martedì 27 marzo 2012

Aber - trentaduesima settimana

Burocrazia 2.0

Bene, abbiamo raccolto tutti i dati e i documenti necessari per richiedere il passaporto...atto finale: incontrarsi con Francis e consegnargli il tutto...lui ha lavorato nell'ufficio passaporti di Kampala e sa come funzionano certe cose.
"Goodmorning Marco, could you come to my place? my car is broken and I can't reach you" "non c'è problema, Francis, verrò io a casa tua, non sarà mica difficile!"
"Pronto Paul, puoi venire con me domani mattina da Francis?" "It's ok, I'll come to your home and we shall go together" "Ok, grazie, a domani".
Il giorno seguente Paul si presenta a casa nostra e siamo pronti per partire, quando mi comunica che Francis gli ha chiesto di portargli due giornali perchè "his house is in the bush!" Nooooo! - penso io - un'altra avventura ci attende!
E così partiamo...primo trade center: niente giornali oggi; secondo trade center: niente! dopo 6/7 km raggiungiamo Kamdini e finalmente troviamo l'ultima copia di uno solo dei due giornali richiestici (ed erano solo le 9 del mattino!)...ci accontentiamo e ci dirigiamo verso casa di Francis. Paul mi suggerisce una strada alternativa; dopo qualche chilometro imbocchiamo un lungo rettilineo che, a causa dell'effetto ottico sembra restringersi sempre più fino a scomparire...dopo un po' mi accorgo che non è l'effetto ottico, la strada diventa veramente un viottolo e, ancora più in là, diventa un sentiero a malapena percorribile a piedi, ma noi, inarrestabili, proseguiamo in auto. "Ok, Mark, stop here and turn left" "left?! ma Paul qui a sinistra c'è il nulla. non c'è neanche un'idea di un percorso transitabile" "Don't worry it is only for few meters". Effettivamente dopo poco arriviamo...giusto il tempo di graffiare ulteriormente la macchina e dare qualche botta agli ammortizzatori che risulteranno essere decisive per la loro esistenza e ci costringeranno a cambiarli.
Scesi dalla macchina Francis ci accoglie:" Apwoyo bino"; apwoyo bino un cazzo - penso io - ho sfasciato la macchina per arrivare qua; però mi trattengo e me ne esco con un più diplomatico "Apwoyo nenni" (felice di vederti).
Ci fa accomodare, apriamo l'immancabile soda e mi invita a mostrargli i documenti.
Si compiace del fatto che ho compilato le copie e non gli originali perchè "you know...burocracy can create you some problems if you make a mistake".
Così incomincia a ricopiare i dati sugli originali: nome, cognome, data di nascita...data di nascita della madre? e chi la sa? "don't worry - mi dice - the father was born in 1981, so we can guess the mother was 4/5 years younger...we can write 1986" (in realtà avremmo potuto risalire all'anno di nascita della mamma, ma secondo Francis avrebbe potuto destare sospetti ed era quindi meglio inventarla!) "ma la burocrazia non era fiscale?" "don't worry nobody will check and you will not go to hell because of this lie"...vabbè!
La scena si ripete per il luogo di nascita della madre, per i nomi dei parenti "famosi" (...già nei moduli viene richiesto di citare 2 o 3 parenti appartenenti allo stesso clan e che siano famosi, nel senso di conosciuti da tanta gente); per il nome completo del clan (è meglio non specificare troppo, qualcuno che processerà le pratiche potrebbe avere qualcosa da ridire sulla famiglia e bloccare tutto l'iter).
Curioso che avesse anche suggerito a Tony (un altro ragazzo che sta richiedendo il passaporto) di dichiarare di essere nato qui ad Aber invece che ad Otwal "so you don't have to go too far to get your documents"
Ma finalmente arriviamo al momento veramente importante: i soldi!
80000 per le pratiche, 2000 per le spese bancarie, 3000 da dare ad una persona che va e sta in fila in banca e nei vari uffici (?!) e 150000 per lui. Chiedo chiarimenti e mi spiega che parte di questi soldi sono per le telefonate che deve fare per avvisare gli impiegati dell'ufficio che gli sta portando tre pratiche in modo che siano pronti ad accoglierle (?), parte per le telefonate che dovrà fare per sollecitare il rilascio dei documenti; parte per i suoi spostamenti, ma la maggior parte "I can not tell you, but belive me...are very important!"...pazienza preferisco far finta di non sapere. Non si può fare diversamente, d'altra parte con una burocrazia così fiscale è bene avere una persona che sa come funzionano queste cose!

