martedì 27 dicembre 2011

Aber - diciannovesima settimana

...Natale o Ferragosto?...

Non credo che sia solo a causa del gran caldo che ieri mi è sembrato più un ferragosto che un Natale.
E lo dice una a cui del clima natalizio, a parte il panettone, piace ben poco altro....
Ma la nostalgia di casa c'era, eccome...ma come si dice abbiamo voluto la bicicletta...
Certo a casa c'è chi la bicicletta non la voleva, ma ora deve pedalare lo stesso, e per questo siamo grati.
I segni che abbiamo vissuto in questo Natale li abbiamo vissuti con più essenzialità e con più intensità.
I regali erano pochi e semplici.
Gli invitati a pranzo fino a pochi mesi fa degli sconosciuti, ma oggi condividono con noi questo pezzo di strada, o meglio potrei dire che si sono trovati con noi a questo crocicchio: e questo è un buon motivo per festeggiare.
La visita del pomeriggio alle suore di Aboke è stato un piacevole bagno di italianità e combonianità (bambini viziati e coccolati per un paio d'ore da suore/nonne/zie e merenda a base di cassata: non proprio tipico, ma vista la temperatura...).
La messa della vigilia in ospedale non era colorata e piena di canti, ma alla fine abbiamo fatto la benedizione di tutti i bambini ricoverati, anche di Emmanuel che poi questa notte è morto ed ha smesso di soffrire per essere nella gioia eterna insieme a Colui che forse capisce meglio di me cosa succeda qui.
Dimenticavo: il giorno di Natale l'ho iniziato in sala operatoria, mettendo al mondo due gemelle, rubando alla loro mamma quel primo attimo, quel primo respiro, quel primo raggio di luce artificiale. Prestando le mie mani perché siano le prime mani a toccarle in un contesto che di poetico e romantico ha ben poco, ma mi consola per tutti gli ultimi respiri e ultimi attimi che ogni giorno mi sento passare tra queste stesse mani.
Anche di questo dono mi sento di essere grata oggi.

venerdì 23 dicembre 2011

Aber - Natale special post

Che cos'è il Natale?
Quest'anno ci stiamo accingendo a vivere un Natale un po' diverso dai precedenti...ma pur sempre un Natale. Già, è proprio questa osservazione che ci ha condotto ad alcune riflessioni che ora ci piace condividere con voi. Pur essendo a 10000km di distanza, domenica prossima, il 25 Dicembre, sarà Natale a Rho e sarà Natale ad Aber, ma sarà Natale anche in tutto il resto del mondo. Guardandoci intorno, vediamo così tante differenze, eppure, se Natale è Natale per tutti, ci deve essere qualcosa che accomuna la Buona Notizia Ugandese a quella Italiana. Come spesso accade, quando bisogna trovare cosa c'è in comune tra due realtà in apparenza molto diverse (siano persone, luoghi, avvenimenti), bisogna scavare, bisogna arrivare all'essenziale...a ciò che è invisibile agli occhi!
E allora ecco che il Natale non sono certo le strade piene di luci di mille colori! Qui in Africa non c'è neanche la corrente e alle 7 di sera è già buio...se questo fosse il Natale in Uganda non ci sarebbe.
Il Natale non sono neanche gli abeti addobbati di palline, stelline e qualche cioccolatino. No! In Africa non ci sono abeti e i soldi per comprare gli addobbi, chi li ha, li usa per comprare qualche medicina al proprio figlio o per pagare le tasse della scuola...e poi il cioccolato?...al limite una patata dolce o un mango!
Ci sono...il Natale sono le vacanze dalla scuola! Neanche questo, qui le scuole sono chiuse dal primo Dicembre al 31 Gennaio e non certo per il Natale ma perchè fa troppo caldo! Già il Natale non è neanche la neve o il freddo, qui ci sono 30 gradi!
Allora il Natale è il cenone del 24 e i regali del 25? Beh, forse ci stiamo avvicinando, però dobbiamo chiarire un po' cosa si intende per cenone e per regalo...anche qui la gente si sforza perchè il Natale sia un giorno speciale. Magari lavora di più i giorni prima per avere un po' più di fagioli a tavola, magari mette da parte un po' di soldi per comprare una soda (una fanta o una pepsi) insomma anche qui la gente cerca di far sentire quanto vuol bene a chi gli sta accanto. Ecco, questa è una prima definizione del Natale, in questo senso un regalo o un gesto di amore possono rappresentare il Natale. D'altra parte proprio Gesù è stato il primo a farci sentire quanto ci vuol bene e quanto è bello sentirsi amati.
Stando a contatto con questa gente a volte ti chiedi come facciano a sentirsi amati da Gesù...la loro è una vita di sacrifici, di sofferenze passate e presenti, spesso di dolore, sicuramente di ingiustizie. Poi, ripensando all'Italia, ci viene in mente che, purtroppo, anche lì c'è tanta gente che soffre, che è vittima di ingiustizie, che è costretta a fare sacrifici tutti i giorni e allora...ecco un altro punto in comune. Ma cosa centra il Natale con tutto questo? Il Natale è la speranza che sta dietro a queste cose tristi, perchè se Gesù ci ha amati e ci ama, queste sofferenze non sono certo volute da Lui, siamo noi uomini che le creiamo. Anzi il Natale è la certezza che se, con il Suo aiuto, iniziamo a cambiare, non dico diventiamo Santi, ma iniziamo a correggere quel piccolo difetto che ognuno di noi sa di avere, piano piano ciò che accomunerà l'Italia all'Uganda e a tutti i gli altri paesi del mondo potranno essere la pace e la giustizia. Se queste sono le cose che saranno presenti dappertutto, questo sarà il Natale.
La brutta notizia o, meglio, ciò che è più difficile è che non basterà cambiare per il solo giorno del 25 Dicembre, ma bisognerà fare in modo che sia Natale tutti i giorni, altrimenti non sarà Natale mai.

Ringraziandovi per la vicinanza che molti di voi ci fanno sentire, vogliamo fare i migliori auguri a tutti e a ciascuno di voi...Buon Natale di amore donato e ricevuto, buon Natale di speranze, buon Natale di certezze, buon Natale di cambiamenti (piccoli o grandi che siano), buon Natale di pace, buon Natale di giustizia.

Marco, Maria Grazia e Francesco

martedì 20 dicembre 2011

Aber - diciottesima settimana

Fine anno...tempo di resoconti! Ecco il nostro a poco più di quattro mesi dal nostro arrivo:

Mari: dopo essere stata in medicina per circa un mese, si è spostata in pediatria. Da allora è iniziata la quotidiana lotta per cercare di risistemare un reparto allo sbando, per cercare di fare il meglio con ciò che si ha. In modo particolare per cercare di far capire alle infermiere l'importanza dell'impegno e della professionalità soprattutto quando hai a che fare con bimbi malati tra gli zero e i cinque anni. I ritmi sono molto serrati, le guardie sono frequentissime (un giorno sì e un giorno no) perchè sta affiancando Caterina per fare ancora un po' di pratica con i cesarei. Oltre al reparto c'è poi la nutrition Unit. Purtroppo sono molti i bimbi malnutriti e purtroppo l'ospedale non ha neanche i soldi per comprare il carbone (naturalmente il gas non c'è) per cucinare per i bimbi! (forti dubbi sulla gestione economica dell'ospedale).

