mercoledì 27 agosto 2014

Aber - anno III - quarantacinquesima (e ultima) settimana

Pronti a partire…ancora!

Ci siamo…lunedì lasceremo Aber alla volta di Kampala e martedì avremo l’aereo per tornare in Italia “for good” come dicono da queste parti.
Il 23 Agosto 2011 per il primo post dall’Africa usavamo la stessa foto (in realtà centrata solo su Francesco e Angela) e il titolo era “pronti a partire”. Oggi, dopo tre anni, eccoci “pronti a partire…ancora!”.
Ci sentiamo un po’ lettori e un po’ scrittori di questo libro che è la nostra vita. E come quando inizi a leggere (o a scrivere) un nuovo capitolo di un libro entusiasmante e ben scritto ti puoi aspettare più o meno a cosa vai incontro ma è impossibile prevedere con esattezza cosa accadrà. E’ questo lo stato d’animo in cui ci troviamo. La nostra storia si è arricchita di molti episodi, molte avventure, molti volti, molti nomi che non potremo e non dovremo dimenticare se vorremo comprendere pienamente il significato del capitolo appena terminato e continuare a leggere (o scrivere) mantenendo quello spirito di sognatori come elemento costante della nostra biografia. Allo stesso tempo però dovremo cercare di rimanere aperti a quell’elemento di imprevedibilità proprio di chi sa di non essere padrone della propria vita e sa che, per viverla pienamente, si deve affidare e lasciarsi guidare.
In questi ultimi giorni sono soprattutto gli occhi ad essere spesso lucidi, ma il cervello e il cuore invece no, non ce la fanno a mantenere la lucidità: Gente che non vuole farti partire, gente che ti sta già aspettando con le braccia aperte; posti che non vorresti mai lasciare, posti che non vedi l’ora di rivedere; progetti terminati, progetti che stanno già prendendo forma; cibi che ti mancheranno, cibi di cui non vedi l’ora di strafogarti; ritmi calmi che presto rimpiangeremo, ritmi frenetici delle mille attività in cui abbiamo voglia di tornare a metterci in gioco! Che confusione…che meraviglia! Per tutto questo non possiamo far altro che ringraziare…TUTTI x TUTTO!
A questo turbinio di emozioni si aggiunge il dover scrivere questo ultimo post. Piccio-Uganda è uno strumento nato un po’ per scherzo ma che, col passare del tempo ha assunto sempre più un ruolo centrale nella nostra esperienza. Innanzitutto per noi, per aiutarci a riflettere e non perdere momenti e incontri che avrebbero altrimenti corso il rischio di scappar via senza lasciare il giusto segno. Inoltre ci ha permesso di amplificare la voce delle persone che incontravamo permettendogli di arrivare fino in Italia. Last but not least ci ha permesso di sentire la vostra vicinanza coi vostri commenti e con i vostri feed back che hanno fatto sempre un enorme piacere.
L’avventura è giunta al termine…se avessimo dovuto pensarla noi certamente non avremmo potuto pensarla così bella, così faticosa, così ricca, così emozionante. Fra una settimana avremo lasciato l’Africa fisicamente ma certamente ce ne porteremo per sempre un pezzettino nel nostro cuore. Grazie Africa.

Aber, 27 Agosto 2014 – Piccio-Uganda, passo e chiudo!