mercoledì 21 marzo 2012

Aber - trentunesima settimana

Kony 2012
Ebbene sì, anche noi non possiamo esimerci dal dire la nostra sul tormentone del momento. Come la maggior parte di voi saprà, da un po' di tempo gira su internet il video “Kony 2012” (http://www.youtube.com/watch?v=9Ve3_ziWAIM) girato e montato per “Invisible Children” da Jason Russell.
Pare essere stato il video più cliccato nella storia del web nella prima settimana dalla sua pubblicazione suscitando pareri favorevoli e contrari. Ne hanno discusso tutti, dai giornali ugandesi ai siti di tutto il mondo, dalle ONG a Radio Vaticana...come potevamo non farlo noi di “Piccio-Uganda”?
Naturalmente, come sempre cerchiamo di fare, proveremo a condividere la nostra idea partendo da ciò che l'Africa ci ha insegnato in questi sette mesi.
Come prima cosa, lasciatemi dire che gli unici, forse, che non sanno nulla di questo video sono...i bambini ugandesi. Bah! D'altra parte internet non sanno cosa sia, la televisione è una scatola che hanno in qualche bar e che, più che altro, trasmette qualche partita di calcio; i soldi per i giornali non ci sono.
Comunque, tornando al nostro semplice pensiero, non è nostra intenzione dare giudizi di merito o fare un'analisi dietrologica (anche se alla Mari sarebbe piaciuto tanto!) su ciò che questo filmato vuole essere o sui risultati che vuole raggiungere...però a chi ha masticato anche solo un pochino (come noi) l'Africa non possono non saltare agli occhi due macroscopiche mancanze:
1: non aver coinvolto minimamente la gente africana;
2: aver parlato di una persona sola (Kony appunto) quando in Africa una persona non è mai una persona ma è per lo meno una famiglia, se non un clan o addirittura una tribù.
Partendo dal primo punto, quello che abbiamo visto in questo breve periodo è che i cambiamenti veri, profondi, radicali non potranno mai essere portati da fuori ma devono avere come protagonisti gli ugandesi stessi. Crediamo che questo sia vero in tutti gli ambiti, da quello sanitario a quello educativo, da quello politico a quello socio-economico. Il filmato ha sempre come protagonisti gli americani o gli occidentali in genere. E' fastidioso sentire frasi come “Now we know what to do” o “We now finally fulfil”. Voi ugandesi...mettetevi da parte! Non è così, non può essere così, mai!
Quello che può venire in mente, vedendo questo filmato, è di fare un paragone tra l'utilizzo del web fatto durante la Primavera Araba e questo fatto da Russell. Beh, se nel primo caso le enormi potenzialità della rete hanno funzionato perché hanno fatto da cassa di risonanza a qualcosa che stava realmente accadendo e che aveva il popolo locale come protagonista, in questo secondo caso la rete rischia di essere inutile (almeno facendo finta di credere che il vero scopo del filmato fosse quello di far conoscere Kony per fermarlo) perché, prendendo in considerazione soluzioni estranee agli ugandesi, non c'è nessun reale suono da amplificare.
Punto numero due: Se dobbiamo dare una nota di merito è ciò che si dice nella prima parte del filmato quando si mostrano gli interventi fatti per riabilitare i bambini e le bambine soldato: questo è ciò di cui veramente c'è bisogno in questo paese: speranza, educazione, autonomia, libertà, diritti... Ma catturare un nemico brutto e cattivo non porterà ad ottenere nessuno di questi sacri obiettivi. Qui in Africa le cose non funzionano come nel resto del mondo. Qui uno non è mai uno solo: è sempre anche tutta la sua famiglia, il suo clan, la sua tribù. Quindi se si indica un nemico non si indica un singolo, ma un gruppo, una parte di popolazione e così si è già creata divisione.
Durante gli anni della guerra il governo centrale ugandese (quello stesso che ora gli USA vogliono aiutare nella cattura di Kony) accusava le popolazioni del nord di proteggere i ribelli e di alimentare le loro fila; dalla loro parte le popolazioni del nord, e gli osservatori internazionali hanno più volte sottolineato che l'impegno dell'esercito per ridurre le violenze e i rapimenti era piuttosto blando.
Per questo il modo di affrontare i problemi è diverso: da noi se uno non rispetta le regole viene eliminato dal gioco (almeno crediamo che sia così...), qui invece viene chiamato a ridiscutere le regole insieme a tutti gli altri, proprio perché eliminare uno significa eliminare tutta una “squadra” che potrebbe non avere meno ragione dell'altra.
La realtà ha sempre più punti di vista, e chi vuole la pace cerca sempre di guardarli tutti.
Quindi ciò che ci sentiamo di dire è che prima di esprimere un giudizio o suggerire una facile soluzione per i problemi di questo “benedetto, assurdo bel paese” bisogna, come dicevo prima, masticarlo ma, in realtà, non è sufficiente...bisogna mangiarlo, ingoiarlo e poi, se ci si riesce, digerirlo.
Come ultima cosa lasciateci dire grazie e lasciateci, per quanto ci è possibile, amplificare la voce di tre delle moltissime persone che, nel silenzio, hanno contribuito al processo di pace (che qui come altrove è appunto sempre un processo in divenire e mai una cosa raggiunta e data per assodata) cercando di parlare seriamente dei problemi del nord Uganda e, in particolare, del dramma dei bambini soldato, dei rapimenti e delle nefandezze compiute da Kony e dall'LRA:
Grazie Suor Rachele (libro: le ragazze di Aboke), grazie Emmanuel Maria Vura (per tanti padre Natalino) grazie Ivana (libro: I bambini primo bersaglio)
Vi suggeriamo anche di visitare il sito dell' “Acholi religious leaders peace initiative”