Marco:
  • Orfanotrofio: ho conosciuto i ragazzi, con alcuni di loro si è creato un bel rapporto. Ho somministrato un questionario con il duplice obiettivo di conoscerli meglio e di sondare quali attività gli piacerebbe fare. Nella pausa dicembre-gennaio stiamo cercando di organizzarle. Ecco le attività che hanno riscontrato maggior successo: guardare film, avere una piccola biblioteca, ricevere il giornale, corso computer, corso fotografia, giochi da tavolo, pen-friends, tornei sportivi, piccole gite, dopo-scuola, corso di recitazione, corso di musica. Si sta cercando di coinvolgere anche volontari della parrocchia.
  • JPC (Justice and Peace Commission): abbiamo girato le varie zone (la parrocchia è suddivisa in zone) per spiegare di cosa si tratta e costituire le commissioni locali. Ora dobbiamo iniziare a capire che tipo di attività proporre e come coinvolgere la gente.
  • Pastorale della famiglia: introdotto nel gruppo dei coordinatori, stiamo peparando dei workshop per coppie sposate che si terranno a partire da gennaio. Inoltre stiamo cercando di organizzare incontri di condivisione tra famiglie partendo dalla lettura della Bibbia.               
  • Social communicator: continua la collaborazione con un giornalista per incontrare più da vicino la società e per dargli qualche dritta sull'uso della macchina fotografica e del computer per scrivere gli articoli e inviarli in redazione (prima li dettava per telefono!)
  • Asilo: insieme al parroco stiamo pensando come organizzare l'asilo per l'anno prossimo (quello passato era il primo anno dell'asilo parrocchiale): giochi, divisione in classi, arredi.
Franci: ha tolto il pannolino (da una settimana anche di notte); a tavola è seduto su una sedia normale e non più sul seggiolino; ha abbandonato il biberon; dorme in un letto come i grandi; parla pure troppo; sta imparando a sopravvivere tra insetti, bestie e folle di bambini che si accaniscono sui suoi capelli. Obiettivi per il futuro: togliere il ciuccio!

Tutti:
  • abbiamo partecipato a due incontri con gli altri membri della famiglia comboniana presenti nella diocesi di Lira (padri, fratelli, suore, secolari, laici)
  • abbiamo partecipato al primo incontro continentale africano di laici missionari comboniani a Layibi/Gulu
  • stiamo cercando faticosamente di imparare la lingua!
Ok, per ora è tutto, ci rivediamo per lo special-post di Natale!

lunedì 19 dicembre 2011

Il rispostone...

OK...stop alle telefonate!!! abbiamo il vincitore! trattasi di pianta del cotone. Alcuni che conoscono la vincitrice potrebbero obiettare che c'è dell'irregolare dato che sarebbe stato come chiedere ad un pugliese di riconoscere un piatto di orecchiette con le cime di rapa o chiedere ad un milanese la ricetta della cassoeula! Infatti la vincitrice diciamo, per usare un eufemismo, che conosce molto bene l'Uganda!
Comunque il mistero è risolto...la vincitrice avrà una maglietta...naturalmente di cotone ugandese!

mercoledì 14 dicembre 2011

Il domandone

 Faccio finta di credere che la vostra sia una richiesta lecita e non piuttosto una scusa perchè non sapete che pesci prendere e pubblico anche la foto della pianta. E per i più pignoli...










...ecco anche Francesco che fa da "scala" per capire le dimensioni della pianta. Beh più di così!!! So che speravate di vedere nella foto allargata anche un frutto di questa pianta, ma vi è andata male! 

martedì 13 dicembre 2011

Aber - diciassettesima settimana

Come promesso, questa settimana viene "pubblicata" la prima rubrica tenuta dal Franci. Chiaramente non potevamo che iniziare dai "giochi ugandesi"! A fianco trovate il link da cliccare per visualizzare la presentazione. Buona visione!

PS: il file è in formato odp, non so se il normale power point lo apre; se così non fosse è l'occasione buona per scaricare "open office"...w il software libero! anche questo è missionario!

giovedì 8 dicembre 2011

Aber - sedicesima settimana

"La vita è una ruota che gira"...e in Africa questa ruota sembra essere veramente piccola. Un po' perchè, purtroppo, le vite troppo spesso sono molto brevi, un po' perchè ogni giorno è uguale a sè stesso e tutto sembra riaccadere nello stesso modo in cui è accaduto il giorno precedente. Le stagioni non esistono, il tempo sembra veramente essere disposto su una circonferenza e non su una retta. Questa ruota ha la circonferenza lunga 24 ore. Questa, anche se può sembrare assurdo, è, a nostro avviso, una delle ragioni per cui la gente stenta a credere che le cose possano cambiare, questa è una delle ragioni che sta alla base della rassegnazione che sembra spesso avere la meglio. Oltre al tempo che non cambia mai, un'altra ragione di monotonia è l'assenza di svaghi, la mancanza di possibilità di uscire dal villaggio. Questa ciclicità chiusa su se stessa nel tempo e nello spazio è veramente causa di appiattimento.  La mancanza di passioni fa si che tutto sia uguale e che non valga la pena impegnarsi in niente...che sia uno svago o il lavoro. La gente non sembra credere di avere in mano la propria vita, il proprio futuro.
Queste considerazioni un po' tristi, ci portano a credere che, soprattutto in questo momento, ciò che siamo chiamati a fare è dire che le cose possono andare diversamente, è accendere quella scintilla che possa generare il fuoco del cambiamento di cui solo loro possono essere protagonisti.

PS1: Forza, rispondete con dei commenti alla domanda che sta appassionando l'Italia...a che pianta si riferiscono le foto del precedente post? la risposta l'avrete settimana prossima...al vincitore ricchi premi!
PS2: settimana prossima basta "post pacco" ma ci sarà la pubblicazione della prima puntata de:"le rubriche del Franci" dal titolo "come giocano i bambini in Uganda?"

domenica 4 dicembre 2011

Ecco qui un indovinello per gli appasionati di botanica (in particolare mia suocera Enza e mia cognata Elena): che pianta è questa nella foto?


La risposta sul prossimo post...

giovedì 1 dicembre 2011

Aber - da Caterina

Al seguente link potete leggere una breve testimonianza di Caterina, LMC di Brescia con cui stiamo condividendo la nostra esperienza:
http://www.comboni.org//contenuto/view/id/105797

Aber - quindicesima settimana

...Oliver...

Oliver, nonostante il suo nome, è una bambina. Ha 5 anni.
E' stata ricoverata per la prima volta circa un mese fa in pediatria. Era una delle pazienti più anziane del reparto (qui in pediatria si ricovera da 0 a 5 anni, poi si diventa adulti!).
Era sempre debole e non migliorava con le cure, non so perché.
Con lei c'era la sua mamma che aveva una pancia enorme, con dentro un fratellino. Una mattina accanto al letto c'era la nonna che ci ha spiegato che il fratellino era nato e che ora Oliver stava meglio, e che comunque dovevano andare a casa perché c'era il neonato a cui pensare ed anche un altro fratello (più piccolo di Oliver) a cui badare.
Io mio malgrado ho compreso la situazione e ho dimesso la mia piccola paziente.
La settimana scorsa Oliver è tornata, più debole di prima, con la sua mamma, il fratellino neonato e il papà.
Nelle due settimane in cui era rimasta a casa non era mai stata bene, anzi era sempre peggiorata, ma loro non avevano avuto tempo per lei fino ad ora.
O meglio avevano avuto tempo solo per portarla dallo Stregone (“traditional healer” per essere politically correct) che le aveva praticato tanti taglietti sull'addome in condizioni igieniche che non voglio immaginare e senza ottenere ovviamente alcun miglioramento, ma spendendo 70000 o 80000 USH (un ricovero anche lungo difficilmente costa più di 50000). Loro ovviamente negavano tutto.
Dopo un solo giorno di ricovero il padre mi disse che visto che non c'era miglioramento volevano andare a casa per fare una preghiera e poi sarebbero tornati.
Forse si aspettavano che io sapessi fare i miracoli!
Io ho risposto di no perché si poteva vedere dal corpo di Oliver che genere di preghiere erano soliti fare. Non so cosa gli sia stato tradotto, ma credo che abbia capito il mio inglese.
In tutto questo la mamma stava in disparte, con occhi sempre più sgranati e sempre più preoccupati, senza il diritto di esprimere il proprio parere o la propria preoccupazione. Già, perché qui i figli appartengono al padre, al clan del padre, quindi chi ha diritto di decidere per il bambino sono il padre, gli zii paterni, la nonna paterna. La madre mai.
Infine ho deciso di trasferire Oliver a Lacor: forse perché lì sanno fare i miracoli, sicuramente perché hanno più mezzi di me, soprattutto perché sapevo che il padre non si fidava di me e qualsiasi cosa avessi fatto avrebbe cercato ogni giorno di far dimettere la bambina per tornare dal traditional healer.
Appena ha saputo del trasferimento il padre ha ordinato alla moglie di andare da conoscenti che si trovavano ad Atapara Corner (otre 2 Km da qui) per procurarsi un po' di soldi in vista del ricovero a Lacor.
Così lei si è caricata il neonato sulle spalle e ha camminato scalza per oltre 5 Km: questo sì ha diritto di farlo.

