mercoledì 25 giugno 2014

Aber - anno III - trentaseiesima settimana

Piccole democrazie crescono

Vogliamo raccontarvi un piccolo episodio che apre alla speranza nel futuro e che, quindi, non può che avere dei bambini come protagonisti. Come forse avevamo già scritto in passato, non sono rari i pomeriggi in cui il giardino davanti a casa nostra si popola di bambini che vengono a giocare col Franci e col Samu o, ad onor del vero, spesso più che altro con i giochi del Franci e del Samu. Come si sa l’occasione fa l’uomo ladro e così capita che a volte spariscano dei giocattoli. Anche se per caso non te ne accorgi subito, lo capisci il giorno dopo perché si presenta il doppio dei bambini in quanto la refurtiva intascata  fa ingolosire i vicini di capanna del ladruncolo che si precipitano nella speranza di ottenere un gioco in modo più o meno lecito. Noi naturalmente insistiamo che non vengano portati via i giochi non tanto per il loro valore in sé ma più che altro perché, se iniziano a sparire, nel giro di una settimana non ce n’è più per nessuno. E’ consentito quindi venire, giocare ma al termine è obbligatorio restituire. I metodi di controllo svariano da una semplice supervisione ad una perquisizione al termine della giornata. Qualche mese fa, proprio durante un “check out” abbiamo trovato le tasche di un bimbo piene di macchinine a cui, evidentemente, il piccolo furfantello non aveva saputo resistere. Senza farne un dramma, gli avevamo comunque detto che per un po’ non sarebbe potuto venire a giocare. Anche ieri il “munu-park” era pieno e alcuni bimbi erano facce nuove. Dieci minuti prima della fine della giornata vedo un piccolino allontanarsi in maniera losca ma faccio finta di niente; al momento del riordino me ne sono già dimenticato e certamente non so dire se le macchinine sono tutte presenti oppure no. Oggi puntualmente il numero dei presenti era ulteriormente incrementato dandomi la conferma che forse qualcosa ieri era sparito. Ad un certo punto però vediamo che si dispongono in cerchio e cominciano a parlare tra di loro. La discussione è abbastanza animata e, tra i “leader” c’è quel bimbo che avevamo allontanato qualche mese fa. Incuriositi li osserviamo andare avanti per una buona mezz’ora senza capire bene cosa stesse succedendo.  Al termine tutto il gruppo si dirige verso di me e mi comunica che ieri un bimbo aveva portato via un gioco. Io innanzitutto li ringrazio per il bel gesto fatto e poi gli chiedo di dire al loro amico che è meglio se porta indietro la macchinina così che possano andare avanti a giocarci tutti insieme quando vengono a trovarci. Ora io non so se ciò che ha mosso questi bimbi a riportare l’accaduto sia stato uno spirito di giustizia o la paura che, accorgendomi del furtarello da solo, avrei potuto impedire a tutti di venire a giocare (comunque anche in questo caso sarebbe stato un tentativo di preservazione dei propri “diritti” acquisiti)  comunque credo che sia un piccolo episodio positivo nella crescita di questi bimbi e, chissà, magari anche un segno di speranza per il futuro di questa democrazia.

In un paese dove la corruzione e le ingiustizie dilagano, questa è solo una piccola storia di bimbi, ma è un esempio che farebbe bene a tanti adulti.

giovedì 19 giugno 2014

Aber- anno III- trentacinquesima settimana


C’è chi viene e c’è chi va…

Cogliamo l’occasione di questo post per fare un po’ di aggiornamento sulle presenze ad Aber e insieme qualche riflessione, in modo particolare, su chi e soprattutto su come alcuni sono stati “allontanati”.
 