mercoledì 20 agosto 2014

Aber - anno III - quarantaquattresima settimana

Chi pianta datteri non mangia datteri

Non so se questo proverbio è vero, non so se una pianta di datteri impieghi veramente 100 anni a dare i frutti. Vero è, però, che quando ho sentito questa frase l’ho subito associata alla nostra esperienza africana. In modo particolare in questo periodo in cui più o meno giustamente si tirano le somme, in cui, più o meno giustamente si cercano di fare delle valutazioni, sicuramente questo detto può aiutare a fare delle considerazioni. Una prima domanda è: sulla base di quale parametri valutare un’esperienza del genere? I frutti che si possono vedere? La crescita personale? Umanamente si ricerca nelle frasi delle persone quella gratificazione di cui si ha bisogno: “se non fosse stato per te non staremmo studiando qui”; “Dr. Maria come faremo senza di te?”; “a un mese dalla partenza si pensa già alla nuova esperienza e invece tu sei ancora qui a partecipare a tutte le nostre riunioni”; etc.etc.
Sicuramente fanno piacere però vorrei proporre anche un altro modo per valutarsi, più umile e che non ambisce a cambiare il mondo ma piuttosto può aiutare noi stessi a migliorarci un pochino. Questa valutazione è fatta solamente di una domanda: ho dato il massimo? Se la risposta è sì, credo si possa essere soddisfatti, comunque. Anche se gli errori ci sono stati e anche se i cambiamenti non si vedono quello che mi devo chiedere è: Io ho dato il massimo, ho dato quello che ho anzi, quello che sono;  ho cercato di non dare spazio alle pigrizie, alle paure e alle arrabbiature oppure mi sono fatto prendere dallo sconforto nei momenti bui o mi sono adagiato sugli allori quando le cose andavano meglio? Ho messo sempre al centro l’altro, unico obiettivo del mio agire, cercando insieme a lui con perseveranza e testardaggine il bene comune? 
Tornando al nostro detto di partenza, credo veramente che sia più importante pensare a come ho piantato i datteri più che aspettarmi di vederne i frutti. Un conto è buttare il seme dove capita, un conto è studiare il terreno, ararlo, nutrirlo, amarlo e deporvi il seme mettendo in gioco tutte le conoscenze che si hanno. Poi può succedere che malgrado la mia buona volontà i frutti non appariranno mai ma non per questo sarà stato un fallimento. Altri impareranno dai miei errori: la stagione sbagliata, il terreno sbagliato, il seme messo troppo in profondità e soffocato. Oppure semplicemente ci saranno altre condizioni esterne che saranno più clementi e favorevoli.

Nel nostro piccolo anche noi abbiamo cercato di fare del nostro meglio…confidando nei semi che ci erano stati dati e cercando di seminarli nel miglior modo possibile, confidando nel terreno che li accoglieva, confidando che le condizioni al contorno fossero favorevoli. A me i datteri piacciono…per fortuna cent’anni fa qualcuno ha pensato agli altri più che a sé stesso e ha  sperato nel futuro.

mercoledì 13 agosto 2014

Aber - anno III - quarantatreesima settimana

Tempo di cambiamenti?