martedì 22 novembre 2011

Aber - quattordicesima settimana

TV E AUTOMOBILI

Nella nostra casa qui ad Aber abbiamo una TV speciale in cucina, che è consentito guardare anche a cena. Questa TV funziona solo dopo le 7 di sera, quando fuori è buio ed in casa si accende la luce.
Allora una miriade di creature sorprendenti dà il via alla programmazione serale!
Si tratta della zanzariera della finestra in cucina. Per prime arrivano le falene, poi è la volta delle lucciole seguite dalle cavallette. Talvolta arriva anche la mantide. Ma per ultimo arriva l'eroe preferito di Francesco: il geco. Lo si vede fermo immobile, che pare uno di quelli con la ventosa da attaccare ai vetri, poi tutto a un tratto fa uno scatto e la povera falena di turno ha appena il tempo di sbattere un'ultima volta le ali prima di scomparire nella sua bocca.
A quel punto il Fra è in visibilio. Il geco è diventato un suo idolo al punto che l'altra sera ha tentato di emularlo mangiando anche lui una falena! (per le nonne: non preoccupatevi, non sembra che Francesco abbia riportato gravi conseguenze).
Qualche giorno fa, guardando “la nostra TV”, Marco mi dice:
“Guada! Sta passando una macchina!”
Io mi sono affacciata in fretta, ma non l'ho vista.
“No, ti sei sbagliato. Sarà stata la torcia di qualcuno a piedi” faccio io.
“No no: era una macchina”
“Ma intendi un'automobile?”
“Si si!”
“Ma se non c'è neanche una strada lì!”
“Eppure era una macchina!”
Ci guardiamo. Io mi metto a ridere.
E' la prima volta che trovo del tutto improbabile vedere un'automobile dalla finestra di casa.

martedì 15 novembre 2011

Aber - tredicesima settimana

Sabato e domenica siamo stati ad Angal, nella regione del West Nile. Qui sei anni fa avevamo fatto un'esperienza di un mese, qui sei anni fa, mentre stavamo prendendo il bus per tornare a Kampala e da lì in Italia, un anziano sconosciuto ci diceva:"Doctors, You will come back".
Beh, sabato siamo tornati proprio ad Angal per rivedere il villaggio, ma soprattutto per rivedere Mario e Claudia: due persone molto importanti per noi. Due persone che ormai da più di quarant'anni si impegnano per l'Africa, sia stando fisicamente in Uganda che stando in Italia e cercando di parlare il più possibile di ciò che hanno visto e vissuto (http://www.amicidiangal.org)
Per arrivarci bisogna costeggiare il parco nazionale delle Murchison falls: è una strada stupenda lunga più di 150km; è la strada stessa che fa da recinto al parco e non ci sono altre barriere, quindi bisogna stare attenti agli animali che attraversano: babbuini, scimmie, antilopi; ma in lontananza puoi avere la fortuna di vedere anche giraffe, elefanti, bufali. Poi si arriva a Pakwach dove c'è il ponte sul Nilo: attraversare questo fiume dà sempre emozioni forti! Veramente l'Uganda si merita il titolo di "perla d'Africa".
Proprio qui alle Marchison falls (http://www.murchisonfallsnationalpark.com/), in questo posto incantevole, in cui le acque del Nilo passano per una stretta gola formando cascate mozzafiato, proprio qui arrivarono i romani circa duemila anni fa e proprio qui, pare, decisero di fermarsi.   

martedì 8 novembre 2011

Aber - dodicesima settimana

Dall'ospedale:
Non so come si chiama la mamma di Isaac.
Io la chiamavo semplicemente “Mama Isaac”, come si usa fare qui.
L'ho conosciuta una mattina, circa un mese fa, quando seduta nella “procedure room” della pediatria teneva in braccio Isaac appunto, un fagottino riccioluto di quattro mesi che aveva le convulsioni subentranti da un'ora o forse più mentre i “miei” infermieri lo guardavano dicendo: “Si si! Ora si vede proprio che sono convulsioni...”.
Mama Isaac non diceva una parola, non fiatava neanche, ma io sentivo che stava pregando.
E sicuramente è stato questo a mantenere Isaac in vita. Non sicuramente le mie urla contro gli infermieri che non stavano facendo niente, né le cannule di Mayo pediatriche che ho recuperato in maternità, né le fiale di diazepam e di idrocortisone e neanche le quintalate di antibiotici e chinino che gli ho somministrato.
Man mano che passavano i giorni e Isaac lentamente, molto lentamente, migliorava lei iniziava a sorridere. Non abbiamo mai potuto scambiare molte parole, ma io so che lei mi capiva anche se parlavo in inglese.
Il giorno in cui i “muno” (i bianchi, gli italiani) sono venuti a visitare il reparto è stata lei a organizzare le altre mamme per fare un canto di accoglienza: perché lei era la “mamma senior” e doveva coordinare tutte le altre; ma soprattutto perché anche quella mattina Isaac era vivo e questo era un buon motivo per lodare Dio.
Dall'orfanotrofio:
A volte sono i piccoli gesti inaspettati che ti suggeriscono cose importanti. Da quando siamo arrivati, cerchiamo di andare a messa quasi tutte le mattine alternandoci un giorno io e un giorno la Mari. In modo particolare io ci tengo ad andare il sabato mattina perchè la messa è partecipata e in parte un po' animata dai ragazzi dell'orfanotrofio. E' un bel momento da vivere con loro. Così sabato scorso suona la sveglia alle 6:30; apro gli occhi (e soprattutto le orecchie) e sento che fuori sta piovendo. La voglia di alzarsi diminuisce, quasi si azzera, però decido di alzarmi e andare...infondo io ho gli stivali, l'ombrello e la chiesa non dista più di 200 metri da casa nostra. "Sicuramente i ragazzi non ci saranno - penso - però voglio andare comunque". Arrivo in chiesa ed effettivamente i ragazzi non ci sono. Il mio inguaribile pregiudizio è già pronto a condannare:"quei pigroni hanno subito trovato la scusa per non venire". Poi effettivamente penso che sotto quella pioggia torrenziale è difficile per loro raggiungere la chiesa, in modo particolare da quando li hanno messi nel nuovo edificio a un chilometro di distanza. Non ho ancora finito di fare tutte le mie congetture, che ecco entrare in chiesa un gruppetto di 4/5 ragazze dell'orfanotrofio: senza ombrello naturalmente (NB: la strada per l'orfanotrofio non offre nessun tipo di riparo), a piedi nudi, con in testa un velo fradicio come unica protezione, tutte infreddolite. E dopo un po' ancora arriva un altro gruppetto e poi ancora un altro. Fuori continua a piovere, le strade sono degli acquitrini fangosi...gli ultimi arrivano alla comunione, ma ci sono! Dopo la messa mi fermo a parlare con loro, a ringraziarli perchè la loro presenza, in modo particolare in questo piovoso sabato mattina, era stata importante. Sta ancora piovendo e si preparano a tornare a casa. "Andate sotto la pioggia?" chiedo io ingenuamente. "Yes, no problem, do you fear the rain?"
Questa risposta mi ha fatto molto pensare. Da una parte mi viene una riflessione sul mio vissuto personale, dall'altra l'ennesima riflessione sulle contraddizioni di questo mondo. Personalmente mi vergogno per tutte le scuse che trovo quando non voglio fare qualcosa. Come è facile assecondare la pigrizia, quante "pioggie" si frappongono tra me e le tante cose che ci sarebbero da fare. Dall'altra mi viene da pensare che se questa gente fosse altrettanto pronta a sfidare la pioggia per andare a lavorare come lo è per andare a messa, forse sarebbe meglio. Spesso capita che in ospedale il personale non si presenta perchè piove e improvvisamente sono loro ad avere paura della pioggia. E allora, magari per cose diverse, ma in Italia come in Africa, sarebbe opportuno chiedersi un po' più spesso "do you really fear the rain?"
Da Francesco...per tutti i bimbi (ma non solo!):
ciao...ecco una canzoncina che mi piace tanto in questo periodo e che vorrei condividere con voi: La tartaruga (cliccateci sopra!) dite ai grandi che una delle differenze maggiori tra l'Africa e l'Italia sono i ritmi e la velocità e questa canzone parla proprio di questo. La tartaruga andando troppo veloce fa un incidente contro un muro ed è costretta a rallentare e solo così trova la felicità: carote e gelato che andando troppo forte non aveva mai notato. La tartaruga, lenta com'è, afferra al volo la fortuna quando c'è, dietro una foglia, lungo la via, trova là per là la felicità...ditelo ai grandi!
Un bacino a tutti!