Ma iniziamo da “chi viene”: diamo il benvenuto a Vito ed Elisa. Entrambi chirurghi. Il primo è un chirurgo fatto…ma non ancora finito (!) mentre la seconda è specializzanda al penultimo anno. Vito è un mio quasi compaesano pugliese che è arrivato a metà maggio e che dovrebbe rimanere per circa sei mesi. Purtroppo a causa del pellegrinaggio non ho avuto modo di conoscere sua moglie e soprattutto le sue prelibatezze culinarie che mi avrebbero fatto sentire a casa prima del tempo! Friselle, pasta al forno alla pugliese, soppressata…mentre io mangiavo posho e fagioli!!!
Elisa prosegue invece la tradizione delle nostre amatissime vicine di casa…in meno di una settimana le due piccole pesti le hanno già tappezzato i muri con numerosissimi disegni di dubbio gusto ma che, chissà, un giorno potrebbero essere le opere d’esordio di due pittori futuristi. Fin d’ora le chiediamo scusa per il tormento che le daranno! Oltre a queste considerazioni, pensavo come loro sono le prime persone da quando siamo arrivati che rimarranno qui anche dopo la nostra partenza. Finora eravamo abituati ad accogliere, condividere e salutare mentre Vito ed Elisa erediteranno un pochino il ruolo di “lungo degenti”! Anche questo è segno, nel bene e nel male, della nostra ormai imminente partenza.
 
Passando invece al “chi va” vogliamo segnalare l’allontanamento di due infermiere dall’ospedale e della suora responsabile dell’orfanotrofio. Vorremmo riportare questi due episodi non per puro spirito di cronaca o, nel caso della suora dell’orfanotrofio, per festeggiare insieme a voi (come sapete non correvano rapporti idilliaci tra me e la responsabile del St.Clare!) ma perché sono sintomo di un atteggiamento ancora una volta non molto condivisibile dell’amministrazione dell’ospedale e dei donors dell’orfanotrofio. Come ormai sapete bene sia io che la Mari dal primo giorno che siamo arrivati abbiamo cercato di condividere il nostro modo di lavorare con i nostri colleghi cercando di essere comprensivi verso impostazioni o idee diverse ma evitando un eccessivo buonismo verso menefreghismi, pigrizie e disinteressi (o interessi che non fossero primariamente quelli dei destinatari del servizio). Per questa ragione erano state numerose le segnalazioni a chi di dovere di assenze ingiustificate, scarse o nulle attenzioni verso i ragazzi, mancanza di volontà di collaborare e altri atteggiamenti che secondo noi avrebbero meritato quantomeno un richiamo. Invece niente, la matron (responsabile delle infermiere) continuava a giustificarle con ragioni incomprensibili e il board dell’orfanotrofio (organo responsabile del menagement) non prendeva nessuna decisione in merito. Poi la svolta, improvvisa. Indovinate la causa? I soldi! Già, come sempre, l’elemento che fa smuovere le situazioni sono i soldi. Fa niente se i pazienti muoiono o i ragazzi sono abbandonati a loro stessi ma se mi rubi mille scellini sei finito. Così è successo che le due infermiere sono state colte in flagrante mentre si intascavano dei soldi e anche la gestione economica del St.Clare incominciava a destare dei dubbi. In quattro e quattr'otto sono state prese decisioni definitive. Licenziate le due infermiere e allontanata la sister. Chiaramente condanniamo anche noi questo tipo di atteggiamenti ma ci fa riflettere il fatto che solo quando le amministrazioni si sentono ingannate allora sono in grado di prendere decisioni nette mentre quando a rimetterci sono i più deboli, ancora una volta non sembra interessare a molti. Ma non dovrebbero essere i più tutelati?

