mercoledì 15 maggio 2013

Aber - anno II - quarantatreesima settimana

Kampala: Speranza o condanna

Settimana scorsa sono stato a Kampala per sbrigare alcune pratiche.
Ogni volta che mi capita di andare in capitale ho sempre sensazioni discordanti: per la maggior parte sgradevoli, alcune positive.
Kampala, come credo tutte le metropoli del sud del mondo è, per dirla con una parola sola, assurda. Avrei potuto dire contraddittoria ma sarebbe stato troppo poco, Kampala è assurda.
E’ assurda innanzitutto la contrapposizione tra ricchezza e povertà, ma è assurda anche la coesistenza di arretratezza e modernità, di scarsità di mezzi da una parte e di moderna tecnologia dall’altra.
Per assurdo (appunto) sembra più normale il villaggio soprattutto perché ad Aber, per esempio, c’è molta meno giustapposizione tra ricchezza e povertà.
A Kampala fa senso vedere un’infinità di bambini di strada dormire su degli scatoloni sul marciapiede che costeggia un lussuosissimo campo da golf; fa specie vedere una mercedes ultimo modello poter sfilare solo su 4 o 5 strade principali perché tutte le altre hanno buche talmente grandi che sono percorribili solo da Jeep o boda-boda (moto-taxi); è strano camminare sul bordo della strada e avere a sinistra la fogna a cielo aperto e a destra la villa superlussuosa del politico di turno; è rammaricante vedere la gente in giro con le jerrican perché solo pochi hanno il lusso di avere l’acqua in casa, tutti gli altri devono comprarla a caro prezzo dal boss della zona.
Le prime cose che costruivano i romani erano strade e fognature…qui non ci sono ancora (o sono un’eccezione) ma nello stesso tempo c’è un rivenditore LG che vende schermi al plasma da 21000$ (io ero entrato solo per comprare la cover di un cellulare…non pensate male!)
Tutto ciò e molto altro ancora, rendono Kampala veramente sgradevole alla vista.
Poi la mia mente vola in Italia e penso che anche in Piazza Duomo i senzatetto dormono davanti alla vetrina di Versace o che non è raro vedere un poveraccio al semaforo allungare la mano verso il finestrino rigorosamente chiuso di una mercedes. Anche da noi c’è gente che fa la fila alla mensa del povero e altri che invece aspettano il cameriere al tavolo sfogliando il menù di un costosissimo ristorante.
La differenza penso che stia nelle percentuali di popolazione “classificabili” come ricchissimi, ceto medio e poveri o poverissimi.
Giusto per dare un po’ di numeri a caso (non ho fatto alcuna ricerca ma è solo la conversione in numeri di una sensazione provata a pelle) potremmo dire che se in Italia le rispettive percentuali di persone rientranti nelle tre categorie soprariportate fossero 1%, 85% e 14%  in Uganda questi dati potrebbero essere 2%, 20% e 78%.
Ciò che è più deprimente e preoccupante per il futuro è proprio questo. Mentre da noi il ceto medio è comunque ancora la maggioranza, qui la stragrande maggioranza è poverissima e vederla accostata a quella percentuale di super ricchi è molto fastidioso.
Il positivo di Kampala è che comunque offre quantomeno la possibilità a tutti di vedere, di entrare in contatto con una realtà diversa da quella del villaggio che invece rende spesso ciechi e non stimola prospettive diverse da quelle attuali.
La speranza è naturalmente che la proporzione tra queste percentuali piano piano cambi…magari per una gestione oculata del potere e delle ricchezze, magari (e secondo me più probabilmente) per la voglia di riscatto che può nascere dal basso, stimolata dall’insofferenza nel convivere in una disparità vergognosa che priva dei diritti fondamentali la maggior parte della gente e mantiene uno stato di scandalosi privilegi per una classe dirigente spesso corrotta.

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