giovedì 3 novembre 2011

Aber - undicesima settimana

Questa settimana, volevamo condividere la "fredda cronaca" (per usare una celebre espressione di un profeta degli anni '90 che i più affezionati di voi a "mai dire gol" certamente ricorderanno!) dello scorso weekend. Siamo partiti venerdì per andare a Moyo a trovare una suora che gestisce una babies home (orfanotrofio per bimbi 0-6 anni). E' un paradiso terrestre a 3 chilometri dal confine col Sud-Sudan, ma per arrivarci bisogna passare attraverso l'inferno...160 km di strada sterrata che nella stagione delle piogge forma delle voragini in cui inevitabilmente vengono risucchiati i TIR diretti e provenienti dal vicini stato sudanese. Già, è l'unica strada di comunicazione tra le due nazioni! Anche noi ci siamo inevitabilmente imbattuti in questi disagi: 2 ore fermi in coda (neanche fossimo sulla A4) e il resto del tragitto a una media di 30/40 km/h...fate presto i conti di quanto abbiamo impiegato a percorrere quel tratto di strada! Per foruna con noi c'era anche sister Martina che, essendo originaria di Moyo, un po' ci tranquillizzava sulla "normalità" della situazione. Questa "normalità" è così frequente che lei erano 4 anni che non si avventurava ad andare da sua sorella perchè, ci diceva "con i mezzi pubblici non sai mai quando e se arrivi". Questa tesi è avvalorata dal fatto che, dopo questi 160 km di sterrato...arriva il bello: attraversare il Nilo! arriviamo al ferry (zattera semovibile a vapore) alle 19:05 e scopriamo che, con una puntualità del tutto inaspettata per essere in Uganda, la corsa delle 19 è già partita, ma soprattutto scopriamo che era l'ultima corsa regolare della giornata! "Dovete aspettare che arrivi qualche bus così il traghetto dovrebbe (dovrebbe?!?) fare una corsa straordinaria. Altrimenti potete dormire in macchina. Non vi preoccupate se vedete qualche coccodrillo o qualche ippopotamo basta tirargli una pietra e scappano!"...rassicurante, no?! Per fortuna dopo sole due ore arriva un bus e dopo un'altra mezz'oretta il ferry viene a recuperarci. Ormai la notte è inoltrata, il buio africano ci avvolge. Ci imbarchiamo su questa barcarola che si avventura sulle nere acque del Nilo e, solo grazie agli abbaglianti della prima macchina salita a bordo, riesce a farsi strada nelle tenebre. Per fortuna la traversata è abbastanza breve, arriviamo sull'altra sponda e dopo un'oratta di strada, alle 22:30 arriviamo alla babies home.Qui ci accoglie sister Maureen, ci fa vedere la nostra stanza, ci da la cena e poi, finalmente, tutti a letto.
Il giorno dopo c'è una celebrazione per fare un po' di raccolta fondi per l'orfanotrofio: 2 ore e mezza di discorsi incomprensibili dopodiché fortunatamente riusciamo a liberarci e, dopo un riposino, finalmente a visitare un po' questo incantevole posto: colline e montagne verdi a perdita d'occhio; fiori di un colore intensissimo, alberi dai frutti grandi e profumati; l'ambiente incontaminato dall'uomo (solo adesso riusciamo ad apprezzare la mancanza di asfalto!); un silenzio e una pace che sembrano surreali. Nella seconda parte del pomeriggio, quando anche la suora riesce a liberarsi dalla festa, visitiamo un po' l'orfanotrofio: 75 bimbi tra i 0 e i 6 anni abbandonati. Alcuni di loro hanno ancora un genitore che però non riesce a prendersi cura del proprio figlio, così per un po' di tempo lo deposita lì, quando sarà più grande e potrà essere utile per lavorare nei campi o pascolare gli animali, forse, verranno a riprenderlo. La legge ugandese lo permette. Altri invece sono stati proprio abbandonati e ritrovati dalla polizia. Sono divisi per età: in una stanza i "primi mesi", in un'altra i "6 mesi - 1 anno", in un'altra ancora gli "1 anno - 3 anni" e, in fine, i più "grandi". Gli spazi sono abbastanza ben curati e un po' di "mamme" si prendono cura di loro. Proprio mentre passiamo davanti al refettorio, escono una ventina di nanetti che si dirigono da soli verso i bagni, si spogliano completamente prima di entrare e poi aspettano di essere lavati...il pasto ha lasciato segni visibili in ogni parte del loro corpicino e l'igiene è importante! Dopo cena andiamo a dormire, il giorno dopo ci aspetta il viaggio di ritorno! Ma la domenica, prima di partire, l'inevitabile messa di due ore e mezza...belle le messe africane, piene di balli e di canti...però se durassero la metà sarebbero ancora meglio!
Ci rimettiamo in macchina alle 11 e decidiamo di fare un'altra strada rispetto all'andata, più lunga ma più tranquilla: 430 km di cui 150 di uno sterrato accettabile.
Ore 18:30 siamo a casa...già, per la prima volta da quando siamo qui, ci sentiamo veramente a casa!

giovedì 27 ottobre 2011

Aber - decima settimana


Ormai da quasi un mese sto lavorando da sola nel Children's Ward (Pediatria), come già accennavo in un precedente post mi sono trovata a sbattere il muso dritta dritta contro la pigrizia e l'inerzia del personale infermieristico abituato da molto tempo ad operare nel più totale disinteresse dei precedenti medici assegnati al reparto.
Ora ovviamente non accettano facilmente di essere controllati e interrogati sul loro operato e quindi raccontano un sacco di fandonie e accampano mille scuse per giustificarsi.
Non eseguono le mie prescrizioni e ritengono di essere più competenti di me nel prendere decisioni, in realtà la maggior parte di loro ha una preparazione scarsa ed un'esperienza nulla e spesso mischiano quel poco che hanno studiato con le proprie convinzioni e credenze ed hanno nei confronti della medicina un atteggiamento simile a quello che si ha nei confronti della tradizione popolare. Quando un bambino muore poi sono tutti molto dispiaciuti, ma alla fine del loro report scrivono “rest in peace” e tutto si sistema!
I primi giorni ero molto scoraggiata, ma poi ho letto da qualche parte questa riflessione: se si parte dalle proprie contraddizioni non si può camminare, si cammina solo quando si mettono al centro i poveri perché prima o poi il povero ti evangelizza.
Così ho cercato di mettere al centro i poveri, gli ultimi, i bambini ammalati e le loro mamme. Questo ha voluto dire ripetere decine di volte le stesse cose, chiedere spiegazioni per tutto ciò che non ritenevo adeguato e chiedere di cambiare alcuni comportamenti inveterati. Sicuramente nella loro lingua mi sfottono perché mi sbatto e mi agito così tanto e si lamentano perché li infastidisco e li costringo a lavorare di più.
Questa settimana farò un meeting con tutti gli infermieri in cui dirò come voglio che venga condotto il lavoro nel reparto: da un lato mi sento un po' come un direttore di Unità Operativa Complessa, e ciò appaga il mio noto delirio di onnipotenza, dall'altra so di essere comunque l'ultima ruota del carro e prima che qui cambi qualcosa ne deve passare...Soltanto spero che, se ci sarà qualche cambiamento, non sia dovuto al fatto che pensino che io sono qui per comandare, ma che io sono qui perché ci tengo.

