Se verrete in Africa un giorno, non fate mai l'errore di pensare di avere
capito tutto (o quasi). Io l'ho fatto spesso ed ogni volta l'Africa mi ha
lasciata a bocca aperta.
Per esempio credevo di avere capito (e forse l'ho anche scritto) che i
bambini qui contano poco, soprattutto se molto piccoli, soprattutto i
neonati...in fondo sono una merce molto diffusa, a basso costo di produzione e
quindi di scarso valore...Sì, sono diventata un po' cinica...per
sopravvivere...
Oggi dopo la Messa in ospedale sono entrata in reparto quasi per caso
(...ma esiste il caso...?) e ho notato che il parroco stava facendo una
preghiera nella nostra procedure room. Mi sono avvicinata e mi sono resa
conto che in realtà stava battezzando un piccolo neonato in fin di vita
attaccato all'ossigeno.
Quanti neonati ho visto morire in un anno e mezzo? Non lo so. Ho smesso di
contarli, sempre per sopravvivere, ma questo mi ha riempito gli occhi di
lacrime. Questo è stato battezzato, ha avuto un nome, ha genitori che
nonostante la brutalità del mondo da cui provengono hanno voluto chiamarlo per
nome e ricordarlo per sempre come parte della famiglia anche se vivrà solo un
giorno.
Questa sera nella penombra della mia procedure room, sul lettino
sporco su cui faccio le toracentesi e le lombari, accompagnato dal suono
meccanico del concentratore di ossigeno, con la stessa brocca d'acqua che uso
per lavarmi le mani è avvenuto il miracolo della vita, dell'amore e della morte
tutti insieme in un unico momento. In questo cuore d'Africa crudele e brutale
si è rivelato il Dio pastore compassionevole che conosce ognuna delle sue
pecore per nome.
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