mercoledì 23 aprile 2014

Aber - anno III - ventisettesima settimana

La pedagogia degli oppressi

A volte è consolante leggere un libro e ritrovarci tanti tuoi pensieri e tante tue idee nate dall'esperienza. A me sta succedendo con “La pedagogia degli oppressi” di Paulo Freire e per questo voglio riportarvi alcune frasi che spero possano suscitare anche in voi delle riflessioni sul vostro vissuto quotidiano.

“Umanizzazione e disumanizzazione sono possibilità degli uomini come esseri inconclusi e coscienti della loro inconclusione. Ma anche se tutte e due costituiscono una possibilità, solo la prima ci sembra costituire la vocazione dell'uomo.”

“Il potere degli oppressori, quando cerca di rendersi gradito alla debolezza degli oppressi, si esprime quasi sempre come falsa generosità, senza arrivare mai a superarla. Gli oppressori, falsamente generosi, hanno bisogno che l'ingiustizia perduri, affinché la loro “generosità” continui ad avere le occasioni per realizzarsi”

“Forse tu fai delle elemosine. Ma da dove le prendi, se non dalle tue rapine crudeli dalla sofferenza, dalle lagrime, dai sospiri? Se il povero sapesse da dove viene il tuo obolo, lo rifiuterebbe perché avrebbe l'impressione di mordere la carne dei suoi fratelli e di succhiare il sangue del suo prossimo. Egli ti direbbe queste parole coraggiose: “Non saziare la mia sete con le lagrime dei miei fratelli. Non dare al povero il pane impastato con i singhiozzi dei miei compagni di miseria. Restituisci al tuo simile ciò che gli hai sottratto ingiustamente, e io ti sarò molto grato. Che vale consolare un povero, se ne crei altri cento?” (tratto da: Gregorio di Nissa, Sermone contro gli usurai)

“La pedagogia dell'oppresso deve essere forgiata con lui e non per lui”

“Tuttavia gli oppressi, accomodati e adattati, “immersi” nell'ingranaggio della struttura dominante, temono la libertà, perché non si sentono capaci di correre il rischio di assumerla. E la temono anche perché lottare per essa costituisce una minaccia, non solo per gli oppressori, che la usano come proprietari esclusivi, ma anche per i compagni oppressi, che si spaventano all'idea di maggiori repressioni”

“La liberazione è un parto. Un parto doloroso”

“Diventare solidali non è avere coscienza di essere sfruttatore e “razionalizzare” questa colpa in maniera paternalistica. La solidarietà, giacché esige da colui che diventa solidale che “assuma” la situazione di coloro che ha scoperto oppressi, è un atteggiamento radicale.”

“Per noi il nocciolo della questione non consiste nell'illuminare le masse ma nel dialogare con loro sui motivi e le modalità della loro azione...azione che è umana solo quando, più che un semplice fare, è un “che fare”, cioè quando non si stacca dalla riflessione”

“La pedagogia dell'oppresso, che in fondo è la pedagogia degli uomini che si impegnano nella propria liberazione, ha qui le sue radici. E i suoi soggetti devono essere gli oppressi che si sappiano oppressi o comincino a sapersi tali criticamente. Nessuna pedagogia realmente liberatrice può mantenersi distante dagli oppressi, cioè può fare di loro degli esseri sfortunati, oggetti di un trattamento umanitario, per tentare la creazione di modelli adatti alla loro promozione, servendosi di esempi tratti dall'esperienza degli oppressori”

“La pedagogia dell'oppresso...è animata da una generosità autentica, umanistica e non umanitaristica. Al contrario, la pedagogia che, partendo dagli interessi egoistici degli oppressori (egoismo camuffato con apparenze di generosità), fa degli oppressi gli oggetti del suo umanitarismo, mantiene e incarna l'oppressione”

“Un rivoluzionario si riconosce più per la fede nel popolo, che lo impegna, che per mille azioni realizzate senza questa fede”

“A un certo momento dell'esperienza esistenziale degli oppressi si verifica un'attrazione irresistibile verso l'oppressore. Verso il suo stile di vita...Ciò si verifica soprattutto negli oppressi della classe media, la cui aspirazione è divenire uguali all'uomo “illustre” della cosiddetta classe “superiore””

“L'autosvalutazione è un'altra caratteristica degli oppressi. Risulta dal fatto che introiettano la visione che l'oppressore ha di loro”

“Finché gli oppressi non prendono coscienza delle cause del loro stato di oppressione, accettano con fatalismo il loro sfruttamento. Peggio ancora, con molta probabilità assumono posizioni passive e alienate di fronte alla lotta per la conquista della libertà e per la loro propria affermazione nel mondo. In ciò consiste la “connivenza” dell'oppresso con il regime oppressore”

“E' imprescindibile che la convinzione degli oppressi di dover lottare per la propria liberazione sia non elargizione fatta loro dalla propaganda rivoluzionaria, ma risultato della loro coscientizzazione”


E a proposito di prendere coscienza della propria situazione di oppressi credo che sia doveroso anche per noi in Italia riflettere sulla condizione in cui ci troviamo a vivere. Non credo che gli oppressi siano solo i poveri ma, piuttosto, oppressi sono tutti coloro a cui è tolta la possibilità di pensare in modo libero e le modalità usate dall'oppressore sono diverse nel tempo e nello spazio.

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