giovedì 12 giugno 2014

Aber - anno III - trentaquattresima settimana

Sarah, Molly e le mamme africane

Sarah e Molly sono due mamme. Sono amiche e accomunate dal fatto di avere entrambe un figlio di 6 anni malato e dal fatto che io in questi tre anni ho cercato di prendermi cura dei loro bambini.
Oggi Molly è venuta con la sua bambina, Petra, che seguo per una anemia cronica e dopo la visita mi ha detto: “Come faremo ora che tu te ne vai? Chi si prenderà cura di Petra?”
Sarah era lì con noi, perché è anche una delle mie infermiere, e le ha risposto: “Cosa dovrei dire io? Chi seguirà Jacob che ha l'anemia falciforme?”
Poi ad entrambe sono sgorgate grosse lacrime dagli occhi.
Io ho cercato di sdrammatizzare: “...ma non siete vere african mothers!!!”
“Non siamo abbastanza forti...” ha risposto Sarah.
Già! Le madri africane che ho imparato a conoscere non si possono permettere di piangere per un figlio malato, perché di solito ne hanno altri cinque o sei a cui pensare.
Eppure anche qui, sotto questa coltre di calma apparente, di eterna immutabilità mai perturbata da sentimenti troppo forti, ci sono madri (chissà quante!), che si preoccupano e soffrono come me e più di me...anche per uno solo dei loro figli!
Sarah e Molly sono madri come me, preoccupate quando i loro figli non stanno bene. E non mi hanno ringraziata per il supporto economico che ho dato loro o per gli speciali farmaci europei che ho loro procurato: non lo ho mai fatto. Mi hanno ringraziata perché ci sono stata quando i loro bambini hanno avuto bisogno. E ora temono che non troveranno qualcun altro che abbia la stessa attenzione e la stessa compassione. Non vogliono che io porti i loro bambini in Italia e li guarisca: sanno che i loro bambini forse moriranno e magari sono anche pronte a questo. Ma chiedono che qualcuno si prenda cura di loro. E la loro richiesta nelle mie orecchie diventa grido di un popolo che non ha diritto a nulla, neanche alla cura, alla compassione per gli ammalati.
La piccola Petra in tre anni in cui l'ho vista circa una volta al mese mi ha sorriso solo una volta. E il piccolo Jacob quando ha saputo da sua mamma che io me ne andrò ha commentato: “Ma i pazienti soffriranno per questo!” e sua sorella lo ha preso in giro: “Anche tu!”. Sono piccoli già saggi come adulti. Perché la vita non darà loro il tempo di diventare saggi col tempo.
Mi viene da pensare che qui la missione bisogni ricominciarla da zero, dall'insegnare il comandamento più grande: ama il prossimo tuo come te stesso.
Non so se sono stata capace di fare questa missione in questi tre anni, se lo avessi fatto almeno per un giorno ne sarebbe valsa la pena.

Posso solo sperare che tutte le sorelle e i fratelli ugandesi che già lo fanno continuino a diffondere quest'unica parola che dà vita. 

sabato 7 giugno 2014

Aber - anno III - trentatreesima settimana

Scelte scomode

Non è certo facile condividere in poche righe due settimane e mezzo di immersione totale tra la gente di qua, tra i loro usi e le loro consuetidini. Il tutto, poi, “condito” da una camminata di 380km. Non è facile comunicare le fatiche e le gioie, i dolori fisici e le emozioni. Ci proverò comunque sapendo già che lascerò dei vuoti che solo l’esperienza diretta può colmare…prendetelo come un invito!!!



Lunedì 19 Maggio 2014, ore 1:30am, Cattedrale di Lira: PARTENZA. 

217 persone, 149 donne e 68 uomini, 2 Mzungu; 380 km totali da percorrere, 18 giorni, 11 tappe; due persone con le scarpe da ginnastica,  il resto con le infradito, alcuni scalzi; 




carichi enormi sulle teste delle donne; notti, cieli costellati con miliardi di astri luminosi, strade buie, silenzio e poi canti, preghiere; ci si riposa a bordo strada col naso all’insù, i camion che nella notte ti sfrecciano a 2 metri di distanza; ci si rimette in cammino, poi finalmente l’alba…è sempre una rinascita; pausa per la colazione con chapati, uova sode, te caldo, g-nuts; dolore alle gambe, ai quadricipiti, ai polpacci, sotto i piedi per le mille vesciche; dolore ad alzarsi, dolore a sedersi, bruciore, quasi paralisi; ma si va avanti sostenendosi a vicenda “worri, worri” “vai, vai”. 