Certamente quello che stiamo vivendo, per quanto ci riguarda direttamente, è un tempo che porterà dei cambiamenti. Fra meno di un mese saremo reimmersi nel mondo italiano con tutto quanto questo comporterà. Ma, guardandosi intorno, sembra che questi cambiamenti epocali non riguardino soltanto noi ma anche questa terra che ci ha accolto e ospitato per tre anni. Possiamo dire di essere stati testimoni di momenti cruciali per l’  “evoluzione” di questo Paese…alcuni di un’importanza rilevante, altri forse meno ma comunque degni di nota. Innanzitutto vogliamo condividere e sottolineare l'importanza dello svolgimento del primo gay-pride ugandese. Sabato 9 Agosto si è tenuta ad Entebbe la prima manifestazione nella storia di questo Paese a favore degli omosessuali. Al di là che si possa essere a favore o contrari a questo tipo di eventi, credo che sia indiscutibile che si tratti di un piccolo passo avanti verso una democrazia reale e non solo dichiarata. Come forse ricorderete, anche sulle pagine di questo blog avevamo accennato alla legge antiomossesuali che era stata proposta dal governo e che aveva suscitato lo sdegno di molti governi occidentali perché prevedeva pene tra le più repressive e severe al mondo. Il primo Agosto la Corte Costituzionale ha annullato tale legge e così è stato possibile svolgere questa parata. Il primo fatto positivo è che si sia potuta svolgere una manifestazione di opposizione senza che finisse con una repressione armata. Il secondo aspetto che apre all’ottimismo è che la gente si sia mobilitata per i diritti di una minoranza. In un Paese dove i diritti (istruzione, cure mediche, etc) non sono garantiti neanche alla maggioranza, credo che sia un esempio di lotta pacifica che lascia ben sperare. Passando ora ai cambiamenti più vicini a noi, di un impatto un filo meno rilevante per la democrazia del Paese ma certamente non trascurabili…siamo lieti di annunciare che: Tony ha un frigorifero e può quindi vendere birre fresche, la pompa di benzina di Loro non funziona più con la manovella ma con una pompa elettrica, in sala operatoria non ci si lava più con il detersivo dei piatti, ma con disinfettante e spugnette sterili monouso!  E dici poco!!! Forse per chi non è stato da queste parti è difficile comprendere pienamente l'impatto che questi cambiamenti possono determinare, ma certamente si può comprendere il piacere di andare a fare un aperitivo con una temperatura di 40° e trovare una birra fresca al posto di 66 cl di liquido alcolico caldo e gassoso; allo stesso modo non è difficile intuire il sollievo di recarsi dal benzinaio con la speranza di non doverci stare mezz'ora e dover vedere il malcapitato omino di turno dover sudare sette camice per farti 50000 scellini (meno di 15 euro, meno di 14 litri) di benzina! Infine, non sarà complicato neanche comprendere la rassicurazione che può dare ai medici (soprattutto quelli Mzungu) un'evoluzione, anzi una rivoluzione del genere in ambito igienico sanitario...ora quando si recano in sala operatoria per cercare di svolgere umilmente il proprio lavoro possono ottimisticamente sperare di non trasmettere qualche pestilenza da un paziente all’altro.
E allora perché mettere quel punto di domanda nel titolo? Perché i cambiamenti, per renderli positivi, veri e sostanziali (e non solo di apparenza), non devono rimanere sporadici, devono essere per tutti e bisogna saperli gestire. Così la manifestazione per i diritti non deve essere isolata e un contentino dato a quei 10/20 partecipanti ma il vero cambiamento verso una democrazia più vera va ricercato ogni giorno. Quando si acquisisce un privilegio (come l'elettricità) bisogna anche impararlo ad usare altrimenti possono essere più gli svantaggi che i vantaggi (guarda caso proprio con l'arrivo della corrente di linea, noi siamo rimasti senz'acqua e senza luce per tre giorni!!!). I valori che si riconoscono importanti per sé (come l'igiene in ospedale) devono diventare un diritto per tutti e soprattutto per chi è più debole...la speranza in questo caso è che a beneficiare della sterilità siano soprattutto i pazienti! 

E anche per quanto ci riguarda dovremo essere in grado di vivere il cambiamento logistico gestendo al meglio le nostalgie e le nuove sfide se vorremo veramente mettere a frutto ciò che l'Africa ci ha insegnato in questi tre anni. 

mercoledì 6 agosto 2014

Aber - anno III - quarantaduesima settimana

St.Josephine Bakhita: la nostra prima e indimenticabile scuola

Ed ecco che è arrivato (finalmente!?...di già!?) il nostro ultimo mese in Uganda.
Fra meno di trenta giorni saremo in Italia e inevitabilmente abbiamo iniziato la grande tournée delle feste d'addio! L'ultima fatica, soprattutto per me che sono allergica a tutte le feste. Ma fra le tante cose l'Africa mi ha anche insegnato a non oppormi all'inevitabile e a lasciare che alcune cose accadano senza spendere troppe energie per opporvisi.

