle belle esperienze vissute all'oratorio San Giovanni di Rho, al centro giovani di Parma insieme agli amici del “Gruppo scuola” o ancora con i ragazzi della metropoli milanese presso l'oratorio Sant'Angela Merici.
La promotrice di questa esperienza giunta al suo terzo anno di vita è suor Maria, comboniana della comunità di Ngetta (Lira).
La prima differenza con i nostri oratori estivi è certamente il periodo in cui si svolgono...qui le scuole chiudono da inizio dicembre a fine gennaio, quindi sono questi i due mesi in cui i ragazzi hanno bisogno di un posto in cui trovare persone che si interessano a loro e che gli propongono attività creative, divertenti, educative!
La seconda differenza è che qui i ragazzi, venendo anche da lontano e dovendo fronteggiare le mille difficoltà nell'effettuare gli spostamenti, vivono per tutti i due mesi (con una pausa per i giorni di Natale) all'interno del centro in cui si svolge il campo giovani.
Un'ulteriore diversità sta nel fatto che, non esistendo (o esistendo solo in modo molto limitato) il concetto di volontariato, non sono gli adolescenti a prendersi cura dei più piccoli ma è un team di insegnati che, durante le loro ferie, lavorano in questo centro. Per quanto mi riguarda ho sempre ritenuto un valore aggiunto dei nostri oratori estivi il fatto che fossero i ragazzi delle superiori a mettersi a disposizione dei più piccoli in maniera gratuita anche perché, il più delle volte, erano proprio loro quelli che ricevevano di più da questa esperienza sia in termini di divertimento sia in termini di educazione. Spero che un giorno si riesca anche qui a fare questo tipo di esperienza soprattutto per far provare sulla propria pelle fin da giovani che con il volontariato è più quello che si riceve di quello che si da.
Anche la tipologia di ragazzi a cui è rivolta questa proposta è diversa da quella a cui siamo abituati noi. Qui i destinatari sono ragazzi orfani e per la maggior parte HIV positivi. Infatti queste attività rientrano in un progetto più ampio di attenzione e cura di questa parte vulnerabile della popolazione.
La festa è stata molto bella...i ragazzi (più di 300!) di età compresa tra i sei e i diciotto anni erano ospitati presso una scuola protestante (ulteriore elemento molto significativo viste le difficoltà di convivenza e collaborazione tra le sue varie confessioni che spesso la chiesa cristiana incontra da queste parti).
Si sono esibiti in balli, canti, recite e hanno esposto i loro lavori creativi.
Differenze e somiglianze a parte, la cosa più bella è stata proprio osservare come in qualunque contesto, in ogni cultura, con qualsiasi sfida socio-educativa da affrontare...la gioia dei ragazzi è sempre la stessa. Il bisogno insito di avere persone che si prendono cura di te e che ti aiutano a crescere è identica in ogni parte del mondo!
Un grosso grazie va a suor Maria che ha avuto il coraggio e la visione profetica di fare una proposta che si è rivelata essere molto apprezzata e sicuramente importante per questi ragazzi.
Vorrei finire questo post con una proposta...perché non far fare un'esperienza ai nostri educatori degli oratori feriali o delle nostre associazioni-cooperative durante le loro vacanze natalizie dell'anno prossimo? Potrebbe essere molto arricchente per entrambe le parti!
Per ingolosirvi un po' potete guardare l'album "grest" nelle Piccio-foto