Ora si cammina  sotto il sole, caldo, gocce di sudore; un paio di giorni piove; tanti saluti di persone lungo la strada, “Mzungu, will you reach?”, manghi regalati, bibite, bottiglie d’acqua tirate dai camion che passano, più avanti anche ananas e addirittura angurie donate, qualcuno ti da 700 scellini, un altro mille, tutti ti chiedono di pregare per loro. 

Scarpe che si consumano, suole che si assottigliano. I colori: verde, rosso, azzurro, una lingua di asfalto spesso rovinato. 














Arrivo alla cappella, breve riposo poi bisogna andare a prendere l’acqua al pozzo per lavarsi i vestiti che domani bisognerà rimettersi, una tanica anche per la doccia…qui ci si lava così. Acqua, ancora acqua dal pozzo questa volta per bere ma non prima di averla disinfettata con un po’ di amuchina; poi la cena è pronta: posho e fagioli per 15 giorni, 1 giorno carne, 1 giorno verza, 1 giorno niente cena, non c’è nessuno che la prepara e allora si condivide ciò che si ha: kassava, biscotti, g-nuts pest portato da casa ma ancora buono.
Ore 7:30 pm buona notte…in 217 in una sala, per terra, vicini, ci si tiene caldo per poche ore poi ci si rimette in cammino. 

Domenica 1 Giugno 2014, ore 4:30pm, Santuario di Namugongo: ARRIVO.


Come mi può essere utile oggi l’esempio dei Martiri d’Uganda? Credo che il messaggio più vero per me è di cercare di non essere egoisti. Nella quotidianità credo che sia importante non pensare solo a sé stessi; magari senza arrivare a dare la vita per gli altri o per la fede (non credo proprio di essere pronto per questo) però almeno sforzarsi di fare scelte un po’ scomode, che non mettano sempre e solo me al centro ma che abbiano uno sguardo un po’ più allargato sul mondo e al mio vicino. Magari cercare di far morire quella parte più egoista di sé.


Una suora comboniana che mi ha ospitato a Namugongo, il giorno prima della celebrazione mi ha detto “vedrai domani quanta gente, se il re che ha ucciso quei 22 ragazzotti avesse saputo che quel gesto avrebbe in futuro prodotto tutto questo, dato forza e fede a tutti questi cristiani, forse avrebbe deciso di lasciarli in vita! Dal suo punto di vista avrebbero certamente prodotto meno danni! Se il suo obiettivo era spegnere la fede, ha ottenuto il risultato opposto. E’ proprio vero che se il seme non muore non da frutto, ma se muore genera nuova vita”. 

domenica 1 giugno 2014

Aber - anno III - trentaduesima settimana

 Anche questa settimana ospitiamo un post scritto a sei mani da Laura Guido e Davide...a volte è bello vedersi e vedere il mondo attraverso altri occhi...

E approfittiamo per ricordare a chi ci è venuto a trovare o ci ha incontrato qui ad Aber, più o meno di recente, che è sempre il benvenuto a postare sul nostro blog, per raccontare attraverso altri sguardi questo angolo di mondo!
Buona lettura...


L’ABC dell’Africa

Quasi tutta l’Africa lango di Aber ad una valutazione superficiale potrebbe stare in un ABC…
Eccolo.
<< Apwoio >> <<Apwoio>> <<Ber?>> << Ber!>> <<Copango?>> << Copporopè!>>
<<Ciao!>> << Ciao!>> << Bene?>> << Bene!>> <<Novità?>> <<Tutto al solito!>>
Bene? Sicuri che va tutto bene? No, in effetti non ci sono novità, ma questo non va bene, qualche novità ci deve essere, guardate bene” verrebbe da dire quando in 15 giorni senti questo dialogo in lango così tante volte che ormai lo dici anche tu povero milanese che stenta a dire due parole in inglese…