Le feste in Uganda sono appunto una forza della natura inevitabile ed incontrollabile.
Si è iniziato oggi con la festa dell'asilo. Anche se le lezioni sono finite venerdì scorso, oggi i bambini sono andati a scuola per incontrare e salutare i loro amichetti Francesco e Samuel che presto torneranno in Italia...for good...!
I bambini hanno giocato insieme poi abbiamo rivisto alcuni filmati e foto e infine hanno cantato insieme qualche canzone.
Finalmente...circa all'ora di pranzo... è arrivato il momento della torta offerta dai guest of honour che i bambini hanno ricevuto stando tutti in fila in religioso silenzio...sotto il sole!
Dopo questa sudata ci voleva proprio un po' di rinfresco e così fra applausi scroscianti è arrivata una moto che portava ben otto cassette di bibite per un totale di 192 bottigliette di coca, fanta e affini!



Dulcis in fundo il momento delle foto! Prima di tutto cercare il posto migliore, non contro sole: peccato che sia mezzogiorno all'equatore! Si decide quindi di sistemare alcune sedie sotto un albero dalla larga chioma ad ombrello.

La famiglia Piccio deve essere ritratta con ciascuno degli insegnanti e poi tutti insieme e poi anche le cuoche e poi la famiglia di un insegnante e poi tutte le combinazioni possibili...neanche al mio matrimonio avevo dovuto fare tante foto!

Per fortuna la loro cerimoniosità così buffa ha sciolto un po' il nodo che avevo in gola a pensare che ce ne stiamo andando davvero e per sempre. Che diciamo davvero addio alla prima scuola dei nostri figli...e che scuola...

Chissà se il Franci e il Samu si ricorderanno del mary goes round mal bilanciato, dei seggiolini di ferro delle altalene con gli spigoli vivi, dello scivolo sotto il sole che ti scotta le gambe.
Chissà se ricorderanno di avere dato la caccia ai camaleonti o di quando la maestra scacciava il varano con il bastone. E  soprattutto chissà se ricorderanno i loro primi compagni di scuola con cui parlano perfettamente in Lango...spirito d'adattamento dei bambini...Jacob, Ezra, Ely, Manuela, Elvis, Ogwang, Otot, Obong Tony e tutti gli altri.
(Maria Grazia)

martedì 29 luglio 2014

Aber - anno III - quarantunesima settimana

ʿīd al-fiṭr 

La ʿīd al-fiṭr ( arabo ﻋﻴﺪ ﺍﻟﻔﻄﺮ) costituisce la seconda festività religiosa più importante della cultura islamica.
Viene celebrata alla fine del mese lunare di digiuno di ramaḍān (e dunque il 1° di shawwal), come segno di gioia per la fine di un lungo periodo penitenziale. Letteralmente il significato dell'espressione araba è "festa della interruzione [del digiuno]". (wikipedia)

Lunedì scorso ho partecipato alla preghiera/celebrazione organizzata dalla comunità islamica di Aber. L’imam della moschea è una persona che ho avuto modo di conoscere bene durante questi tre anni e con cui ho anche collaborato in un paio di progetti. Così, quando gli ho detto che mi sarebbe piaciuto partecipare ad una loro preghiera, ha colto l’occasione per invitarmi a questa grande festa.
Pur non essendo molto numerosa, la comunità islamica di Aber è assidua nel ritrovarsi regolarmente nella moschea del villaggio costruita secondo lo stile delle capanne locali con tetto di paglia e pareti di fango.  
In questa occasione però, la celebrazione viene fatta all’aperto sia per motivi di spazio (naturalmente richiama un numero di fedeli molto più alto del solito) sia, mi spiegavano, per motivi di testimonianza e apertura verso tutti coloro che sono interessati a vedere ciò che si sta svolgendo in questa giornata speciale.
Quando arrivo alle 9, le stuoie sono tutte sistemate rivolte verso la Mecca e le prime persone hanno già iniziato la preghiera personale. Subito vengo accolto e invitato a sedermi.
Dopo pochi minuti arriva Mustafà (l’Imam) e inizia la preghiera comunitaria recitata in parte in arabo, in parte in lango e riassunta per me in inglese. Si alternano momenti di spiegazione del Corano e momenti in cui vengono ripetute insieme delle sure accompagnate da gesti di preghiera. Inoltre viene fatta una colletta che verrà distribuita subito dopo la celebrazione ad alcune persone particolarmente indigenti.
Al  termine della preghiera, ci si ritrova nuovamente per dare spazio questa volta ad un momento più di discussione e chiarimenti su alcuni dubbi di fede. Naturalmente sono emersi alcuni punti in comune con il Cristianesimo e alcune differenze ma, ancora una volta, è stato importante sentire e condividere come il vero messaggio di fondo sia assolutamente lo stesso per islamici e cattolici. Quando però, durante i saluti finali, una persona in modo semiserio mi augurava di convertirmi all’islam, mi è venuto spontaneo di rispondere che invece io non gli auguravo una conversione al cristianesimo ma piuttosto di cercare di essere un buon musulmano come noi speriamo di riuscire ad essere dei buoni cristiani.