e di leggere questa intervista fatta dalla BBC all'Arcivescovo di Gulu John Baptist Odama in tempi non sospetti

martedì 13 marzo 2012

Aber - trentesima settimana

Tutto fumo e niente arrosto

Purtroppo anche i modi di dire non ci vengono in aiuto...l'arrostino delle nonne rimane solo il protagonista che spesso allieta i nostri sogni!
Dopo aver scritto della democrazia fittizia e della burocrazia improvvisata...oggi ci tocca purtroppo parlare di un altro capitolo di questo sistema spesso fondato sul nulla e, più precisamente, delle strutture più informali quali possono essere per esempio la commissione giustizia e pace e la pastorale per le famiglie.
Per carità, non voglio accusare nessuno, anzi spesso si tratta di persone piene di buona volontà, che fanno anche dei sacrifici non indifferenti e che partono con le migliori intenzioni. Però, altrettanto spesso, le buone intenzioni rimangono tali o, il più delle volte, si trasformano in strutture gerarchiche a cui qui la gente tiene tanto, ma che sono utili solo a sè stesse. 
Per ogni ambito di intervento si deve innanzitutto costituire una commissione che, quando va bene, è formata da: chairman, vice-chairman, il segretario, l'esperto, l'anziano, un rappresentante dei giovani, uno per le donne, uno per i disabili, uno per chi ha ricoperto un ruolo nella pubblica amministrazione, i facilitatori, etc.etc. ripetete questo a livello di cappella, di zona, di parrocchia e di diocesi e potete avere un'idea di quale confusione si possa generare. Aggiungete il fatto che le comunicazioni e gli spostamenti sono spesso problemi insormontabili e vi renderete conto di come tutto questo impedisca un reale ed efficace svolgersi delle attività. Anche in questo caso la facciata nasconde il nulla, può sembrare un bel esempio di democrazia pluralista, ma non è così. La gente ci tiene molto ad identificarsi con un ruolo (es.vice-chairman del consiglio esecutivo della tal parrocchia responsabile per l'educazione...cioè? in pratica? Boh!).
Purtroppo la società è molto esclusiva...o sei dentro perchè hai determinate caratteristiche e ricopri determinati ruoli o sei fuori e difficilmente riesci a rientrare. Questo è ancora più evidente quando ci sono di mezzo i soldi. Appena qualcuno raggiunge una posizione, inizia a sentirsi superiore, a pensare a sè stesso e al proprio clan e spesso a denigrare chi sta ad un livello (economico o di istruzione) minore. Anche quando non ci sono di mezzo dei soldi, comunque le realtà tendono  a chiudersi. Per esempio la pastorale per le famiglie è rivolta unicamente alle famiglie "tipo" ossia sposate in chiesa, con una sola moglie, in cui marito e moglie stanno insieme, che non hanno problemi di alcolismo e violenza familiare (anche se i vescovi hanno scelto proprio questo come argomento da affrontare e forse sarebbe più utile farlo con chi questi problemi li vive/li subisce). Risultato: in una parrocchia (53 cappelle) ad un workshop hanno partecipato 8 famiglie, in un'altra 7...e per di più sempre le stesse che già si conoscono e che quindi, per forza di cose, finiscono per dirsi sempre le stesse cose.
Non so se questo è un problema solo ugandese (ma mi sembra di ricordare che non è così!) però qui lo sentiamo particolarmente forte, particolarmente escludente. Forse anche in Italia dovremmo guardare maggiormente al vero obiettivo della chiesa: raggiungere gli ultimi, raggiungere chi non è già inserito in un percorso, raggiungere chi della Buona Notizia non ha mai sentito parlare o non ne ha mai avuto esperienza proprio perchè quotidianamente emarginato.
Certo bisogna inventarsi strategie diverse da quelle a cui siamo abituati, certo bisogna rompere i nostri schemi rigidi, certo non dobbiamo pensare di essere noi i depositari della Verità, certo dobbiamo imparare ad astenerci dal giudicare persone e situazioni; certo dovremo essere disposti ad andare a cena con chi è additato peccatore o giudicata prostituta, ma se continuiamo ad amare solo i nostri amici...che merito ne avremo?