A parte il lavoro c'è tutto il resto per fortuna! Grazie soprattutto al “lavoro” di Marco stiamo incontrando tante realtà e persone interessanti che operano sul territorio nella quotidianità e nella semplicità, con gratuità e buona volontà (i catechisti, la commissione giustizia e pace, i boy scout, i ragazzi dell'orfanotrofio...).

Piccio inciso: sono proprio contento di poter condividere con questa gente l'importanza di valori come la pace, la giustizia, la famiglia e, nel mio piccolo, testimoniare che, per fare questo, con questa gente, abbiamo lasciato per un po' le nostre comodità, le nostre famiglie, le nostre amicizie, i nostri lavori. In cambio la gente mi sta dando grande dimostrazione di fede nel credere in un Dio buono, un Dio giusto...nonostante le condizioni in cui molti di loro vivono.

Infine qualche giorno fa all'asilo Francesco è stato sverminato come tutti i suoi coetanei, e questo ci fa capire che pian piano ci stiamo integrando!

domenica 23 ottobre 2011

Aber - giornata missionaria mondiale

23 Ottobre 2011 - Giornata Missionaria Mondiale

Missione a costo zero...missione al costo della vita!

Cari amici,
cogliamo l'occasione della Giornata Missionaria Mondiale per inviarvi un saluto, un abbraccio e qualche breve riflessione. Non vogliamo tediarvi particolarmente con racconti commoventi o descrizioni strappalacrime, non è questo di cui ha bisogno l'Africa. Non vogliamo neanche passare per chi, in Africa solo da due mesi e mezzo, pretende di aver capito tutto. Ci piacerebbe solo condividere un' osservazione che speriamo dia un po' fastidio, che speriamo arrivi un po' nel profondo, che speriamo elimini per sempre la comoda idea che fare missione significhi dare dei soldi! Già, ciò di cui ci stiamo più rendendo conto è che l'Africa non ha bisogno dei nostri soldi e che è troppo comodo per noi aprire il portafoglio, magari solo in occasione della giornata missionaria mondiale oppure a favore di qualche ONLUS e non pensare più a quei poveri negretti che muoiono di fame. No, fare missione, ossia essere cristiani, oggi nel 2011, significa soprattutto fare scelte quotidiane consapevoli; significa informarsi sulle ragioni per cui l'Africa si trova in quelle condizioni, significa promuovere (in Uganda come a Rho) stili di vita sobri e sostenibili, significa non mettere sempre al primo posto nelle nostre decisioni il guadagno economico che ne traiamo, significa credere veramente che “il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo” (Effetto farfalla – teoria del caos), significa anche non ritenere una barzelletta che “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano”(Madre Teresa di Calcutta) perché, in fondo, l'oceano è fatto di gocce.
Ecco, amici, quello che vogliamo condividere è la rabbia nel continuare a vedere inaugurazioni di nuovi edifici costruiti grazie ai soldi del nord del mondo, ma senza tenere in considerazione le esigenze locali, la rabbia nel venire a sapere che con i soldi raccolti con le migliori intenzioni dei benefattori si sono arricchite altre persone, la rabbia nel vedere soldi spesi per abbellire un ospedale e poi vedere infermieri inoperosi passare il giorno a testare le nuove sedie e i pazienti morire di malaria perchè non gli viene somministrato il farmaco; la rabbia nel valutare un progetto di 4 milioni di euro per un orfanotrofio senza che siano previste figure educative e con i bagni allagati dopo due giorni perchè costruiti all'occidentale.
Crediamo che, come San Daniele Comboni aveva intuito 150 anni fa, l'Africa si debba risollevare da sola, gli africani stessi debbano essere i protagonisti della loro riscossa. Per quanto ci riguarda come occidentali, la cosa migliore che possiamo fare è non impedir loro questo cammino, è non opprimerli, è stare attenti affinché le nostre piccole e banali scelte quotidiane, come fossero un minimo battito d'ali di farfalla, in Italia, non continuino a contribuire a provocare un uragano in questa parte del mondo.
Vorremmo terminare questo nostro pensiero chiarendo che non vogliamo demonizzare il denaro in sé e chiedendo scusa se qualcuno si è sentito offeso dalle nostre parole, ma, prendendo in prestito una frase di un altro comboniano (scusate la monotonia) riteniamo che: “Non tutto ciò che è buono è opportuno” e, a nostro avviso, intendere la missione unicamente come donare soldi può essere buono, ma non è più opportuno.
Ci piacerebbe, in fine, che questa discussione potesse continuare sul nostro blog: www.picciouganda.blogspot.com
Per il momento, vi salutiamo e vi abbracciamo!
Marco, Maria Grazia e Francesco

martedì 18 ottobre 2011

Aber - nona settimana

A grande richiesta...facciamo parlare le immagini!
Nella sezione Piccio-foto, trovate due nuovi album:
  1. Welcome to Aber: Rapido tour per Aber guidati da Francesco!
  2. Inaugurazione: alcune foto dell'inaugurazione del nuovo orfanotrofio.
Lasciatemi condividere solo una frase di Sant'Agostino che mi è capitato di leggere e che sento mia:
"senza i miei amici non avrei potuto vivere felice, sia pure nella maniera in cui in quel momento concepivo la felicità"

mercoledì 12 ottobre 2011

Aber - ottava settimana (bis)

Oggi 09 Ottobre si celebra il 49° dell'indipendenza ugandese. Domani è San Daniele Comboni. Noi siamo qui da più di sette settimane e forse inizia ad essere tempo dei primi bilanci. Tanto per incominciare ringrazio ogni giorno il Signore perchè stiamo tutti bene: fisicamente e psichicamente.
Questa è la premessa fondamentale per fare ogni ulteriore valutazione.
1) IL MIO LAVORO
Bello! Questo è il mio lavoro! Ma che fatica, che rabbia, che impotenza!
Sono passata in pediatria dove ho sostanzialmente sostituito un collega ugandese che lavorava qui da un paio di mesi, il quale si può dire che non fosse molto appassionato (faceva il giro a giorni alterni, non collaborava con le infermiere e con la nutrition unit e arrivava tardi o non si presentava senza dare alcun avviso).
Di conseguenza anche il personale infermieristico è piuttosto "seduto" e lavativo e i bambini, pochissimi fra l'altro (una media di 20) sono un po' abbandonati a loro stessi.
Chissà cosa ne penserebbero i "donors" della nuova pediatria inaugurata in Agosto. Un edificio enorme e nuovissimo, sempre semivuoto per i pochi ricoveri, e di cui tutti qui si lamentano perchè è troppo grande da pulire e ci sono i bagni interni sempre sporchi e allagati perchè le mamme non sanno usarli e l'acqua non sempre arriva! Questa è l'ennesima dimostrazione di come i grossi progetti calati dall'alto non sono solo inutili, ma spesso sono nocivi! In queste prime settimane ho già visto diversi modi in cui tutti quei soldi sarebbero stati meglio utilizzati! E' difficile lottare tutti i giorni contro la loro arrendevolezza, pigrizia, demotivazione, sia nelle mamme, ma soprattutto nel personale. Sempre di più mi rendo conto come la prima missione, la prima testimonianza è il lavorare seriamente, con impegno, cercando di fare il meglio per il semplice fatto che si è convinti che così è giusto. E questo è vero non solo in Africa! Ieri abbiamo celebrato S.Daniele Comboni ad Aboke. Dalle sisters comboniane ci si sente sempre a casa! Ma soprattutto è stato bello condividere con altri comboniani (vescovo compreso) le fatiche e le bellezze di questa missione e affidarle all'intercessione di San Daniele visto che, come dice il vescovo, se siamo qui è anche un po' colpa sua!
Vorrei condividere questa immagine, rubandola al vescovo. C'è chi dà la vita per la missione versando il proprio sangue, si può dire "morendo di spada". Ma più spesso la missione ti prende la vita con una lima che giorno dopo giorno ti scarnifica, ti consuma. Io mi sento così: limata, piallata da questa comunità e posso solo chiedere il dono della fede per continuare a donarmi.

