mercoledì 13 marzo 2013

Aber - anno II - trentaquattresima settimana

Atim-Uganda
 
Questa settimana piccio-uganda diventa Atim-Uganda...un binomio che risale a molti anni fa, un binomio sempre nuovo. Atim è stata con noi un po' più di un mese dandoci la possibilità di aprire la porta ed accogliere...esperienza che, come sempre, ti regala molto più di quanto tu possa dare...grazie a te Atim! 
 
Parlare di questo viaggio in Uganda è particolarmente difficile. Sono nata in Uganda e ci ho vissuto quasi 5 anni della mia infanzia in due periodi diversi. Torno in Uganda dopo 10 anni. Trovo un’Uganda diversa e una Maria Grazia e un Marco che non conoscevo. O meglio li conoscevo eccome, ma ne scopro caratteristiche che non sapevo essere loro.
Partiamo dal soggetto più semplice: l’Uganda. Vedo la differenza. Vedo che è un paese in pace. Verso sera, quando inizia il crepuscolo, non si vedono più decine e decine di donne e bambini in fila indiana con le proprie stuoie sotto braccio e le poche masserizie sulla testa andare verso la missione più vicina, l’ospedale più vicino. Cercare un posto sicuro per passare la notte al riparo dai ribelli e dai soldati, per evitare che i bimbi vengano rapiti e trasformati in bambini soldato (in alcune missioni si sono contate 16.000 persone a notte: un esodo). Ora si trovano serenamente davanti a negozietti e bar a chiacchierare e prendere il fresco. La notte non fa più paura.
In città ci sono molte più attività, negozi, più mezzi per strada (macchine e moto)…..prima tutti a piedi al massimo in bici. In giro c’è anche più spazzatura..segno anche questo di benessere (purtroppo) e che non proprio tutto ora c’è la necessità di riciclare. Maria Grazia mi dice che il morbillo nei bimbi non è più un’emergenza. Nel 2003 al Lacor c’era un reparto intero dedicato ai morbilli dei bimbi che morivano come mosche, risultato dell’instabilità politica (che porta a malnutrizione, impossibilità di eseguire campagne vaccinali, affollamento nei campi profughi senza nessuna parvenza di norma igienica).
Le persone però, a sentire “i bianchi” che sono qua, ne sono ancora segnati nel profondo: diffidenti, egoisti, poco solidali l’uno con l’altro, si cerca di fare solo il proprio interesse, anche se questo vuol dire rubare sul posto di lavoro. Il taxista che mi ha portato in aeroporto ha sintetizzato bene variando il motto ugandese “for God and my country” in “for God and my stomach”….chissà quante generazioni dovranno passare ancora.
Maria Grazia. Mi ha stupita. Tanto. Con Grazia ho lavorato nei nostri anni di specialità a Parma (contesto molto diverso). Ha sempre preteso che il personale sanitario (infermieri, oss, medici) facesse bene il proprio lavoro, con serietà, efficienza, velocità, rapidità. Conoscendo già un po’ il mondo degli ospedali in Uganda ero curiosa di vederla all’opera. Non avrei mai pensato che avrebbe “fittato” così bene con il personale qui. Non trovo altro termine, perché non è un adattarsi. Avrei potuto perdere una scommessa se qualcuno mi avesse sfidato. Ha compreso quali sono i loro limiti. Dal personale non pretende cose che loro non sono in grado di dare. Cerca di fare quello che può con i mezzi (economici ed umani) che ha. Di fronte ad un’emergenza non va in escandescenza (come io farei) se non scattano tutti come soldatini; sa che con i loro tempi le cose verranno fatte (quasi sempre). Non si è buttata a cambiare le cose come un elefante in cristalleria ma cerca di migliorarle con piccoli passi ogni giorno.
Marco. Marco qui solo da un anno e mezzo sembra un missionario in Uganda da anni. Li conosce. Si è impastato con loro in un’amalgama unica. E’ entrato nel profondo della loro vita e dunque non si scompone per nessuno strano episodio (e qui ne capitano tanti). Lo cercano diecimila persone al giorno e lui non si spazientisce mai. Non è neanche un illuso. Sa che può “essere usato” in ogni momento, ma questo non gli impedisce di farsi coinvolgere in centomila progetti diversi.
Voglio ringraziare la famiglia intera per l’ospitalità. Si sono privati della loro privacy per 40 lunghi giorni per ospitarmi. Qua non è come da noi; siamo nella stagione secca, c’è caldo: porte e finestre delle stanze sono necessariamente sempre aperte. Ho vissuto dunque in simbiosi con loro e questo non mi è mai stato fatto pesare. Grazie di cuore!
Siete a metà della vostra esperienza, può esserci stanchezza, può iniziare lo scoramento…….tenete duro, state facendo un buon lavoro.
Atim

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