giovedì 8 marzo 2012

special post - festa della donna

Donna: qual è il tuo nome? coraggio, costanza, pazienza, voglia di vivere, fierezza, tenerezza, fecondità, tolleranza e...
Così si intitolava la presentazione con cui la suor Bruna ci ha introdotto alla donna in Africa.
Dopo sette mesi di quotidiani incontri, come già sottolineato altre volte, crediamo che qui la donna avrebbe ben poco da festeggiare, ma oggi 8 Marzo, la donna viene finalmente presa in considerazione...torna utile soprattutto agli uomini come scusa per non lavorare (oggi è public holiday e quindi tutti a casa!).
Ma, malgrado tutto, la donna è veramente meritevole di tutta la stima possibile e, diciamocielo, soprattutto in lei risiede la speranza per il futuro di questo paese.
Aggiungo due link dove potete trovare un video dal titolo "donne del Vangelo" e la presentazione di cui parlavo in precedenza.

martedì 6 marzo 2012

Aber - ventinovesima settimana

...ahi ahi ahi se faccio un figlio...
Come ormai molti di voi sanno abbiamo avuto il secondo figlio: o meglio abbiamo iniziato le pratiche!
Si tratta di Samuel un bambino di un anno orfano di madre che è stato in affido a Caterina dall'età di due settimane fino ai 10 mesi. Poi il clan ha deciso di volerlo dare in adozione e così noi ci siamo offerti (Caterina non ne aveva la possibilità).
La legge ugandese dice che il bambino deve vivere con noi per un periodo di tre anni e poi è possibile concludere l'adozione. A dirla sembra facile, e probabilmente lo è rispetto all'iter a cui bisogna sottoporsi per esempio in Italia, ma questa nuova avventura ci ha costretto ad imbatterci nella abominevole macchina burocratica ugandese: la burocrazia in Africa è ancora più assurda di tutto il resto!
Premetto che in Uganda non è obbligatorio avere un documento di identità: la maggior parte degli ugandesi nascono e muoiono senza averne uno.
Noi abbiamo iniziato chiedendoci come fare se vogliamo portare il Samu in Italia a giugno: ci vuole il visto (vedi ambasciata italiana su cui non approfondirò per questa volta...), ma per il visto ci vuole il passaporto e per il passaporto il certificato di nascita ed anche il passaporto di un genitore, il padre nel nostro caso, e non noi che per ora siamo solo gli affidatari.
Cominciamo con i certificati di nascita: li rilascia un amministratore locale denominato Local Councillor 4 (LC4). Marco chiede aiuto a Paul, un amico che conosce tale personaggio e si mettono in auto per andarlo a cercare. Non è nel suo “ufficio” (ma chi li ha mai visti gli uffici qui??) per cui si va a casa sua: dalla strada principale giri a destra, poi a sinistra, poi in fondo allo sterrato ti inoltri in un sentiero ed in 5 minuti sei nel bel mezzo della savana ed è proprio lì che da dietro un cespuglio salta fuori l'LC4 in moto: Paul si sbraccia e viene riconosciuto. Spiegata la situazione il solerte amministratore estrae dalla valigetta un blocchetto di certificati di nascita in bianco, si appoggia al cofano dell'auto e lo compila sulla fiducia inserendo i dati anagrafici riferiti da Marco. Timbro (l'elemento più importante in qualsiasi documento ugandese), scarabocchio, chiede 5000 scellini (meno di 2 euro) e rimonta in moto.