Beh noi che abbiamo avuto l’occasione di vivere questa ricca esperienza difficilmente descrivibile in poche parole (come farebbe un lango..), abbiamo pensato di usare qualche parola in più e, guardando bene, abbiamo trovato almeno un’altra ventina di lettere oltre l’ABC per dire questa nostra Africa, e vorremmo condividerle con gli amici del blog…                                                       




A come l’alfabeto degli amici ad Aber fatto di gesti semplici familiari quotidiani che hanno reso l’esperienza in casa Piccio indimenticabile
B come Basket time occasione sportiva e divertente che il nostro eroe Berna (Davide) nel match Italia – Uganda ha voluto vivere con lo stile NBA del basket spettacolo, tra cadute voli piroette a piedi scalzi sul cemento: ne porta ancora brutti segni...

C come lo sport preferito dagli abitanti di Aber: la Corsa al mango: al primo soffio di vento posizionarsi nei pressi del mango con aria indifferente (nei pressi, mai sotto, dove ci sono i famosi serpenti del mango, quelli verdi, forse non velenosi, - come forse??), tenere lo sguardo fisso al mango giallo (maturo) che starà per cadere e al primo movimento di caduta del frutto dal ramo fiondarsi a raccoglierlo cercando di non farsi colpire, caso in cui il trauma cranico è assicurato; un pomeriggio Guido e Franci sono rimasti 20 minuti a fissare la pianta di mango e poi hanno vinto! (brutta cosa la fame…)




D come Dai che ce la facciamo ad arrivare lì in 36 ore di meraviglioso viaggio passando dal Rwanda e poi su a Kampala da dove iniziava l’infinito viaggio nel bush ugandese su un pullman con uomini donne bambini e bestie, a due ruote sull’asfalto e due giù, per una pendenza di 45 gradi sul lato...
E come Esagerati i semini in un limone, i fagioli che cadendo a terra danno la pianta, le stelle nel cielo, le termiti nel volo nuziale, i temporali tropicali, gli orizzonti infiniti, il rosso della terra, il numero dei figli…  

F come Futuro che nella grammatica lango non esiste … e come si fa a pensare ad un futuro se non si sa se si arriva al mattino dopo e se lo sguardo al domani è “magari qualcosa succede”…
G come Franci il Guerriero che cammina a testa alta, unico bambino musungu, col suo cerotto in mezzo alla fronte che lo corona eroe dei due mondi;