martedì 11 ottobre 2011

Aber - ottava settimana

Ripensando all'ultimo periodo, sono tante le cose che ci sono rimaste indietro da raccontare, da condividere. Forse perchè c'è un po' meno tempo, forse perchè c'è meno tempo per ripensare a ciò che si vive. Comunque sia è un peccato e cercheremo di porvi rimedio. Naturalmente, molto di ciò che abbiamo vissuto è, come sempre e come tutto, contraddittorio. Andiamo con ordine:
- Orfanotrofio/casa per disabili di Gulu: Entrambe le realtà sono molto belle, gestite da un fratello comboniano con l'aiuto di mamme che si trovano ad avere figli disabili o si trovano da sole con figli che non riescono a mantenere e tirano fuori uno spirito di solidarietà sorprendente. Le contraddizioni consistono in questo: perchè i bimbi sono così spesso un problema per la famiglia? non sempre i genitori sono morti, eppure mantenere un figlio diventa insostenibile. Colpa loro che non dovevano farli? VERO! colpa di un sistema che porta alla povertà (economica e culturale) estrema? VERO!Fatto sta che questi bambini esistono, sono!
Per quanto riguarda i disabili è ancora più assurdo dato che, secondo l'autorevole opinione della Mari, con 2 euro di farmaci alla nascita, più della metà di quelle malformazioni potrebbero essere evitate!
- Inaugurazione nuovo orfanotrofio di Aber: una struttura molto bella (4 milioni di euro!!!) una bella celebrazione (vescovo, autorità, donors, canti, balli)...le contraddizioni? l'imbarazzo generale al momento della presentazione del personale che verrà coinvolto nella gestione (2 suore, 2 cuoche e 1 custode per 200 ragazzi)! nessuno ci ha pensato, nessuno ha preso in considerazione l'aspetto educativo! E per di più, il giorno dopo le suore si lamentano perchè la struttura che le accoglierà è lontana da dove dormono i ragazzi e diventa difficile sorvegliarli, perchè tutta la struttura è lontana dalla chiesa dove facevano i momenti di preghiera, perchè la struttura così bella sarà sporchissima perchè circondata da fango e perchè un uso corretto delle toilettes occidentali sarà difficile da far entrare nella testa dei ragazzi! Una domanda: non si poteva sistemare la struttura precedente secondo criteri più sobri e ascoltando le esigenze di chi ci ha vissuto per anni? (per questa ragione ho iniziato anche a raccogliere interviste ai ragazzi molto interessanti!).Due risposte: la prima ufficiale: a volte ristrutturare costa più che costruire da nuovo e i risultati sono peggiori. la seconda ufficiosa: si sarebbe potuto spendere in modo diverso quei soldi, ma forse ci avrebbero potuto "mangiare" meno persone, ma forse la foto al momento dell'inaugurazione sarebbe stata un po' meno bella!
- Conoscenza realtà locali: molto positiva è stata la conoscenza delle realtà locali, di persone che hanno voglia di cambiare le cose. In modo particolare ho conosciuto il responsabile della commissione giustizia e pace, il responsabile della pastorale delle famiglie e 3 boyscout. Tutte queste realtà sono in grado di trattare problematiche presenti in qualunque paese (rispettivamente: giustizia sociale, il rovinarsi delle famiglie, i giovani), ma con i loro mezzi e dal loro punto di vista. E questo è fondamentale per il futuro dell'Africa. Proprio collegato a questo, domenica si è festeggiata l'indipendenza!
- Indipendenza è diverso da maturità: come dicevo, il 9 ottobre si è festeggiato il 49° anniversario dell'indipendenza dall'Inghilterra. Se, sicuramente, è stata una tappa fondamentale nella storia del Paese, sono anche vere le due cose seguenti: 1. sono ancora molto immaturi...per esempio, il giorno successivo non c'erano gli insegnanti a scuola e mancavano gli infermieri e i dottori in ospedale! 2.Purtroppo per questi paesi è ancora molto lontana l'indipendenza economica. Per troppi aspetti sono ancora condizionati (schiacciati!) dai paesi europei e occidentali.
- Anniversario Aboke: Ieri 10 ottobre, oltre ad essere San Daniele Comboni, era anche il 15° anniversario del rapimento delle ragazze della scuola di Aboke ad opera dei ribelli. E' stato bello ascoltare alcune delle ragazze scappate e tornate alla libertà. E' stata bella la testimonianza di persone (ancora una volta donne!) che hanno lottato per cambiare il proprio destino e dare una speranza a tutto il Paese.

martedì 4 ottobre 2011

Aber - settima settimana

Ogni tanto compriamo un quotidiano ugandese per leggere cosa succede nella town (Kampala).
Qualche settimana fa sul Saturday Monitor mi sono imbattuta in uno "special report" che mi ha colpita.
Parlava della messa al bando delle "kaveera", cioè quei sacchetti di plastica neri che chiunque è stato in Africa ha sicuramente notato. Qui viene usato sostanzialmente come sacchetto della spesa e ciò che colpisce è vederne centinaia buttati per la strada e nei campi. Ed è ovvio che sia così in un paese in cui non vi è una reale gestione dei rifiuti.
Nel report si dice che la prima messa al bando è stata emanata nel 2009, ma da allora non si è fatto nulla di reale per mettere in pratica tale divieto e così le kaveera continuano ad imperversare. Poi viene riportato tutto il dibattito fra governo e opposizioni e fra ambientalisti e produttori di kaveera.
Ho letto queste due paginone centrali con estremo interesse perchè mi sembravano un concentrato delle contraddizioni che caratterizzano questo paese.
Prima di tutto in Italia i sacchetti di plastica per la spesa sono stati banditi quest'anno (due anni dopo l'Uganda!) e lì per lì ho pensato che il dibattito ambientalista qui fosse particolarmente vivace.
Poi le motivazioni: la principale sembra essere il fatto che le kaveera impediscono un appropriato deflusso dell'acqua piovana, causando allagamenti. Nessuno parla di diossina, cancri, discariche o inceneritori.
Infine mi è sembrato surreale che ci sia un tale interesse verso i sacchetti di plastica in un paese dove praticamente non esiste nessuna rete fognaria.
In qualche modo grazie alla nostra solerzia nel voler portare lo sviluppo in queste terre, gli abbiamo creato il problema della plastica prima ancora che loro potessero gestire quello delle fognature e dei rifiuti organici in quei contesti che si sono urbanizzati.
Insomma la "Perla d'Africa" è già inquinata per il prossimo secolo, prima ancora di riuscire a dividere le acque nere da quelle potabili!
Questa è solo una delle mille contraddizioni che vediamo ogni giorno, che ci insegna ancora una volta quanto possa essere fuorviante applicare qui i nostri parametri e preconcetti.

