“aggiungi
un posto a tavola”, “indovina chi viene a cena”, “la pedagogia del vivere con
la porta aperta” questi e mille altri modi di dire o teorie sono stati usati per
affrontare la tematica dell’ospitalità in diversi periodi e in diversi contesti.
Già in passato avevamo sottolineato come i 9 mesi di vita nella comunità di
famiglie di Cascina Castellazzo avesse ricoperto un ruolo molto importante
nella formazione pre-partenza, ma in questo Agosto ce ne stiamo rendendo
particolarmente conto. Agosto, essendo periodo di ferie in Italia, è
chiaramente un mese di vai e vieni più intenso ma, in realtà, quella
dell’ospitalità è una parte costante e fondamentale della nostra esperienza di
missione. Chiaramente le finalità delle
visite della gente che passa sono le più diverse ma il nostro obiettivo ultimo
rimane lo stesso: condividere la nostra esperienza cercando di favorire il più
possibile l’incontro con l’Africa e, nello specifico, con Aber.
Così si
sono succedute persone che avevano i più diversi tipi di rapporti con noi:
amici, amici di amici, conoscenti, amici di conoscenti, conoscenti di
conoscenti, guests of honor fino ad
arrivare ai perfetti sconosciuti.
C’è da
dire che ogni tipo di visita lascia qualcosa. E non è un luogo comune.
Sicuramente alcune sono più stancanti, altre più rilassanti ma tutte ti aiutano
a riflettere ancora una volta su ciò che stai vivendo e sulle motivazioni che
ti spingono a rimanere qui. Inoltre, ti danno comunque la possibilità di vedere
le cose con un occhio diverso e di chi, sicuramente, è meno condizionato dalle
stanchezze, dalle delusioni o, al contrario, dal coinvolgimento e da alcune
presunte certezze frutto dello stare qui da un po’ di tempo.
A parte
gli amici e alcuni conoscenti il cui arrivo era preventivato e desiderato,
altre persone sono state invece più impreviste! Ecco allora che ti può capitare
di ospitare un vescovo a dormire per una notte, oppure gli allenatori
dell’Inter, o ancora dieci persone che ti telefonano la mattina informandoti
del loro arrivo imminente per visitare l’ospedale e il St.Clare…vuoi non
invitarle a rimanere per pranzo? O un altro gruppo che si ferma perché di
passaggio per andare a Gulu…benvenuti!
Un episodio
curioso è stata la visita di una coppia di Svedesi. Ero in casa quando sento
bussare alla porta…vado ad aprire e c’è il cleaner dell’ospedale che invita
questa coppia di ragazzi ad entrare in casa nostra e utilizzare il nostro
bagno! Nel frattempo arriva Maria Grazia “ciao Mari, non entrare nel bagno in
fondo che è occupato da una ragazza svedese!” “ vabbè. Già che siete qui
sedetevi un attimo, prendete qualcosa da bere e facciamo due chiacchiere!”
Il
flusso di persone è talmente continuo (se, oltre ai bianchi, si considerano
anche i locali) che non puoi permetterti di distrarti un attimo… l’altro giorno
me ne stavo seduto bello tranquillo sull’uscio di casa dando le spalle alla
porta quando sento qualcuno uscire dicendo “grazie, ho finito”…era un uomo
sconosciuto che usciva in accappatoio da casa mia!
Fortunatamente
la porta aperta oltre a far entrare permette anche di uscire e così lasciatemi
ringraziare anche chi, ospite tra le nostre mura o vicino di casa, ha
alleggerito la nostra permanenza con babysitteraggi o subendosi i nostri sfoghi
e le nostre stanchezze.
E allora
che sia “Apwoio bino” oppure “yes you are welcome, come in, the door is open” o
ancora “vieni, vieni, la porta è aperta!” la sfida dell’ospitalità è sempre
attuale ma forse ne vale la pena perché “alcuni, praticandola, hanno accolto
degli angeli senza saperlo” (Eb 13:2)
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