mercoledì 21 marzo 2012

Aber - trentunesima settimana

Kony 2012
Ebbene sì, anche noi non possiamo esimerci dal dire la nostra sul tormentone del momento. Come la maggior parte di voi saprà, da un po' di tempo gira su internet il video “Kony 2012” (http://www.youtube.com/watch?v=9Ve3_ziWAIM) girato e montato per “Invisible Children” da Jason Russell.
Pare essere stato il video più cliccato nella storia del web nella prima settimana dalla sua pubblicazione suscitando pareri favorevoli e contrari. Ne hanno discusso tutti, dai giornali ugandesi ai siti di tutto il mondo, dalle ONG a Radio Vaticana...come potevamo non farlo noi di “Piccio-Uganda”?
Naturalmente, come sempre cerchiamo di fare, proveremo a condividere la nostra idea partendo da ciò che l'Africa ci ha insegnato in questi sette mesi.
Come prima cosa, lasciatemi dire che gli unici, forse, che non sanno nulla di questo video sono...i bambini ugandesi. Bah! D'altra parte internet non sanno cosa sia, la televisione è una scatola che hanno in qualche bar e che, più che altro, trasmette qualche partita di calcio; i soldi per i giornali non ci sono.
Comunque, tornando al nostro semplice pensiero, non è nostra intenzione dare giudizi di merito o fare un'analisi dietrologica (anche se alla Mari sarebbe piaciuto tanto!) su ciò che questo filmato vuole essere o sui risultati che vuole raggiungere...però a chi ha masticato anche solo un pochino (come noi) l'Africa non possono non saltare agli occhi due macroscopiche mancanze:
1: non aver coinvolto minimamente la gente africana;
2: aver parlato di una persona sola (Kony appunto) quando in Africa una persona non è mai una persona ma è per lo meno una famiglia, se non un clan o addirittura una tribù.
Partendo dal primo punto, quello che abbiamo visto in questo breve periodo è che i cambiamenti veri, profondi, radicali non potranno mai essere portati da fuori ma devono avere come protagonisti gli ugandesi stessi. Crediamo che questo sia vero in tutti gli ambiti, da quello sanitario a quello educativo, da quello politico a quello socio-economico. Il filmato ha sempre come protagonisti gli americani o gli occidentali in genere. E' fastidioso sentire frasi come “Now we know what to do” o “We now finally fulfil”. Voi ugandesi...mettetevi da parte! Non è così, non può essere così, mai!
Quello che può venire in mente, vedendo questo filmato, è di fare un paragone tra l'utilizzo del web fatto durante la Primavera Araba e questo fatto da Russell. Beh, se nel primo caso le enormi potenzialità della rete hanno funzionato perché hanno fatto da cassa di risonanza a qualcosa che stava realmente accadendo e che aveva il popolo locale come protagonista, in questo secondo caso la rete rischia di essere inutile (almeno facendo finta di credere che il vero scopo del filmato fosse quello di far conoscere Kony per fermarlo) perché, prendendo in considerazione soluzioni estranee agli ugandesi, non c'è nessun reale suono da amplificare.
Punto numero due: Se dobbiamo dare una nota di merito è ciò che si dice nella prima parte del filmato quando si mostrano gli interventi fatti per riabilitare i bambini e le bambine soldato: questo è ciò di cui veramente c'è bisogno in questo paese: speranza, educazione, autonomia, libertà, diritti... Ma catturare un nemico brutto e cattivo non porterà ad ottenere nessuno di questi sacri obiettivi. Qui in Africa le cose non funzionano come nel resto del mondo. Qui uno non è mai uno solo: è sempre anche tutta la sua famiglia, il suo clan, la sua tribù. Quindi se si indica un nemico non si indica un singolo, ma un gruppo, una parte di popolazione e così si è già creata divisione.
Durante gli anni della guerra il governo centrale ugandese (quello stesso che ora gli USA vogliono aiutare nella cattura di Kony) accusava le popolazioni del nord di proteggere i ribelli e di alimentare le loro fila; dalla loro parte le popolazioni del nord, e gli osservatori internazionali hanno più volte sottolineato che l'impegno dell'esercito per ridurre le violenze e i rapimenti era piuttosto blando.
Per questo il modo di affrontare i problemi è diverso: da noi se uno non rispetta le regole viene eliminato dal gioco (almeno crediamo che sia così...), qui invece viene chiamato a ridiscutere le regole insieme a tutti gli altri, proprio perché eliminare uno significa eliminare tutta una “squadra” che potrebbe non avere meno ragione dell'altra.
La realtà ha sempre più punti di vista, e chi vuole la pace cerca sempre di guardarli tutti.
Quindi ciò che ci sentiamo di dire è che prima di esprimere un giudizio o suggerire una facile soluzione per i problemi di questo “benedetto, assurdo bel paese” bisogna, come dicevo prima, masticarlo ma, in realtà, non è sufficiente...bisogna mangiarlo, ingoiarlo e poi, se ci si riesce, digerirlo.
Come ultima cosa lasciateci dire grazie e lasciateci, per quanto ci è possibile, amplificare la voce di tre delle moltissime persone che, nel silenzio, hanno contribuito al processo di pace (che qui come altrove è appunto sempre un processo in divenire e mai una cosa raggiunta e data per assodata) cercando di parlare seriamente dei problemi del nord Uganda e, in particolare, del dramma dei bambini soldato, dei rapimenti e delle nefandezze compiute da Kony e dall'LRA:
Grazie Suor Rachele (libro: le ragazze di Aboke), grazie Emmanuel Maria Vura (per tanti padre Natalino) grazie Ivana (libro: I bambini primo bersaglio)
Vi suggeriamo anche di visitare il sito dell' “Acholi religious leaders peace initiative”


e di leggere questa intervista fatta dalla BBC all'Arcivescovo di Gulu John Baptist Odama in tempi non sospetti

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