  H come Aber Hospital dove la Pizzi, furibonda, al cesareo numero 200 (almeno) deve ancora dire alla strumentista “bisturi” “forbice” “filo”, dove Stella muore di leucemia (forse, come si fa a far diagnosi? la suocera i soldi per andare al Lacor Hospital per la biopsia non li ha e forse la mucca che invece ha le serve per comprare un’altra moglie al figlio..), dove Moses viene dimesso (VIVO) con le prime tre cause di morte al mondo e ritorna a casa a riprendere in mano la zappa che aveva lasciato per un “dolorino alla schiena”, dove le donne per riposare un po’ si fanno ricoverare mimando crisi convulsive e meningiti che (qualche volta, poche) fregano anche la Pizzi;
I come Iceme, Lacor e tante altre realtà dove persone diverse in modi e tempi diversi hanno dato e danno la vita per gridare e vivere una giustizia, dare e chiedere dignità e libertà;   
J come Jafar Piccione, grasse risate, grazie Marco! ed evviva tutti i Piccione, ormai tantissimi anche in Africa!
K come Kassava… “no, grazie, come se l’avessi presa, davvero…” L come Lariam che da bravi stiamo ancora prendendo, come fossimo ancora un po’ lì in Africa;
M come Muezo gioco africano fatto di legno e semi, gioco che richiede abilità, velocità e ragionamento, regalo di Martin a Marco, a cui anche noi abbiamo cercato di imparare a giocare, segno delle belle relazioni che oltre agli ostacoli della lingua e della cultura Marco e Mari hanno; saputo intrecciare, relazioni nelle quali anche noi in qualche modo siamo entrati, nel nostro piccolo, perché le relazioni vere tendono ad allargarsi;
  N come Nilo, regale e maestoso, che fa il solletico ai coccodrilli e agli ippopotami, che rispecchia i voli spettacolari dei martin pescatori e delle libellule, che rende verde e rigogliosa la terra rossa d’Africa e che incanta nelle sue cascate;
O come hO visto Milan - Atalanta nel Mc Donald di Kampala (no comment);
P come il Pellegrinaggio (in corso) a Namugongo di Marco, per camminare insieme, per fare un pezzo di strada (solo 450 Km, gli stessi delle nostre 6 ore di pullman…) con gli Ugandesi: aspettiamo i tuoi racconti!! (no tranquillo non diciamo in giro che ti sei portato la tenda “pronta in un lancio” della Decathlon, la Moca rigorosamente da UNO, il filtro per l’acqua, la maglietta in microfibra assorbisudore e ti sei spruzzato di insetticida Biokill se mai anche gli insetti avessero voluto camminare con te…);
Q come Quirino gigante buono, fedele autista nel tratto Entebbe – Kampala: un grazie particolare a lui per averci offerto a casa sua a finestre chiuse e con la stufetta accesa (fuori la temperatura era drammaticamente scesa da 38 a 30 gradi) una bevanda simile alla cioccolata calda che ci ha mandato in sciolta all’aeroporto di Entebbe e di Istanbul (sempre piacevole…);
R come Rientro che si avvicina, vi aspettiamo in questo povero Occidente;
S come Spiedini di capra serviti su raggi di bicicletta ad ogni fermata del bus, versione ancestrale del Mc Drive..;
T come Tse Tse, la mosca assassina che, si legge nelle bibbie dei tropicalisti: “può trasmettere diversi tipi di Tripanosoma (bestiolina che trasmette la “malattia del sonno”, un sonno…eterno…ndr) che si incrociano proprio lì nell’East Africa nella zona delle Murchison falls (le cascate del Nilo di cui sopra) e, per quanto ormai i casi siano rari, colpiscono principalmente gli avventurosi turisti che si inoltrano in quel territorio..”. Marco: <<ricordatemi che quando giriamo a sinistra su per il bosco, si devono sollevare i finestrini, se no entrano le mosche”; peccato che il tubo della macchina si sia rotto proprio in quei paraggi ai piedi del bosco e abbiamo assistito al macchinoso tentativo di riparazione del tubo per un’oretta all’aria aperta e che nella barca sul Nilo ad un certo punto ci sia stata un’invasione di mosche.. Beh ce la raccontiamo tra qualche mese…!!!
U come Uragano tropicale che pochi giorni dopo la nostra partenza ha abbattuto manghi e con essi capanne (tra cui la Moschea di Mustafa papà di Jafar Piccione a cui mandiamo il nostro pensiero affettuoso) – vedasi E e M;
V come Varicella: scusaci Samu se ti grattavi e noi pensavamo ad un simpatico capriccio per attirare la nostra attenzione e ancora adesso, guardando la tua foto alla pozzanghera con la manina che cerca di raggiungere la schiena per un attacco di prurito, ci sentiamo male!


W come What are you looking? Chiediamo a dei turisti americani nel Parco tutti intenti coi cannocchiali a guardare in una direzione… : Lions! Lions? WoW! Noi si stava guardando un meraviglioso esemplare di tartaruga, notando che di simili ce ne sono anche …al Parco Lambro…!






X: impossibile segnarla sui più comuni atlanti cercando Aber! Ma dove siete (siamo) andati?!?!
Y come You and Me, l’opzione telefonica tra Marco e Mar…iagrazia? Ma no! Tra Marco e Martin che a dispetto dell’ABC dei lango (vedi sopra) ha scelto di unire virtualmente la sua SIM a quella di Marco per dire tante parole parole parole – vedasi M;
Z come Zappare, che se passa a sport olimpico l’Uganda porta a casa l’Oro come nella Maratona..
Apwoio
Davide Guido e Laura