Come tutte le feste che si rispettino, in qualunque religione del mondo, la conclusione è stata affidata ai baccanali! 

martedì 22 luglio 2014

Aber - anno III - quarantesima settimana

La torta mondiale

Come già condividevo in passato, il corso che sto tenendo alla scuola secondaria St.Mary di Aboke sulla missionarietà è una delle attività più interessanti che ho avuto la fortuna di portare avanti in questi tre anni. Non per voler essere ripetitivo ma ancora una volta devo osservare come la riuscita di un progetto è inversamente proporzionale alla quantità di soldi spesi. In questo caso…costo zero, coinvolgimento delle ragazze massimo! Sabato scorso questo percorso condiviso si è arricchito di un altro interessante capitolo. Il tema che stavamo trattando era “la condivisione” intesa a 360° e ho pensato di proporre come gioco per la condivisione delle risorse “La torta Mondiale”. Come forse molti di voi sapranno, La torta mondiale è un gioco in cui si rappresenta il mondo (servendosi di dati forniti da alcuni centri di ricerca per uno sviluppo sostenibile) mantenendo fedele il rapporto tra il numero di persone appartenenti ad un certo continente e la quantità di risorse per esse disponibili. Quindi, per fare qualche esempio, con un gruppo di 20 persone, 12 rappresenteranno l’Asia e avranno a disposizione 7 risorse (solitamente merende); 3 persone saranno l’Africa con 1 risorsa; 1 persona sarà il Nord America con 11 risorse; 2 persone l’Europa con 11 risorse e così via! Come gioco è molto ben pensato e da sempre molti spunti per discutere con i ragazzi…soprattutto perché i ragazzi-Africa e i ragazzi-Asia si vedono veramente privati delle loro gustose merendine!!! Fin’ora però mi era sempre capitato di proporlo in Italia, ma questa volta il contesto era diverso: lo proponevo in Africa, lo proponevo nella parte di Mondo che è vittima e non carnefice di questa situazione. Come avrebbero reagito?  Se di solito quando lo si fa dalle nostre parti, dall’analisi della situazione esce rammarico, dispiacere e un vago senso di colpa, questa volta speravo uscisse rabbia per la presa di coscienza di essere vittime di ingiustizie e voglia di riscatto. In effetti, nel momento in cui ho svelato cosa rappresentava quella situazione a gruppi in cui si trovavano c’è stato un attimo di imbarazzo e sorpresa. Imbarazzo da parte mia che da “bianco” mi trovavo a dire: “questa è l’Africa, questo gruppo siete voi. 1 biscotto per tre persone e in più vi do anche le carte vuote dei biscotti come rifiuti gettati dal resto del mondo”. Sorpresa da parte loro nel vedersi proporre da un “colpevole” un gioco del genere. Comunque, dopo questi primi attimi il gioco è andato avanti e sono uscite questioni interessanti. Purtroppo, rispetto a quello che avrei voluto, è emersa ancora troppa rassegnazione e senso di dipendenza dal così detto primo mondo però la speranza è che sia un pochino cresciuta quella consapevolezza che è la prima molla per far scattare la volontà di essere protagonisti del cambiamento.  Ecco alcuni episodi avvenuti durante il gioco che voglio portare alla vostra attenzione senza alcun commento:
 Una ragazza-Asia ha commentato “noi siamo fortunati ad essere in tanti, in questo modo possiamo dividerci i problemi”
Un’altra ragazza-Asia rivolgendosi al Nord America: “dovrebbero donarci un po’ di biscotti!”. Io intervengo facendo notare l’errore dell’usare la parola “donare” e sottolineo come: “Dovrebbero essere suddivisi diversamente i biscotti per giustizia, non per carità”
Nella fase in cui si chiede ai partecipanti di trovare delle soluzioni… una ragazza “emigra” dall’Africa, si sposta in Nord America e ci rimane.