martedì 27 settembre 2011

Aber - sesta settimana

La notte in Africa
La notte in Africa è lunga (alle 19 è già buio pesto e fino alle 6:30 la luce non tornerà);
La notte in Africa - fino ad una certa ora - è rumorosa (animali, musica, rumori strani. Sembra che ognuno voglia dire la sua per non far sentire il silenzio assordante della notte);
La notte in Africa - da una certa ora in poi - è tremendamente silenziosa (a un certo punto tutto tace, non si può più far finta di niente, il silenzio vince);
La notte in Africa è popolata (un sacco di gente vive la notte africana, cammina, continua a camminare anche nel buio più profondo. Ognuno, ai nostri occhi, sembra avere una provenienza incerta e una destinazione improbabile);
La notte in Africa fa paura a chi non è abituato (i rumori che non conosci ti spaventano, i lunghi silenzi ti costringono a pensare e il loro vuoto ti angoscia);
La notte in Africa è fredda (è strano come le ore di buio cancellino altrettante ore di sole che avevano scaldato. Altrettante ore di sole che avevano illuminato, sembrano non esserci mai state);
La notte in Africa dice molto dell'Africa (della sua storia e della sua attualità);
La notte in Africa finisce (verso le 6:30 torna a risplendere il sole, torna ad illuminare, torna a scaldare).

mercoledì 21 settembre 2011

Aber - quinta settimana

Is 55,6: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino".
Così iniziava la prima lettura di domenica scorsa (rito romano). Appena letta mi ha colpito e interrogato. Forse perchè qui il Vangelo trova un'incarnazione che, anche volendo, non puoi trascurare. In modo particolare mi colpiva, da una parte, l'importanza data al vivere il momento dell'oggi, all'essere presente al presente e dall'altra le due affermazioni :"mentre si fa trovare" e "mentre è vicino"...forse ci sarà un tempo in cui non sarà vicino o in cui non si farà trovare? Effettivamente in quest'Africa dalle mille contraddizioni non è sempre facile trovarLo. Se da una parte ci sono il coraggio e la forza delle donne e i sorrisi dei bambini in cui la Sua presenza è fin troppo evidente, dall'altra parte c'è la povertà (non solo economica), l'ingiustizia di alcune situazioni, l'egoismo di molti che, stanchi di dover sopravvivere più che di vivere, pensano solo a loro stessi (scaricando chiunque, forse per prima la propria famiglia), la rassegnazione di chi sa che non vedrà mai cambiare nulla della sua situazione indegna. L'Africa non è solo ospitalità, sorrisi, musica e coraggio! E allora il senso di essere qui è invocare il Signore insieme a questa gente affinchè non faccia mai mancare la speranza, la consolazione, la voglia di lottare e di cambiare le cose nella certezza che Lui è e sarà sempre vicino.

martedì 20 settembre 2011

...Hellen...

Io e Hellen abbiamo molte cose in comune.
Abbiamo la stessa età e siamo arrivate all'ospedale di Aber lo stesso giorno: il 22 Agosto scorso.
Poi abbiamo anche tante cose non in comune: io ci sono arrivata come medico all'ospedale di Aber, e lei come paziente. Lei in queste settimane ha scoperto di essere sieropositiva, mentre io non ho scoperto che cosa l'ha fatta morire.
Ci ha accomunato però anche lo sguardo: uno sguardo ad occhi sgranati, lo sguardo di chi non riesce a capire e di chi non riesce a spiegare ciò che sta succedendo.
Come se fossimo dentro due bolle di sapone differenti, ci potevamo vedere senza poterci parlare, anche se c'era sempre chi traduceva per noi.
Credo che questo tipo di cura qui manchi ancora di più di quanto manchino cure efficaci per l'HIV e le sue complicanze.
La cura che si deve a coloro i quali si comunica qualcosa di triste, drammatico.
La cura che si deve quando si ascolta senza saper dare risposte.
Tutte queste “sfumature”, queste attenzioni, sono difficili da conservare qui dove la vita, e la morte, si manifestano con tale potenza e possono abituarti alla sofferenza, facendoti perdere la compassione, la pietà.

martedì 13 settembre 2011

Aber - quarta settimana

Aber, 12 settembre 2011

Anche qui all'equatore la domenica pomeriggio si usa fare una bella passeggiata.
Ieri siamo andati a far visita a Molly insieme a Caterina e agli altri italiani che sono qui con noi in questi giorni: un bel gruppo di Msungo che si inoltra fra l'erba alta della savana!
Lungo la strada ci fermiamo per una breve sosta da Richard, ex autista dell'ospedale, che ci offre le sue sedie migliori per riposarci, ci presenta i suoi sette figli e i frutti delle sue coltivazioni: fagioli e papaie. Ci presenta anche un altro ragazzo: “Lui non è mio figlio, non è neanche mio parente , ma non aveva nessuno e così ho cresciuto anche lui...con quello che avevo”. Proseguiamo e chiediamo informazioni ad Aron, un bambino di circa 6 anni che ci accompagna fino a casa di Molly.
Molly è una ragazza che lavora per Caterina (lava i panni e stira), credo che abbia meno di 30 anni. Vive con il suo unico figlio Vincent di 9 anni che ha un ritardo mentale dovuto ad una malaria cerebrale. Il padre di Vincent non c'è, con la scusa di questo episodio ha pensato bene di abbandonarli. Quando siamo arrivati Molly non c'era, perciò una ragazza è andata a cercarla. Molly è arrivata con un fascio di foglie di patata dolce da piantare. Si è scusata per non essere pronta ad accoglierci, poi ci ha presentato Vincent e ci ha mostrato che i semi di anguria portati dai Msungo stanno producendo due belle anguriette.
Abbiamo fatto qualche foto insieme a loro ed ai bambini che nel frattempo erano saltati fuori da non si sa bene dove. Infine Molly ci ha mostrato l'interno della capanna: due metri per due, un letto sollevato da terra e dotato di zanzariera (questo suscita il nostro encomio!) dove lei dorme con Vincent. Un po' di vestiti e un po' di utensili da casa appoggiati sul pavimento costituito da un pezzo di cerata di quelli che noi usiamo come tovaglia della cucina. Il tetto in paglia è un'opera architettonica mirabile e si usa anche per stenderci i panni ad asciugare. Le chiediamo dove va normalmente a prendere l'acqua (per noi, oltretutto, non potabile) e ci risponde: “a un paio di chilometri da qui”.
Il sole si avvicina rapidamente alla linea dell'orizzonte e noi dobbiamo andare. Salutiamo Molly e Vincent e tutti i bambini del vicinato. Chiediamo solo ad Aron di riaccompagnarci verso casa (il nostro senso dell'orientamento non è molto sviluppato) e il Franci ne approfitta per farsi portare in braccio per oltre un quarto d'ora dalla nostra guida di 6 anni.
Tornati a casa facciamo la doccia...giri una manopola, scende l'acqua...troppo calda; ne giri un'altra...ora è giusta. Questo Molly e suo figlio non potranno MAI farlo.
A cena ci guardiamo, quasi ci sentiamo a disagio per la nostra elettricità, la nostra acqua corrente calda e fredda, il nostro frigo ed il cibo che abbiamo nel piatto. Ci chiediamo come si possa vivere come Molly e se mai sia possibile uscire da una tale situazione. Forse la domanda stessa non ha senso qui. Forse con il tempo impareremo da Molly, dalle tante Molly, il modo giusto di porre le domande a questa Africa.

