mercoledì 7 maggio 2014

Aber - anno III - ventinovesima settimana

Piccioni d'Uganda

Anche se l'episodio che voglio condividere questa settimana risale ad un paio di mesi fa, credo che valga la pena di essere raccontato per capire (forse) un po' di più di come ragiona la gente di qua ma soprattutto, modestia a parte, per celebrare la mia ascesa tra la schiera dei Santi!
Al momento della nostra partenza per la Tanzania, la moglie di Mustafà aspettava un bimbo che sarebbe dovuto nascere da lì a poco. Ed in effetti mentre navigavamo tra un isolotto e l'altro ci è arrivata la lieta notizia della venuta al mondo di un bel torello di quasi 4Kg. Naturalmente, al nostro ritorno ad Aber, una tra le prime cose che faccio è telefonare al neo-papà per congratularmi. Durante la telefonata mi dice qualcosa del tipo “vieni a trovarmi che il tuo omonimo ti aspetta”. Wow, che onore Mustafà aveva deciso di chiamare suo figlio Marco. Così, dopo averlo ringraziato, gli assicuro che il prima possibile sarei andato a trovarlo.
Il pomeriggio successivo mi avvio verso il compound di capanne in cui vive Mustafà e vengo accolto da Mustafà stesso e da una sua nipotina. Dopo essermi congratulato anche di persona mi viene spontaneo di chiedere “Beh, dov'è Marco?” vedo che fa una faccia un po' strana e mi risponde “Marco? Chi è Marco?” il mio primo pensiero è di aver fatto l'ennesima figuraccia – forse avevo capito male per telefono, non l'ha chiamato Marco – e mi scuso subito cercando di spiegare il malinteso. “No, non c'è nessun malinteso, lo voglio chiamare veramente come te mio figlio ma non Marco, gli voglio dare l'altro tuo nome anche se adesso non me lo ricordo bene” “no, no, no! Ferma tutto non vorrai mica chiamarlo Piccione?” “Sì, esattamente, non me lo ricordavo ma voglio chiamarlo proprio Piccione”. Allibito cerco di dissuaderlo in tutti i modi da questa malsana idea “ma no, chiamalo Marco ma non Piccione!”. Niente da fare ormai è deciso, il figlio di Mustafà si chiamerà Piccione. Incuriosito e un po' intimorito provo a chiedere qual è il secondo nome che gli vuole dare e mi risponde “Jafar! Jafar Piccione is beautifull!”
Sì, una meraviglia!
Ormai rassegnato anch'io dal fargli cambiare idea non c'è altro da fare che accettare questo nuovo ed ennesimo no sense!

Dovete sapere che da queste parti è abbastanza comune sentire nomi italiani perché sono passati diversi dottori e molti preti ma, per quanto ne so io, “l'onore” di dare il cognome di un'altra persona al proprio figlio veniva riservato solo ai Santi. Che dire caro Jafar Piccione, quando ti troverai a scuola con un Daniel Comboni o un John Bosco e ti chiederanno da dove viene il tuo nome, dì semplicemente che è il nome di un amico di papà e, dopotutto, ritieniti fortunato perché almeno qui la gente non sa cosa vuol dire Piccione!

1 commento:

  1. Ciao carissimi!!
    come mi mancate!!
    Che fa Franci con quel cerotto in testa?
    Comunque il loro modo di ragionare non cambia....neanche se il bimbo di colore nasce in Italia.....qualche mese fa una mia paziente si è presentata dall'impiegata del comune per dare nome alla sua nuova nata: Molinari! Si, voleva chiamarla Molinari di nome (meno male che qui la solerte impiegata dell'anagrafe glielo ha impedito!).
    Un abbraccio a tutti!

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