sabato 7 giugno 2014

Aber - anno III - trentatreesima settimana

Scelte scomode

Non è certo facile condividere in poche righe due settimane e mezzo di immersione totale tra la gente di qua, tra i loro usi e le loro consuetidini. Il tutto, poi, “condito” da una camminata di 380km. Non è facile comunicare le fatiche e le gioie, i dolori fisici e le emozioni. Ci proverò comunque sapendo già che lascerò dei vuoti che solo l’esperienza diretta può colmare…prendetelo come un invito!!!



Lunedì 19 Maggio 2014, ore 1:30am, Cattedrale di Lira: PARTENZA. 

217 persone, 149 donne e 68 uomini, 2 Mzungu; 380 km totali da percorrere, 18 giorni, 11 tappe; due persone con le scarpe da ginnastica,  il resto con le infradito, alcuni scalzi; 




carichi enormi sulle teste delle donne; notti, cieli costellati con miliardi di astri luminosi, strade buie, silenzio e poi canti, preghiere; ci si riposa a bordo strada col naso all’insù, i camion che nella notte ti sfrecciano a 2 metri di distanza; ci si rimette in cammino, poi finalmente l’alba…è sempre una rinascita; pausa per la colazione con chapati, uova sode, te caldo, g-nuts; dolore alle gambe, ai quadricipiti, ai polpacci, sotto i piedi per le mille vesciche; dolore ad alzarsi, dolore a sedersi, bruciore, quasi paralisi; ma si va avanti sostenendosi a vicenda “worri, worri” “vai, vai”. 

Ora si cammina  sotto il sole, caldo, gocce di sudore; un paio di giorni piove; tanti saluti di persone lungo la strada, “Mzungu, will you reach?”, manghi regalati, bibite, bottiglie d’acqua tirate dai camion che passano, più avanti anche ananas e addirittura angurie donate, qualcuno ti da 700 scellini, un altro mille, tutti ti chiedono di pregare per loro. 

Scarpe che si consumano, suole che si assottigliano. I colori: verde, rosso, azzurro, una lingua di asfalto spesso rovinato. 














Arrivo alla cappella, breve riposo poi bisogna andare a prendere l’acqua al pozzo per lavarsi i vestiti che domani bisognerà rimettersi, una tanica anche per la doccia…qui ci si lava così. Acqua, ancora acqua dal pozzo questa volta per bere ma non prima di averla disinfettata con un po’ di amuchina; poi la cena è pronta: posho e fagioli per 15 giorni, 1 giorno carne, 1 giorno verza, 1 giorno niente cena, non c’è nessuno che la prepara e allora si condivide ciò che si ha: kassava, biscotti, g-nuts pest portato da casa ma ancora buono.
Ore 7:30 pm buona notte…in 217 in una sala, per terra, vicini, ci si tiene caldo per poche ore poi ci si rimette in cammino. 

Domenica 1 Giugno 2014, ore 4:30pm, Santuario di Namugongo: ARRIVO.


Come mi può essere utile oggi l’esempio dei Martiri d’Uganda? Credo che il messaggio più vero per me è di cercare di non essere egoisti. Nella quotidianità credo che sia importante non pensare solo a sé stessi; magari senza arrivare a dare la vita per gli altri o per la fede (non credo proprio di essere pronto per questo) però almeno sforzarsi di fare scelte un po’ scomode, che non mettano sempre e solo me al centro ma che abbiano uno sguardo un po’ più allargato sul mondo e al mio vicino. Magari cercare di far morire quella parte più egoista di sé.


Una suora comboniana che mi ha ospitato a Namugongo, il giorno prima della celebrazione mi ha detto “vedrai domani quanta gente, se il re che ha ucciso quei 22 ragazzotti avesse saputo che quel gesto avrebbe in futuro prodotto tutto questo, dato forza e fede a tutti questi cristiani, forse avrebbe deciso di lasciarli in vita! Dal suo punto di vista avrebbero certamente prodotto meno danni! Se il suo obiettivo era spegnere la fede, ha ottenuto il risultato opposto. E’ proprio vero che se il seme non muore non da frutto, ma se muore genera nuova vita”. 

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