E' stato facile! Ma Paul ammonisce Marco “Perché mi conosceva altrimenti ti avrebbe fatto un sacco di domande!”. Tradotto: “Ti avrebbe spillato molti più soldi”.
Ora viene il passaporto. Prima di tutto devi chiedere assistenza a qualcuno che sappia come muoversi e che, una volta compilata la richiesta, giri per gli uffici di Kampala dove un musungo non rimedierebbe nulla se non un'ulcera o una colecistite acuta.
Ci mettiamo in contatto con Francis. Negli uffici amministrativi dell'ospedale ci danno i moduli di richiesta: due per il Samu e due per il papà del Samu. In calce va posta la firma dei LC 1, 2 e 3 (amministratori di rango via via più elevato) del luogo di residenza del richiedente. Domenica mattina si parte alla ricerca dei 3 ufficiali di pubblica amministrazione.
LC1: questo è facile. L'ospedale risulta un villaggio a sé, per cui ha il proprio LC1: un signore che il mattino presto spazza le foglie nei viali e poi siede vicino al cancello quasi tutto il giorno. Timbro, scarabocchio e via.
LC2: nel trading center (l'unica strada del villaggio degna di questo nome) incontriamo Peter (altro amico di Marco): “Conosci l'LC2?” “Si il suo ufficio è qui” e indica un bar “c'è anche la sua bicicletta ma lui non c'è! Vado a cercarlo poi ti faccio sapere”.
Noi intanto passiamo all'LC3: Caterina sa dove abita. Lo troviamo con due giornalisti che all'arrivo dei musungu vengono sbolognati senza tanti complimenti. Si fanno presentazioni e un po' di domande: questo deve far vedere che è lui che comanda, ma alla fine estrae il magico timbrino, poi apostrofa una figlia di circa 10 anni che sta lavando pentolame e questa corre dall'altra parte del villaggio. “Ho mandato qualcuno a prendere l'inchiostro” ci spiega.
Mentre aspettiamo una folata di vento sparpaglia tutti i nostri preziosi moduli con i preziosissimi timbrini il che mi fa fare uno scatto stile Michael Johnson l'anno che si è dopato alle olimpiadi: il Piccio non può credere ai propri occhi ed io ho ormai dato tutto per la causa per cui mi ritiro trascinandomi dietro gli infanti stanchi e affamati.
Al commiato l'LC3 ci avverte: “Se cercate anche l'LC2 vi conviene farlo sul presto perché fra un ora potreste trovarlo già ubriaco” (è mezzogiorno ndr).
Peter ha mandato qualcuno in bicicletta a prenderlo a casa: “Ieri sera era un po' alticcio ed è caduto facendosi male al ginocchio. Ora non si ricorda neanche più che ha lasciato la bici qui in ufficio (bar ndr). Possiamo aspettarlo qui sotto la mia veranda!”.
Aspetta, aspetta... quattro chiacchiere diventano otto... poi il Piccio prende in mano la situazione mettendo in campo tutti i suoi potenti mezzi: “E se lo raggiungessimo in auto?”. Ma quando giungono alla casa dell'amministrativo infortunato scoprono che lui è già in “ufficio” e infatti lo trovano munito di timbrino che li aspetta seduto sotto la veranda di Peter!
Bene! Il più è fatto! Ieri ci fanno sapere che l'LC2 si è dimenticato di farsi pagare: rimedieremo al più presto.
Oggi il Piccio-Asterix parte alla volta di Otwal, sperdutissimo villaggio ove dimora il papà del Samu per proseguire le sue 12 fatiche.
… “fare un figlio”...decisamente più facile alla vecchia maniera...