mercoledì 7 settembre 2011

...finalmente...pizzi-post

Sono passate 3 settimane dalla nostra partenza, e solo ora provo a scrivere qualcosa.
Il primo impatto con l'Africa questa volta me lo aspettavo più soft...errore! Il primo impatto con
l'Africa è sempre una botta...ogni volta è sempre come la prima volta!
Iniziando dall'angoscia, quasi inspiegabile dei primi giorni, sicuramente associata alla grande
stanchezza ed ai 1000 piccoli disagi che si trovano qui, per continuare con il fatto del non capirsi
con la gente, con il non sapere bene cosa fare, con le condizioni dell'ospedale e dei pazienti, con
l'essere continuamente osservati, con gli odori...
Poi le cose sono andate migliorando.
La vita qui è molto lenta e routinaria, e questo è un bene.
Al mattino io vado in Ospedale, nel reparto di Medicina insieme a Caterina, Laica Missionaria
Comboniana anche lei, che è qui da 2 anni ormai.
Per ora sono in affiancamento perché non sono ancora registrata all'ordine dei medici ugandese, ma
soprattutto perché non sono assolutamente in grado di fare tutto ciò che può essere necessario (tipo i
parti cesarei)!
Le condizioni di salute e di vita in genere di questa gente sono davvero scarse. Molti hanno la casa
di fango e paglia, anche fra gli infermieri dell'ospedale. La maggior parte vivono di agricoltura o di
piccole attività commerciali o di sussistenza. Forse anche per questa ragione prima di portare un
ammalato in ospedale passa molto tempo: bisogna prima trovare i soldi per il trasporto e per pagare
il ricovero e poi per mantenere l'ammalato e chi lo assiste per i giorni del ricovero (qui è la famiglia
a farsi carico dell'alimentazione e dell'igiene del paziente). Talvolta arrivano in Ospedale talmente
tardi che non si può fare altro che aspettare che muoiano. Anche i mezzi disponibili in ospedale
sono molto limitati, soprattutto se paragonati allo sperpero che siamo abituati a vedere in Italia.
In più c'è il problema comunicativo, e non intendo solo la lingua: per esempio non fanno di si con la
testa come noi, ma alzano le sopracciglia e inclinano appena il capo all'indietro dicendo “eeh!” e
questo significa “si!”. Vi potete immaginare come descrivono il dolore, o la febbre... Inoltre hanno
un concetto del tempo assolutamente relativo, spesso determinato dalla mancanza di strumenti per
misurarlo in modo oggettivo (da cui il detto africano “voi avete l'orologio, noi abbiamo il
tempo”...). Diventa però difficile ricostruire se la tosse c'è da una settimana, da un mese o da un
anno. Per non parlare delle anagrafiche delle cartelle ospedaliere che spesso nella casella “Age”
(età) riportano la scritta “adult” (adulto) o “elderly” (anziano)...
Per fortuna poi ci sono sguardi e gesti che trapassano ogni barriera comunicativa, anche nelle
situazioni più drammatiche.
Vi voglio raccontare la storia di Eunice, una donna di 30 anni che è arrivata in ospedale domenica
notte perché stava molto male. Qui ha scoperto di essere sieropositiva e quando io l'ho vista lunedì
mattina mi sono resa conto che aveva uno scompenso epatico terminale, stava sanguinando dallo
stomaco, aveva una peritonite e l'insufficienza renale. Gli abbiamo dato tutte le cure che era in
nostro potere dargli e io gli ho comprato l'antibiotico perché lei non se lo poteva permettere. Mentre
l'infermiera era accanto al letto Eunice le ha chiesto di non sprecare tutte quelle medicine per lei che
stava per morire, ma di riservarle per qualcun altro.
Sono tornata più volte a vederla nella giornata, lunedì sera e poi martedì mattina alle 8; allora lei mi
ha guardata con lo sguardo lucido di chi sa cosa sta per accadere e mi ha detto “Grazie”.
Poi martedì pomeriggio è morta. Eunice “ci è passata avanti nel Regno dei Cieli”.

Aber - terza settimana

Cari, affezionati, lettori il vostro numero sta ormai raggiungendo livelli degni dei migliori Blog...grazie!
Eccomi a scrivere un aggiornamento sulla terza settimana trascorsa.
Direi che gli eventi salienti sono stati 4:
  1. La presentazione ufficiale in parrocchia
  2. alcuni momenti di sconforto (ma con importanti suggerimenti)
  3. l'inizio in autonomia della Pizzi in ospedale (vi scriverà poi lei di questo)
  4. ma soprattutto: Aver tolto il pannolino a Francesco!!!
Ma andiamo per punti:
1: Domenica scorsa, in seguito ai contatti presi con il parroco e in seguito ad una visita introduttiva avvenuta a casa nostra, c'è stata la presentazione ufficiale in chiesa. Durante la Messa della comunità, Father Ambrogio (giusto per non farci sentire nostalgia di Milano!) ci ha invitati a salire sull'altare e a dire due parole di noi. Imbarazzo a parte, è stato importante essere introdotti e poter iniziare a condividere con la gente qualcosa di noi!
2: Come logico che sia, i momenti di sconforto continuano (fortunatamente sempre più raramente) a presentarsi. E proprio durante uno di questi, però, è stato bello capire che non è possibile tenere tutto sotto controllo, bisogna abbandonarsi e confidare nell'aiuto di Qualcun'altro...infondo è Lui che ci ha voluti qui! Riprendendo poi la cosa a mente serena, credo che sia un buon atteggiamento quello di dare il meglio di sè e per il resto consegnarsi a chi è più grande di noi.
3. Seguira Pizzi-post
4. Ma la cosa più importante e che ha assorbito - visto che stiamo parlando di pannolini - la maggior parte delle mie forze, è stato togliere il pannolino al Franci!!! a una settimana di distanza siamo a buon punto...2/3 cambi al giorno ma tanta soddisfazione al sentire "papà...pipì!" Bravo Francesco!

Un abbraccio e una prima parola in Lango (altra cosa che sta assorbendo tempo/energie): don ibedi (saluto che si fa quando si va via = restate bene!)

martedì 30 agosto 2011

Aber - seconda settimana

Le ansie e i timori un pochino diminuiscono ed ecco affiorare le ricchezze! In questa settimana si è definita un po' meglio la nostra quotidianità! non mi ero mai accorto di avere così tanto bisogno della routine! eppure è così. Saper cosa dover fare e quando da molta sicurezza...ti da il senso di governare il tempo, anche se poi, pensando alla frenesia delle nostre vite, è il tempo che domina noi. Comunque la Mari ha iniziato a lavorare in ospedale, io sto facendo un po' il babysitter, un po' sto studiando il lango (lingua locale), il Franci sta prendendo confidenza con gli altri bimbi. Le ricchezze di cui parlavo prima riguardano soprattutto la fortuna di poter camminare con questi ultimi e la possibilità per la nostra famiglia di crescere in sfide quali, soprattutto, la sobrietà (pur avendo uno stile di vita infinitamente migliore di quello della gente del posto). E' ancora lontano il momento di dire che stare in missione è bellissimo, siamo ancora troppo frastornati, ma sicuramente per noi, pur essendo faticoso, è utile.
Marco, Mari e Franci 

martedì 23 agosto 2011

Aber - prima settimana

A sette giorni dalla partenza eccoci a scrivere di sensazioni discordanti: da una parte le preoccupazioni per l'adattamento, il lungo periodo che ci attende e le malattie, dall'altra le gioie di essere finalmente in Africa, di sentire di essere al posto giusto per noi, delle persone che si incontrano, delle scene che diventano subito cariche di emozioni, di significati, di speranze. Nello stesso momento, per far convivere stati d'animo diversi c'è il rendersi conto dell'importanza e della fortuna di aver fatto una preparazione così ben curata.
grazie per i vostri messaggi e la vostra vicinanza.
A presto

martedì 16 agosto 2011

Ci siamo

Domani 17 agosto ore 22:20 finalmente si parte! tante emozioni...un po' di paure...qualche lacrimuccia di nostalgia.
Allora ci si sente dal continente nero.
Un abbraccio