Un’altra ragazza “emigra” dall’Asia, va in nord America, prende due biscotti, torna in Asia ma se li tiene per sé e non li condivide con gli altri asiatici.

martedì 15 luglio 2014

Aber - anno III - trentanovesima settimana


Ai confini del mondiale

Senza voler fare facili polemiche o cadere in luoghi comuni, ci riproponiamo di rileggere i mondiali appena finiti vedendoli con gli occhi di chi sta vivendo in una parte molto povera del Brasile. Marco e Valentina sono due missionari laici comboniani. Marco è giornalista e ha avuto la possibilità di fare una blog-cronaca della coppa del Mondo sul sito di Famiglia Cristiana. Dopo tanto tempo passato davanti alle televisioni per guardare le sfide tra i campioni, consiglio vivamente di ritagliarsi una mezz’oretta per leggersi i post che ci permettono di conoscere un po’ meglio alcune delle partite che il popolo brasiliano gioca quotidianamente e per tutta una vita. 
Grazie Marco e Valentina

Ecco il link al Blog di Marco: ai confini del mondiale

Vi ripropongo qui uno dei post che mi ha colpito maggiormente:

La donna che guarda le partite con Dio.
La signora Eunice guarda le partite del Brasile con suo figlio e con Dio. Già, questa donna sulla sessantina non si dimentica della presenza di “Lui” al suo fianco. E così ad ogni visita c’è qualcosa da imparare. Prima di quattordici figli, la signora Eunice vive oggi in affitto in una piccola casa fatta di tavole di legno a un centinaio di metri dalla nostra abitazione nel quartiere di Piquiá, città di Açailandia, Nordest del Brasile. Con lei ci sono tre figli: due escono la mattina per andare al lavoro e tornano verso le 17 o le 18, mentre l’altro, di una trentina d’anni di età e con un forte ritardo mentale, resta sempre con lei. 
Questa donna non si alza dalla sedia da una decina d’anni a causa di un ictus che l’ha lasciata con metà corpo paralizzato. Eppure non l’ho mai sentita lamentarsi. “Dio si prende cura di me e non mi fa mai mancare niente”, ripete spesso anche in mezzo a una povertà materiale evidente. Ogni volta che passo di là con mia moglie, la signora Eunice ci chiede di leggere e commentare insieme il Vangelo del giorno. “Dio è sempre presente, è là - dice indicando il giardino di casa – e se potessi leggerei sempre la Bibbia”. Solo che non può, perché non è mai andata a scuola e nessuno le ha insegnato a leggere.
Eppure è chiaro che sta scrivendo il Vangelo con la sua vita. Con la sua fiducia incrollabile in un Dio che si prende cura di lei. Con la sua capacità di crescere i figli e di accogliere con un sorriso tutto sdentato chiunque le faccia visita. Nel modo in cui ha imparato ad affrontare le gioie e le sofferenze che la quotidianità non le fa mai mancare. Qualcuno con tanti studi sulle spalle dice che si tratta di una fede piuttosto “semplice”, “immatura”. Personalmente sento di avere bisogno di mettermi sui banchi di scuola della signora Eunice. Per imparare anch’io, un giorno, a guardare le partite con Dio.

L’immagine di copertina è un graffito di Paulo Ito comparso per le strade di San Paolo.